Intanto riproponiamo un testo che riassume i termini della tradizione per l'intera area friulana.
I falò della notte di San Giovanni
di CRISTINA BURCHERI
Nel Friuli di una volta la notte di San Giovanni (a cavallo tra il 23 e il 24 giugno) si illuminava di fuochi. Questa antica festa del solstizio d’estate ha come protagonista il midili (anche medili) o il kries (o kres): un falò che prolunga nella notte la luce del giorno più lungo dell’anno. A proposito di questo rituale l’Ostermann, sul finire dell’Ottocento, spiegava: «Nella Slavia italiana il kres si accende sulle alture e vi conviene quasi l’intero villaggio; mentre arde il kres, si suonano a stormo le campane e si sparano fucilate e mortaretti, e tutta la popolazione manda grida di allegria».
Con l’avvento del cristianesimo questo rito di passaggio di matrice pagana è stato dedicato a San Giovanni, mantenendo comunque intatta l’unicità di questa notte a cui sono legate pratiche particolari che riguardano, in gran parte, la sfera femminile come la confezione dei križaci e krancelni (croci e ghirlande) con fiori di campo, la divinazione del futuro con il bianco d’uovo o il piombo fuso, la raccolta della rugiada all’alba. Un’antica storia è stata sottratta da Ostermann all’oblio dei tempi sfogliando gli atti processuali dell’Inquisizione. Lo studioso scrive: «Nel 1605 Maria, moglie di Girolamo Boccalini da Pordenone, essendo ancora nubile e desiderando sapere chi le era destinato per marito, fece nella notte di San Giovanni alcuni sortilegi. Mentre stava per coricarsi avendo ancora il lume acceso, venne il diavolo sotto le sembianze di un orribile drago e montò sul letto; spaventata chiamò in aiuto due donne, che le dissero di fare il segno della croce: appena fatto ciò, l’orribile drago se ne fuggì».
Tra le ragazze in età da marito erano comuni diverse pratiche. Certune esponevano alla rugiada della notte di San Giovanni il proprio grembiule: la mattina seguente, affacciatesi alla finestra, restavano all’ascolto poiché il primo nome che sentivano sarebbe stato quello del futuro marito. Altre, in punto alla mezzanotte, scuotevano dalla finestra una tovaglia, sicure che così facendo avrebbero potuto intravedere l’ombra di colui che le avrebbe condotte all’altare.
E ancora: c’era chi metteva tre fagioli sotto il cuscino: uno con la buccia, uno sbucciato a metà, uno senza buccia. La mattina la giovane appena sveglia estraeva a caso un fagiolo: se era quello con la scorza avrebbe sposato un ricco, se quello sbucciato si sarebbe accasata con un povero, se l’altro ancora si sarebbe maritata con un uomo di mediocre fortuna. Una variante prevedeva l’uso di due soli fagioli: uno bianco e uno nero. Se al risveglio nel giorno di San Giovanni alla giovane capitava il fagiolo nero era segno che si sarebbe sposata entro l’anno; se in sorte le fosse toccato quello bianco, sarebbe rimasta zitella un anno ancora.
Con l’avvento del cristianesimo questo rito di passaggio di matrice pagana è stato dedicato a San Giovanni, mantenendo comunque intatta l’unicità di questa notte a cui sono legate pratiche particolari che riguardano, in gran parte, la sfera femminile come la confezione dei križaci e krancelni (croci e ghirlande) con fiori di campo, la divinazione del futuro con il bianco d’uovo o il piombo fuso, la raccolta della rugiada all’alba. Un’antica storia è stata sottratta da Ostermann all’oblio dei tempi sfogliando gli atti processuali dell’Inquisizione. Lo studioso scrive: «Nel 1605 Maria, moglie di Girolamo Boccalini da Pordenone, essendo ancora nubile e desiderando sapere chi le era destinato per marito, fece nella notte di San Giovanni alcuni sortilegi. Mentre stava per coricarsi avendo ancora il lume acceso, venne il diavolo sotto le sembianze di un orribile drago e montò sul letto; spaventata chiamò in aiuto due donne, che le dissero di fare il segno della croce: appena fatto ciò, l’orribile drago se ne fuggì».
Tra le ragazze in età da marito erano comuni diverse pratiche. Certune esponevano alla rugiada della notte di San Giovanni il proprio grembiule: la mattina seguente, affacciatesi alla finestra, restavano all’ascolto poiché il primo nome che sentivano sarebbe stato quello del futuro marito. Altre, in punto alla mezzanotte, scuotevano dalla finestra una tovaglia, sicure che così facendo avrebbero potuto intravedere l’ombra di colui che le avrebbe condotte all’altare.
E ancora: c’era chi metteva tre fagioli sotto il cuscino: uno con la buccia, uno sbucciato a metà, uno senza buccia. La mattina la giovane appena sveglia estraeva a caso un fagiolo: se era quello con la scorza avrebbe sposato un ricco, se quello sbucciato si sarebbe accasata con un povero, se l’altro ancora si sarebbe maritata con un uomo di mediocre fortuna. Una variante prevedeva l’uso di due soli fagioli: uno bianco e uno nero. Se al risveglio nel giorno di San Giovanni alla giovane capitava il fagiolo nero era segno che si sarebbe sposata entro l’anno; se in sorte le fosse toccato quello bianco, sarebbe rimasta zitella un anno ancora.
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