"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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lunedì 30 dicembre 2019

Il saluto ed il grazie del Comune di Trasaghis al dottor Goi

E a Trasaghis se ne va il medico Maurizio Goi

Il congedo a Peonis con un dono da parte della comunità Attesa per il sostituto: tre i professionisti in servizio


La comunità di Trasaghis saluta il suo medico Maurizio Goi che dopo aver servito sul territorio per 37 anni, va in pensione.
A partire da martedì 31 dicembre il dottor Goi andrà in pensione dopo aver fatto il medico di famiglia negli ultimi 37 anni nella varie località di Trasaghis, dove dal post terremoto l’amministrazione locale decise di mettere a disposizione del servizio cinque ambulatori, uno per ognuna delle località del paese, in modo tale da venire incontro alla popolazione ubicata in zone distanti fra loro.

Per lungo tempo, Goi ha gestito il paese con il collega Rumolino e quando quest’ultimo è andato in pensione, ha gestito quasi tutto il paese contando successivamente sulle dottoresse Candido e Toma che già seguono anche Osoppo e Bordano, e che ora seguiranno anche parte dei 1300 utenti che ha avuto Maurizio Goi.

«Grazie alla collaborazione – spiega il sindaco Stefania Pisu – del dottor Uderzo, che è operativo a Venzone, siamo riusciti ad assicurare il servizio a tutti gli utenti del dottor Goi, che ringraziamo per tutto quello che ha fatto per le nostre comunità. È chiaro che speriamo in futuro di avere a disposizione un medico in più – aggiunge il primo cittadino – ringraziamo gli operatori dell’Azienda sanitaria 3 Alto Friuli Medio Friuli collinare che nelle scorse settimane sono venuti sul territorio per facilitare le scelte delle famiglie rispetto al futuro medico».

Di fatto, anche Trasaghis, come molti altri Comuni, risente della carenza di medici di famiglia poiché in futuro, con il pensionamento di Goi, il paese sarà seguito da tre professionisti già impegnati nei vicini Osoppo e Venzone quando in passato due medici seguivano l’intera comunità.

Lo stesso Goi aveva richiesto all’Azienda sanitaria un nuovo medico ma al momento pare non sia stato possibile individuare una nuova figura per garantire una sostituzione.

Maurizio Goi è stato salutato ufficialmente dalla comunità nelle ultime settimane in occasione di un incontro che è stato organizzato a Peonis dove Ivo Del Negro dell’associazione “Chei di Peonis” lo ha ringraziato a nome di tutti e al medico è stato consegnato un dono quale segno tangibile di ringraziamento per il suo operato. 
Piero Cargnelutti
(Messaggero Veneto, 29 dicembre 2019) 

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Al dottor Goi un sincero ringraziamento per l'attività prestata con professionalità per tanti anni ed un cordiale augurio per la nuova esperienza anche da parte del Blog "Alesso e Dintorni".

domenica 1 dicembre 2019

Peonis, festa della Madonna della Salute col grazie al dott. Goi

L’omaggio al dottor Goi in pensione a fine anno

Trasaghis. Si è svolta domenica a Peonis la tradizionale festa della Madonna della Salute. Si tratta di una tradizione molto antica che grazie alla collaborazione dell’Associazione “Chei di Peonis”, del locale gruppo Ana e della parrocchia, con il sostegno del Comune di Trasaghis, è stata rilanciata negli ultimi anni.

Alle 10.30 è stata concelebrata la Santa messa da don Fausto Quai, don Dino Pezzetta e don Nello Marcuzzi ed è stata accompagnata dal gruppo corale di Alesso. Le avverse condizioni del tempo non hanno consentito la tradizionale processione con la statua della Madonna per le vie del paese. Alla festa ha partecipato anche una delegazione di amministratori del Comune austriaco di Griffen, guidata dal sindaco Josef Müller, gemellato da più quarant’anni anni con il Comune di Trasaghis.

A mezzogiorno è iniziata la degustazione delle famose castagne di Peonis con ribolla e altri prodotti tipici friulani. Nel pomeriggio alle 15 nel centro sociale, c’è stata l’esibizione del complesso di fisarmoniche “Chei da Friulfisa” diretti dal maestro Marco Tomiato. 
Durante il concerto è stato consegnato un attestato di benemerenza e donato un quadro al dottor Maurizio Goi che per quasi 37 anni ha prestato servizio nel Comune di Trasaghis come medico di famiglia, e che il 31 dicembre andrà in pensione. Lo hanno salutato con cordialità, simpatia e riconoscenza Ivo Del Negro per l’Associazione “Chei di Peonis” e il sindaco di Trasaghis Stefania Pisu, che ha preannunciato che anche il Comune di Trasaghis ufficialmente ringrazierà il dottor Goi. È poi intervenuto Maurizio Goi che con comprensibile emozione ha ringraziato tutta la comunità di Peonis per la bella e gradita iniziativa. —

P.C.
(Messaggero Veneto, 30 novembre 2019)

mercoledì 13 febbraio 2019

Alesso, mille euro per la scuola grazie al "Brulè fest" promosso da "Genitori attivi"

Il Gruppo Genitori ATTIVI è lieto di comunicare che è riuscito ad effettuare, con il ricavato del Brulè FEST, un versamento pari a 1000,00 € a favore della Scuola primaria di Alesso,



E' un  risultato che gli organizzatori definiscono eccezionale, ritenendo sia stato  possibile grazie alla collaborazione di tante persone, associazioni ed Enti quali  il Comune di Trasaghis per la concessione degli spazi comunali,  i Genitori che hanno offerto delle deliziose torte,  le Associazioni “Chei di Peonis”, Pro Loco Amici di Avasinis, Grop Trasagan, Alpini di Alesso, Val del Lago Femminile e Maschile ed il Bar Sara di Alesso per la loro partecipazione alla gara del Brulè,  la Pizzeria Bunker 3 di Trasaghis ed il Minimarket Il Camarin di Avasinis per l'offerta dei ricchissimi cesti per la premiazione,   la Tipografia Toniutti di Osoppo per le stampe e per il costante sostegno,  il Panificio Picco di Alesso per il rifornimento alimentare offerto,  Annalisa e Fabio del Supermercato di Alesso per la loro disponibilità e la generosa scontistica, la ditta  Colombino e Polano Srl di Ragogna per la generosa scontistica del rifornimento di vettovaglie,  l'Enoteca la Nicchia di Osoppo per la disponibilità ed il caffè,  Andrea Erjavec per la cioccolata calda, la Parrocchia di Alesso per il proiettore ed i tavoli,  lvo Del Negro per l'articolo sul Messaggero,  le bambine che hanno distribuito di braccialetti scooby doo,  tutti coloro che hanno dato un aiuto fisico nell'organizzazione e, alla fine, tutti i partecipanti alla Festa che con la loro offerta hanno sostenuto l'iniziativa.
Gli organizzatori concludono ribadendo che QUESTO EVENTO È STATO LA CHIARA DIMOSTRAZIONE CHE "L'UNIONE FA LA FORZA".


martedì 18 settembre 2018

Fine settimana con la festa del "PUINT DI BRAULINS". E' un nuovo modo di promuovere il territorio?

Una pubblicità capillare, cartacea e sul web, vi avrà informati che venerdì, sabato e domenica c'è la festa del ponte di Braulins.
Il programma è ricco e diversificato:

C'è da sottolineare che l'Associazione "Noi di Braulins" sta forse inaugurando un nuovo modo di promuovere il territorio, per esempio facendo conoscere quelle che sono state definite "Le cinque meraviglie di Braulins": oltre al ponte, la chiesa di San Michele dei Pagani, la parete di arrampicata, i vecchi lavatoi, la "buse di Pasche".  E' un segnale di identità di paese ma anche un "mettersi in gioco" per trovare nuove modalità di promozione.


Indice di vitalità quello manifestato a Braulins, uno spirito che ben si affianca al "modello Avasinis" ormai consolidato. Altre interessanti strade si stanno percorrendo a Trasaghis, col Grop,  a Peonis e, tra alti e bassi, ad Alesso.

Da Avasinis era stata suggerita, anni addietro, una unica "Pro Loco di valle". E' una idea ancora valida o è meglio incoraggiare le specificità locali? La discussione è aperta. 

giovedì 14 giugno 2018

Venerdì a Peonis l'omaggio a Ottavio Bottecchia

A 91 anni dalla morte del leggendario Ottavio Bottecchia, primo vincitore italiano del Tour de France nel 1924 e nel 1925, continuano gli omaggi alla sua memoria. Dopo il recentissimo passaggio del Giro d'Italia sulla strada a lui dedicata, nel tratto che da Cornino va a Peonis e quindi al bivio per Avasinis, il suo mito rivivrà venerdì 15, alle 18, nel corso dell’incontro organizzato a Peonis, di fronte al cippo dedicato al grande ciclista. Si tratta della tradizionale deposizione di un omaggio floreale con i saluti delle autorità promosso dal Comune. La manifestazione, organizzata dai sindaci di Trasaghis Augusto Picco e di Colle Umberto (paese natale di Bottecchia) Edoardo Scarpis e con la collaborazione dell’associazione Chei di Peonis, vedrà la partecipazione di tanti appassionati delle due ruote, della Federazione ciclistica provinciale e della comunità di Peonis che mantiene uno stretto legame con il campione.
All’appuntamento si ricorderà il 15 giugno del 1927, quando Bottecchia morì all’ospedale di Gemona, dove fu ricoverato a causa di una caduta dalla bicicletta capitatagli il 3 giugno precedente nella zona di Peonis, dove il campione era solito allenarsi.
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Sulla fine di Bottecchia, e sulle tante voci insorte ecco un articolo di Gianni Mura uscito  sul "Venerdì di Repubblica" il 22 giugno 2017:


Botescià: morte misteriosa di un ciclista leggendario

Il 3 giugno 1927 Ottavio Bottecchia si svegliò alle  5 del mattino, non della sera, e andò incontro al suo destino come il torero di García Lorca. Era di cattivo umore, disse la nipote Elena, perché la sera prima il fedele gregario e amico Alfonso Piccin (cui aveva regalato una casa) gli aveva detto che non l’avrebbe accompagnato in allenamento il giorno dopo. Doveva andare a trovare la morosa. Quel  3 giugno Bottecchia, cercando compagnia, passò da Cordenons a casa di Riccardo Zille, che stava compilando le buste-paga dei suoi operai. Bottecchia lo allettò con l’idea di un pranzo offerto a Gemona: niente da fare. Ci riprovò ad Arzene con Luigi Maniago, che stava imbiancando la facciata di casa, nemmeno lui poteva salire in bici. 

È solo, Bottecchia. Ed è sulla strada tra Cornino e Peonis che lo trovano due contadini. Pieno di sangue che esce da orecchie e naso, il grosso naso, ma respira, è ancora vivo. Lo depongono sul tavolone dell’osteria da Bepo, dove si lavora il maiale, chiamano il parroco per l’estrema unzione: e l’ostetrica-infermiera Minina. Su un carro lo portano all’ospedale di Gemona, 12 chilometri sotto il sole. 

Un contadino l’ha visto cadere, rialzarsi e camminare barcollando, la bici per mano, e poi buttarsi a terra in un prato. Fratture craniche e della clavicola destra, dicono all’ospedale. Bottecchia è in coma, alla moglie ripete la stessa parola (malore) che aveva detto sul carro, all’ostetrica. Questo avvalora la tesi dell’incidente. Muore il 15 giugno
. Suo fratello Giovanni era morto, investito da un’auto, il 22 maggio. L’auto, con autista, apparteneva a Franco Marinotti, pezzo grosso del Fascio, testimone di nozze di Mussolini, fondatore della Snia Viscosa. Ottavio era andato da lui a discutere sul risarcimento. Marinotti aveva offerto 100 mila lire, Bottecchia le aveva rifiutate, pare anche insultandolo. Cosa che un ex povero, anche se proprietario di una limousine che a Pordenone solo i conti Porcia potevano sfoggiare, non doveva permettersi. Di qui l’ipotesi,  sostenuta in due libri da Enrico Spitaleri: pestaggio punitivo da parte di una squadra fascista, al crocicchio di Cornino, e il resto, la caduta a Peonis, dipende dalle bastonate prese. La frattura della clavicola ci sta, è un classico nelle cadute dei ciclisti, quella della base cranica insospettisce. Non c’era tanto caldo, prima delle 10, per giustificare un’insolazione, né la strada militare consentiva alte velocità. Quindi, caduta rovinosa ma bici senza un graffio. 

Da allora, su questa morte, mille congetture. Ucciso  da un contadino cui stava rubando l’uva (in giugno?). No, le ciliege. No, i fichi. Ucciso da un marito geloso. Ucciso da uno spasimante della moglie. Nessuna di queste sta in piedi. Aggiungiamo la confessione in articulo mortis a New York di un killer sardo della mafia e la vendetta del racket delle scommesse per uno sgarro fatto ad Anversa. Ma, se ci fu violenza, perché Bottecchia non ne parlò a nessuno? Per i soldi, gli schei, il vero motivo per cui correva e faticava. «Non corro per la patria, che ho servito sul Piave, né per gli applausi, ma per gli schei. Voglio che la mia famiglia esca dalla miseria». L’assicurazione sulla vita (500 mila lire dell’epoca, un tesoro) era valida per un incidente sul lavoro, non per una rissa. Bocca chiusa, quindi. Lui fino alla morte e Caterina, la moglie, negli anni a venire. 

Ottavo di otto figli, padre ortolano e carrettiere, Bottecchia in guerra aveva respirato gas tossici e contratto la malaria. Fatto prigioniero tre volte dagli austriaci, tre volte era riuscito a scappare. Medaglia di bronzo al valore. Non c’erano gerarchi fascisti ai suoi funerali e, cosa molto strana, non c’erano Girardengo, Binda, Aimo, Belloni, i più forti ciclisti italiani, mentre da Parigi erano arrivati i fratelli Pélissier, altri dal Belgio a rendergli omaggio. Per i nostri, forse, era un morto scomodo. 

Sono grato a Claudio Gregori perché Il corno di Orlando, che si legge come un romanzo, mi consente di ricordare una delle figure più controverse e misteriose del nostro ciclismo. Claudio, compagno di tante strade dietro alle bici, è un prodigioso incrocio tra un rabdomante e un topo d’archivio. Il topo, d’ispirata scrittura, fa rivivere i due Tour vinti da Bottecchia, primo italiano a  indossare la maglia gialla. Che non esisteva nell’unico giorno in cui Borgarello e Micheletto si ritrovarono, prima di lui, in testa alla classifica. Li fa rivivere tappa per tappa, ordine d’arrivo per ordine d’arrivo. Il ciclofilo gode. E il rabdomante sa che ogni storia ne contiene altre, come una scatola cinese. I due Tour persi, Hemingway, Rommel,  Vittorio Pozzo che va a tifare sulle salite, l’ingegner Gadda, Edoardo Agnelli, Italo Balbo, Ungaretti, Malaparte, Carnera, Giolitti, Meazza, Matteotti. Ma non voglio togliere al lettore il piacere di incontrarli lungo le 500 e più pagine di un libro che è il più affascinante e completo di tutti quelli scritti su Bottecchia. E giustifica totalmente il titolo, che rimanda alla chanson de geste. È sui Pirenei, come Orlando, che Bottecchia conquista la gloria e patisce il tradimento. Ma, soprattutto, è il ciclismo, “quel” ciclismo che evoca la chanson de geste. Nell’epica quotidiana e nel linguaggio dei giornali. Una chicca il titolo della Gazzetta: «Per la guerra hip hip hurrà!». 

Henri Desgrange, corridore in gioventù con relativo record dell’ora, dirige il Tour come fosse un avamposto della Legione Straniera. I ciclisti lo chiamano “la Scimmia”. La fatica è disumana. Tappe di 480 chilometri, partenza alle 2 di notte. Vietato ricevere assistenza meccanica, vietato parlare con l’ammiraglia, chi ce l’ha, perché la maggioranza è composta dagli isolati, come il pavese Rossignoli, primo Tour nel 1904 e ultimo nel 1927 (a 45 anni). Vietato togliere o aggiungere indumenti rispetto a quando si è partiti: per un controllo della giuria, a questo proposito, a Coutances nel ‘24 si ritireranno i Pélissier. Se alle 2 di notte pioveva e faceva freddo, il maglione e l’incerata bisognava tenerli anche sotto il sole. Un corridore fu penalizzato perché, squarciata una gomma, aveva cercato di aggiustarla con ago e filo. Ma con le mani sporche e gelate non riusciva a infilare il filo nella cruna. Lo fece per lui la pietosa merciaia del paese. Guai. Un altro, Ruffoni, fu multato perché aveva accettato una pesca da un tifoso.

Si correva su mulattiere, ogni foratura richiedeva tre minuti, si forava 6/7 volte al giorno, ora per sassi aguzzi ora per chiodi e cocci di vetro seminati da tifosi avversari. Oggi viviamo il ciclismo giocato sui secondi di distacco, allora sui quarti d’ora come minimo. Si affrontavano montagne sconosciute, su bici pesanti che consentivano una media di 12/15 chilometri l’ora. Si ingoiava polvere, letteralmente. Si beveva nelle fontane, ma anche l’acqua sporca dei fossi e, nella traversata delle Lande, il latte di una mucca munta nel prato.

Il primo Tour “Botescià”  lo iniziò in giallo, poi l’Automoto lo sacrificò alla necessità di far vincere un francese, Henri Pélissier. Bottecchia terminò secondo, primo italiano sul podio. Dominò nel ‘24, maglia gialla dal primo all’ultimo giorno, e vinse ancora nel ‘25. Nel ‘26 era meno forte, colpito dalla sfortuna e pugnalato dai suoi stessi compagni di squadra, che attaccavano non appena lo vedevano in difficoltà. Vinse Lucien Buysse, Bottecchia si ritirò sui Pirenei sotto un diluvio, senza udire il corno di Orlando ma solo lo strazio del suo corpo cui troppo aveva chiesto. Da perfetto sconosciuto a campione pieno di schei in pochi anni, ma senza il tempo di goderseli. Un mistero da vivo e da morto.

(Il Venerdì Repubblica, 23 giugno 2017)


sabato 18 novembre 2017

Domenica a Peonis la festa della Madonna della Salute

Gli amici di Perugia tornano domenica a Peonis per la tradizionale festa di novembre

Torna domenica 19, a  Peonis,  la tradizionale ricorrenza della Madonna della Salute, festa dalle origini molto antiche  che, storicamente, ha rappresentato il periodo del ritorno degli emigranti stagionali e che negli ultimi anni ha ripreso vigore grazie all'impegno dei volontari dell'associazione "Chei di Peonis". Alle 10.30,   sarà celebrata dal parroco don Fausto Quai e da don Nello Marcuzzi, nella chiesa parrocchiale, la messa, accompagnata  dalla Corale di Alesso. Una preghiera particolare sarà rivolta, durante la messa, alla memoria di Mons. Giacomo Rossi, recentemente scomparso (nel 1976 era presidente della Caritas Diocesana di Perugia e si attivò per anni nel gemellaggio avviato tra la diocesi perugina e la comunità di Peonis). Al ricordo di mons. Rossi si uniranno numerosi ospiti provenienti dalla Diocesi di Perugia che anche in questa occasione intenderanno rinnovare il significato del gemellaggio stabilito all'epoca del terremoto. Seguirà  la tradizionale processione della Madonna (un’effigie caratteristica per il ricco abito indossato) per le vie di Peonis.
Alle 15, nel Centro Servizi, avrà luogo un concerto di fisarmonica con  l'esibizione del complesso"Chei da Friulfisa" diretto dal maestro Marco Toniatto.
La festa proseguirà  alle 18 con l’estrazione dei premi gastronomici e, alle 20, con i numeri della tombola. 
La festa della Madonna della Salute viene proposta dalla Parrocchia di Peonis con l'associazione "Chei di Peonis" ed il patrocinio del Comune di Trasaghis.

lunedì 2 ottobre 2017

Tradizionale incontro di amicizia in Cjanêt, sopra Peonis

Sabato scorso si è rinnovato il tradizionale incontro di amicizia tra le comunità di Peonis e del Comune di Trasaghis e quelle di Cornino e del Comune di Forgaria, a rinnovare un secolare rapporto di interscambio basato sull'uso razionale del territorio. La manifestazione viene tenuta alternativamente lungo la "fascia confinaria", un anno nel territorio di Trasaghis e uno in quello di Forgaria. Il 2017 "è toccato" a Cjanêt. dove i numerosi convenuti hanno preso parte alla Santa Messa celebrata da don Fausto e ascoltato gli interventi dei sindaci di Trasaghis Augusto Picco e di Forgaria Pierluigi Molinaro. Al termine, un momento conviviale assicurato dall'Associazione "Chei di Peonis" e dal locale Gruppo Alpino.




(Foto di Luigino Ingrassi)

venerdì 8 settembre 2017

Peonis, domenica salita all'ancona dei Clapàz

Domenica 10 settembre si rinnova l'appuntamento con la celebrazione della Messa all'ancona dei Clapàz, sopra Peonis, un manufatto che la popolazione di Peonis ha costruito nel 1829 per devozione alla Madonna del Rosario, lungo un sentiero che la gente percorreva per recarsi al lavoro nelle montagne di  Ledrania e Pecol dai Zocs.

Programma:
Ore 10.45 - Ritrovo all’inizio della mulattiera che
si trova all’incrocio tra Via Chiesa e Via Bottecchia
a Peonis.
Ore 11.15 - Santa Messa celebrata dal parroco don Fausto Quai.
Ore 12.00  - Saluto del Sindaco di Trasaghis, Augusto Picco.

La manifestazione viene promossa dal Comune di Trasaghis con la collaborazione della associazione "Chei di Peonis" e del locale Gruppo ANA, che propone la festa annuale.

In caso di maltempo la S. Messa sarà celebrata nella chiesa parrocchiale di Peonis.


giovedì 17 novembre 2016

Domenica a Peonis il "terrae motus" di don Dino

Domenica 21 novembre, alle 15, nel Centro Sociale di Peonis, verrà presentato il libro "Terrae motus 1976-2016" di don Dino Pezzetta, ben conosciuto in zona per essere stato parroco di Trasaghis, Braulins e Peonis dal 1985 al 1990.
Interverranno, oltre a don Dino,  il sindaco Augusto Picco, il docente Alberto Vidon e Ivo Del Negro per l'associazione "Chei di Peonis".
Teologo, per dodici anni rettore dell’abbazia di Rosazzo, dal 2009 al 2015 collaboratore e successivamente parroco a Montenars, don Dino Pezzetta  ha vissuto con la gente, vicino soprattutto ai più indifesi, la catastrofe e l’emergenza del terremoto, stimolando la partecipazione attiva della popolazione alle scelte per la ricostruzione.
Terrae Motus 1976-2016: è un diario che a partire dalle memorie di «quella notte» ritorna tra i ricordi delle giornate immediatamente successive al sisma, degli aiuti ricevuti, delle priorità e delle fatiche della ricostruzione, per volgersi ad altri metaforici cantieri – le esperienze liturgiche e pastorali in alcune parrocchie della Diocesi di Udine e presso l’Abbazia di Rosazzo – e ad altri metaforici terremoti: dal crollo del Muro di Berlino al futuro della Chiesa e delle comunità locali «in un mondo che cambia».
Il libro si apre con queste parole: «L’estate scorsa l’ho trascorsa in buona parte a letto. In quelle lunghe, interminabili notti, tra i molti pensieri e turbamenti, comparivano tanti ricordi. I più ricorrenti venivano da quel terremoto che una quarantina d’anni fa ho vissuto, nella prima notte, sulla strada, a dieci metri da casa mia, nel mio paese di Osoppo, e poi con la mia gente lungo i mesi ed anni delle tende, delle baracche, della ricostruzione. Qui sono nato il 5 maggio del 1938 (…). La notte del terremoto avevo dunque 38 anni, nel 2016 ne compio 78. Considerando il 6 maggio 1976 come uno spartiacque, ho vissuto dunque la maggior parte della mia vita dopo questa fatidica data».
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Il libro viene presentato nell'ambito della tradizionale "Festa della Madonna della Salute" che prevede in mattinata la messa con la caratteristica processione e, da mezzogiorno, incontri conviviali all'insegna della ribolla e delle tipiche castagne di Peonis.
                                               
     

domenica 11 settembre 2016

Peonis, messa ai Clapaz nel segno della solidarietà

A Peonis, si è svolta  la tradizionale messa all'ancona dei Clapaz, che è stata celebrata dal parroco don Fausto Quai. Come vuole la tradizione, su quell’ancona, costruita nel 1829, ogni anno viene celebrata una santa messa a ricordo delle stagioni della fienagione e del duro lavoro femminile. La manifestazione è stata organizzata, oltre che dalla Parrocchia,   dal Comune di Trasaghis, dall’associazione Chei di Peonis e dal locale gruppo Ana.
La cerimonia di quest'anno è stata all'insegna del concetto di solidarietà, vuoi per la consegna di un attestato a Luigi Tollon, un alpino che rimase ferito il 14 settembre 1976 cadendo dal tetto della scuola materna, dove prestava aiuto per i terremotati, vuoi per l'avviata raccolta di fondi che saranno destinati alle popolazioni terremotate del Centro Italia.
Il carattere dell'incontro è stato sottolineato negli interventi del sindaco di Trasaghis Picco e del capogruppo alpino Del Negro. Erano presenti i vicesindaci di Bordano Bellina e di Forgaria Ingrassi, i rappresentanti dei gruppi alpini del Gemonese ed anche una delegazione di alpini e di marinai provenienti da Palazzolo dello Stella, località di origine di Tollon.
La manifestazione si è chiusa con un "rancio" preparato dai volontari di Peonis.


venerdì 9 settembre 2016

Peonis. Domenica festa ai Clapaz con un'ospite d'onore, "l'alpino del '76"

Domenica ai Clapaz la messa ed il "grazie" all'alpino del 1976

 Quest’anno la tradizionale celebrazione all’ancona votiva del Clapaz, in programma domenica lungo il sentiero che da Peonis porta in Ledrania, sarà dedicata a un ospite speciale: Luigi Tollon che, impegnato nel 1976 con i cantieri alpini in aiuto ai terremotati, il 15 settembre, con le nuove scosse, cadde dal tetto della scuola materna di Peonis e rimase gravemente  ferito.  
Saranno tanti quelli che, anche per questo motivo,  vorranno raggiungere  raggiungere domenica l’ancona votiva dei Clapaz (piccola cappella dedicata alla Madonna del Rosario costruita nel 1829) dove da anni  viene celebrata una messa a ricordo delle stagioni della fienagione e del duro lavoro femminile: dopo la messa delle 11.15, celebrata da don Fausto Quai, il sindaco Augusto Picco consegnerà a Tollon un attestato di riconoscimento  da parte del Gruppo Alpini e di tutta la comunità; a seguire, un rinfresco organizzato dall’associazione "Chei di Peonis".


sabato 30 gennaio 2016

Ecco come è nato "Trasaghis vicino Peonis"

Ha finalmente un nome la "tata" friulana che, vivendo in casa del regista Ettore Scola, gli ha ispirato la celebre battuta "Trasaghis vicino Peonis" poi inserita nel film "C'eravamo tanto amati".
A renderlo noto è Ivo Del Negro in un ampio articolo pubblicato dal MV:

Friuli: la storia di Maria, friulana di Peonis a servizio da Scola


di Ivo Del Negro.

Messaggero Veneto, 29 gennaio 2015

Ettore Scola, l’ultimo grande regista della gloriosa commedia all’italiana scomparso a 84 anni, ha sempre avuto con il Friuli un legame “particolare”, tant’è che nel suo celebre “C’eravamo tanto amati” spuntano Trasaghis e Peonis. Mi ha sempre incuriosito cercare di capire come mai Scola abbia deciso di scegliere proprio queste due località, per lui sperdute. Per anni questo “tarlo” ha continuato a ricomparire ciclicamente, ma soltanto all’inizio degli anni Novanta ho capito com’era andata veramente, grazie soprattutto alle indicazioni di Livio Jacob – Presidente della Cineteca del Friuli di Gemona – ho questa. In un mio viaggio romano vidi alcuni manifesti che preannunciavano un’assemblea di cineasti al cinema Capranica e, tra questi, era presente pure il regista. Attesi che l’assemblea si concludesse per avvicinare Ettore Scola e poter finalmente chiedere a lui la ragione che lo aveva spinto a scegliere Trasaghis e Peonis come località di provenienza dell’aspirante attrice Luciana Zanon, interpretata nel film da Stefania Sandrelli. Anche perché già nel film del 1965 di Antonio Pietrangeli Io la conoscevo bene, di cui Ettore Scola era il co-sceneggiatore, aveva inserito una battuta su Trasaghis. Nel colloquio che ne seguì Scola mi spiegò che durante la sua infanzia nella sua famiglia prestava servizio una giovane ragazza proveniente da Peonis e ogni mese, la domenica, doveva prenotare una telefonata per la domenica successiva per poter così parlare con i propri genitori. Negli anni Trenta nel Comune di Trasaghis era presente un solo telefono pubblico; pertanto tutti coloro che volevano parlare con persone residenti negli altri paesi dovevano obbligatoriamente passare per questa cabina. Era il postino di allora, Albino Di Santolo “Santolin-Fari”, che svolgeva tale mansione e che avvertiva gli interessati per l’appuntamento telefonico. Nel 2011, quando è stato pubblicato il libro Peonis, grazie alla collaborazione con la Cineteca di Gemona, ho inserito a pagina 243 il dialogo tra il portantino Antonio (Nino Manfredi) e Luciana Zanon (Stefania Sandrelli). Purtroppo in quell’occasione romana Ettore Scola non ricordava il nome di quella ragazza che sarà poi ispirazione di quelle battute. Pochi mesi dopo la pubblicazione di questo libro, grazie a un colloquio con il figlio Edi ho scoperto che questa ragazza era sua madre, Maria Di Santolo, nata a Peonis nel 1923, che ha sempre abitato a pochi metri da casa mia. Per un ironico scherzo del destino ho sempre avuto la risposta a questa mia curiosità proprio davanti a casa senza saperlo. A differenza di Ettore che non ricordava il nome della ragazza, Maria invece parlava spesso alle nipoti del periodo trascorso a Roma, raccontando che il periodo più bello era quando la famiglia Scola si trasferiva nella tenuta di Trevico, in provincia di Avellino, da dove era originaria la famiglia del regista. I nonni di Ettore erano soliti chiamare Maria simpaticamente tedesca e volevano addirittura adottarla. Maria ha sempre ricordato di aver vissuto un felice periodo in quella famiglia, tanto che nel 1940 quando il padre le scrisse informandola che a breve sarebbe nato un fratellino e invitandola quindi a rientrare a Peonis, lei strappò la lettera. Poi le vicende della guerra la costrinsero a rientrare comunque in famiglia nel 1941. Maria si sposò poi con Ezio Di Santolo nel 1947. Due furono i figli della coppia, Norina e Edi. Negli ultimi anni Maria, che ora ha quasi 93 anni, si è trasferita a Pagnacco presso il figlio. Nel 2003 la nipote Sara, con alcune foto della nonna, si recò a Roma nello studio cinematografico di Scola e parlò a lungo con lui; in seguito a quel colloquio Ettore e suo fratello Pietro, di qualche anno più anziano, telefonarono a Maria per salutarla. Nel maggio del 2012, Livio Jacob Presidente della Cineteca di Gemona, mi avvertì che l’Università di Udine aveva in programma il conferimento della laurea Honoris Causa ad Ettore Scola. La sera nella quale avrebbe dovuto ricevere il riconoscimento era stata programmata la proiezione del film C’eravamo tanto amati a Gemona con la presenza del regista e, a sua insaputa, avrebbe incontrato Maria. Purtroppo questo non avvenne perché la laurea non gli fu mai conferita.Parlare di Maria significa anche ricordare le migliaia di ragazze friulane che dalla fine degli anni Venti fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale hanno prestato servizio nelle famiglie benestanti delle grandi città. Partivano all’età di tredici-quattordici anni e tornavano alle proprie case in Friuli verso i diciotto-diciannove anni. È probabile che fossero i sacerdoti a segnalare i nomi delle ragazze tramite le parrocchie. Mentre per la gran parte di loro il servizio ha rappresentato un’esperienza che le ha migliorate, alcune sono tornate a casa con figli mentre altre ancora hanno deciso di rimanere in servizio per decenni fino alla loro vecchiaia. Lunedì 1 e martedì 2 febbraio, al Cinema Sociale di Gemona del Friuli, è in programma la proiezione dell’ultimo docufilm del regista Ettore Scola, Che strano chiamarsi Federico (2013).

mercoledì 10 settembre 2014

Un appuntamento che ormai è tradizione: i Clapàz di Peonis

Si è rinnovato anche  quest’anno , domenica  7  settembre, a Peonis, l'appuntamento con la salita all'ancona dai Clapàz, il manufatto religioso che la gente di Peonis ha costruito nel 1829 dedicandolo alla Madonna del Rosario e rimesso a nuovo alcuni anni fa col lavoro degli alpini e dei volontari del luogo.  Dopo il ritrovo alle 10.45 all’incrocio tra via Chiesa e via Bottecchia,  percorsa la mulattiera che conduce davanti all’edicola religiosa, alle 11.15 il parroco don Fausto Quai  vi ha celebrato la Santa Messa. Successivamente  ha preso la parola per un saluto il sindaco di Trasaghis  Augusto Picco, davanti alla popolazione, ai membri dell’Associazione “Chei di Peonis” e alle rappresentanze dei gruppi alpini della zona, per sottolineare la significatività della cerimonia, il rapporto tra la gente ed il territorio e l’importanza dell’associazionismo e del volontariato. Anche il Comune di Forgaria, col vicesindaco Luigino Ingrassi, ha voluto sottolineare la secolare amicizia tra le due comunità contermini.


(foto dalla pagina fb di Luigino Ingrassi)