"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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giovedì 25 settembre 2014

Venerdì ad Alesso, omaggio ai 90 anni di "Galini" e "Pieri carulina"

La Sezione "Val del Lago" dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, in collaborazione con il Comitato Provinciale di Udine organizza venerdì 26 Settembre 2014, alle 19.30, nella sala dell'ex asilo di Alesso, un incontro denominato "90 anni d'impegno". Verrà reso infatti omaggio a "Richelmo" e "Guerra", due novantenni che hanno partecipato alla Lotta di Liberazione. Si tratta di Manlio Picco "Galini" (che è anche presidente della Sezione Anpi "Val del Lago") e di Pietro Stefanutti "Carulina", entrambi nati nel 1924.
Sono previsti interventi di Ivo Del Negro dell'A.N.P.I. "Val del Lago", del Sindaco di Trasaghis Augusto Picco, dello storico locale Pieri Stefanutti,  di Elvio Ruffino, Presidente del Comitato Regionale ANPI FVG e di Guglielmo Biasutti per l'Associazione Partigiani Osoppo.
Manlio e Pietro, ventenni, aderirono alla Resistenza nelle fila del Battaglione osovano "Friuli", partecipando a numerose azioni. Dopo l'offensiva nazifascista dell'ottobre 1944 rimasero per parecchi mesi nella zona occupata dai cosacchi partecipando infine agli eventi della Liberazione. Dopo la guerra svolsero una intensa e apprezzata attività lavorativa (nel caso di Manlio Picco caratterizzata da una lunga esperienza di emigrazione in Australia).
L'omaggio ai due combattenti per la libertà rientra nelle iniziative programmate per ricordare, da qui all'aprile 2015, il 70° anniversario della Liberazione.



lunedì 2 maggio 2011

La commemorazione dell'eccidio di Avasinis

Si è svolta questa mattina la commemorazione dell'eccidio del 2 maggio 1945 ad Avasinis. L'orazione ufficiale è stata tenuta dal sindaco di Udine Furio Honsell. Il sito "Il giornale del Friuli.net" riporta un  pregevole servizio fotografico sulla manifestazione. Il testo, invece, l'abbiamo già letto più volte ....


Ricordo delle vittime di Avasinis – 2 maggio 1945

friulani festeggiavano già la Liberazione, con un drammatico “colpo di coda”, elementi nazifascisti penetrarono in paese e compirono una strage indiscriminata, di cui fecero le spese 51 persone, tra le quali numerose le donne, i vecchi e i bambini. 

Il fatto veniva alla fine della lunga occupazione cosacca, cominciata nell’ottobre del ’44 quando, per debellare il movimento partigiano che in zona aveva avuto una particolare diffusione, migliaia di cosacchi del Don erano stati mandati a presidiare i paesi, in qualche caso anche costringendo la popolazione civile ad un duro e totale sfollamento.
Nella primavera del ’45, dopo sette mesi, quando le sorti della guerra stavano volgendo a favore degli alleati, si assistette all’avanzata delle forze angloamericane e, contemporaneamente, al riorganizzarsi delle formazioni partigiane e all’inizio della ritirata di tedeschi e cosacchi.
La ritirata dei cosacchi nella zona fu soprattutto la conseguenza di un massiccio bombardamento alleato sul paese di Alesso (26 aprile) che provocò diverse decine di vittime tra gli occupanti e la partenza della maggior parte dei cosacchi in lunghe carovane dirette in Austria. Nei giorni successivi i cosacchi rimasti nei paesi vennero fatti prigionieri dalle formazioni partigiane (era rimasto ad operare in zona soprattutto il Btg. Friuli delle formazioni Osoppo) e concentrati ad Avasinis.
Nella mattinata del 1° maggio transitò nella zona una imponente colonna nazista, integrata da formazioni cosacche, proveniente dallo Spilimberghese. Nel corso del tragitto i nazisti uccisero alcuni partigiani: Gino Bianchi “Ero”, ad Avasinis (fatto segno in lontananza da colpi d’arma da fuoco), Provino Tomat “Fiume” ad Alesso (freddato, assieme a una ragazza che si trovava a passare nelle vicinanze, probabilmente in reazione all’uccisione di un graduato tedesco) e Oddone Stroili “Tobruk” a Cavazzo (che, individuato da un delatore, venne catturato, obbligato a portare sulle spalle un carico di munizioni e quindi ucciso). Fecero anche prigionieri
diversi civili, mettendoli alla testa della colonna, per scongiurare attacchi e ritorsioni e conducendoli sino a Tolmezzo.
Durante il pomeriggio di quella giornata un’altra squadra, probabilmente appartenente al Btg. Karstjäger delle Waffen SS, arrivò a Trasaghis, forse per individuare una più sicura via di ritirata o, più probabilmente, per eliminare la minaccia partigiana e garantirsi un ripiegamento senza ostacoli. 
La formazione attivò sin da subito delle postazioni con mortai su un colle davanti al paese di Avasinis, effettuando anche delle perlustrazioni fin nelle vicinanze del paese e preparando un’azione di accerchiamento delle postazioni partigiane (elementi tutti che portano a pensare ad una lucida preparazione dell’attacco). Nella prima mattinata del giorno successivo, i nazifascisti, divisi in diverse squadre, diedero l’assalto ad Avasinis.
Invano, per un breve periodo, le formazioni partigiane presenti in loco tentarono di contrastarla: dovettero ritirarsi dopo aver perso un partigiano, colpito mortalmente da schegge di mortaio e a seguito dell’azione di accerchiamento compiuta dagli attaccanti.
La squadra nazista (una formazione composta, oltre che da tedeschi, da altoatesini, istriani e probabilmente anche friulani) penetrò in paese e diede attuazione ad una strage indiscriminata. 

La cronaca di quei terribili momenti traspare dalle parole del Parroco di Avasinis, don Francesco Zossi, testimone diretto della strage ed egli stesso gravemente ferito dai colpi sparatigli contro dalle SS: «Scene di orrore e di morte avvengono ovunque. Si sentono urla, grida spasimanti, voci strazianti invocanti pietà. Là due giovani ragazze uccise dopo essersi da esse fatto servire il pranzo e dopo sevizie, vecchi freddati nella sedia accanto al focolare, mamme assassinate coi bambini in braccio, uomini fatti uscire di casa, derubati del portafoglio e poi freddati, persone raccolte in una casa o costrette in qualche andito falciate col mitra, pacifici vecchi che, non sapendo dare ragione di quanto avveniva, erano sulla via colpiti a morte, là una donna colpita e non ancora morta cui hanno tagliato il dito per prenderle l’anello, una quantità di persone sequestrate e chiuse quali ostaggio in due case di via Piloni, i vivi rintanati nelle cantine, nei fienili, tra le travi delle soffitte fino nei camini, i meno rimasti in casa a placare l’ira con l’offerta di ogni cosa pur di avere salva la vita
Dopo il ritiro della squadra autrice del massacro, avvenuto nella mattinata del 3 maggio, le formazioni partigiane attuarono delle perlustrazioni e stabilirono dei posti di blocco nei quali incapparono una trentina di nazifascisti. Questi, ritenuti (pur su base indiziaria) responsabili della strage, furono condotti ad Avasinis ed uccisi dalla popolazione sulla piazza del paese o dai partigiani lungo i greti del Leale e del Melò. 
Nel clima concitato di quei momenti, di fronte al dolore ed alla rabbia conseguente all’eccidio di Avasinis, con la gente in preda a “un animo terribilmente scosso, che non vedeva più ragione o virtù”, come scrisse don Zossi, si ebbero anche delle dure ritorsioni contro i prigionieri cosacchi, che dal paese erano stati trasportati in alcune basi partigiane in montagna. 
Le vittime della strage di Avasinis, sepolte in una fossa comune in cimitero, sono state periodicamente ricordate attraverso commemorazioni svoltesi il 2 maggio di ogni anno. 
Il “senso della memoria” si è concretato attraverso l’erezione di un monumento-ricordo, inaugurato nel decennale della strage e poi, nel 1995, attraverso la trasformazione del vecchio cimitero in un monumento-memoriale a imperituro ricordo dell’episodio.

Sul dramma occorso al paese di Avasinis sul finire della guerra, si è innescato per decenni un dibattito, anche serrato: le formazioni partigiane sono state accusate di aver agito senza lungimiranza, talvolta addirittura di avere apertamente provocato la reazione nazifascista e la strage conseguente. In realtà, molto spesso l’indagine obiettiva è stata messa in secondo piano rispetto a un preconcetto discorso ideologico. 
Indagini serie e circostanziate non sono mai state compiute da parte della magistratura: dopo le risultanze del lavoro di alcuni ricercatori, alcuni anni addietro, l’Amministrazione comunale di Trasaghis aveva segnalato al Dokumentationzentrum di Vienna, il celebre istituto diretto da Simon WiesenthaI che ha offerto un contributo notevole alla ricerca dei nazisti responsabili di misfatti compiuti nel corso dell’ultima guerra, il fatto che, a tanto tempo di distanza, non fossero stati compiuti passi significativi nell’individuazione dei responsabili dell’eccidio di Avasinis. 
Il Centro viennese, non disponendo di alcuna documentazione al riguardo, ha segnalato il fatto alla magistratura tedesca, che ha deciso di aprire un’inchiesta ufficiale. 
Nel mese di agosto del 2002 sono venuti in Italia il responsabile dell’inchiesta, un commissario della Bayerisches Landeskriminalamt, la Polizia bavarese cui, per competenza territoriale, sono state affidate le indagini, assieme al consulente storico Carlo Gentile, uno studioso italiano che vive e lavora in Germania e ha compiuto diversi studi sui crimini di guerra nazisti. 
Dopo un colloquio a Padova col Procuratore militare Sergio Dini, essi si sono recati ad Avasinis, effettuando un attento sopralluogo sui luoghi della strage, individuando tempi e modalità delle azioni belliche e, infine, soffermandosi commossi davanti al monumento che reca le immagini fotografiche delle 51 vittime innocenti dell’eccidio.
Nei mesi successivi, oltre alla prosecuzione delle ricerche in Friuli, le indagini sono state incentrate, in Germania, sugli interrogatori di alcuni superstiti dei Battaglioni SS sui quali vertono i maggiori indizi di responsabilità, nella speranza che un impegno coordinato possa portare, pur a distanza di tanti anni, nuovi indizi sulle cause e sulle responsabilità della strage.

venerdì 15 aprile 2011

Al Sociale di Gemona, il 28 aprile, proiezione di due documentari sull'eccidio di Avasinis

Avasinis, in ricordo dell'eccidio ad opera delle SS, due documentari della Cineteca di Gemona


Nel corso di una serata organizzata in collaborazione con la sezione A.N.P.I. di Gemona-Venzone, Pense e Maravee e il Comune di Gemona, giovedì 28 aprile, 66° anniversario della liberazione di Gemona, la Cineteca del Friuli propone al Cinema Sociale, con inizio alle ore 21, due documentari sull'eccidio di Avasinis.Avasinis, in ricordo dell'eccidio ad opera delle SS due documentari della Cineteca di GemonaIl titolo del primo è "Avasinis 2 maggio 1945, luogo della memoria" (2007) di Dino Ariis e Renata Piazza (dvd edito dal Comune di Trasaghis) mentre il secondo è il breve Tatort Avasinis (2003) di Jim G. Tobias, prodotto dalla tedesca Medienwerkstatt Franken e.V.. Introdurrà la proiezione Pieri Stefanutti, consulente storico per Avasinis 2 maggio 1945. Sarà presente il regista Dino Ariis. 

Il 2 maggio 1945 alcuni reparti di SS entrarono ad Avasinis compiendo un massacro tra la popolazione civile: 51 furono le persone uccise, tra cui anziani, donne e bambini. In tutti questi anni, nella comunità di Avasinis il ricordo dell'eccidio è rimasto vivo e presente, come dimostrano le toccanti testimonianze raccolte nei due documentari. In particolare Avasinis 2 maggio 1945, della durata di un'ora e mezza e diviso in capitoli, ricostruisce i fatti proprio attraverso il confronto delle diverse testimonianze dei sopravvissuti. Gli avvenimenti sono rievocati a partire dai momenti di paura precedenti la strage fino al massacro vero e proprio, quindi alla presa di coscienza della sua entità e del numero dei morti, al recupero dei cadaveri e al loro trasporto nel vecchio cimitero accanto alla chiesa. Si ricordano anche la rabbia e la vendetta che portarono a esecuzioni sommarie di sbandati nazisti e cosacchi. 

Infine, in un'ultima parte che include anche l'intervista al giornalista Franco Giustolisi, si propone una riflessione sugli elementi di certezza e su quelli ancora in dubbio relativamente alle responsabilità dell'eccidio e all'identificazione del reparto autore del massacro. Le proiezioni dei due documentari al Sociale concluderanno le celebrazioni gemonesi per il 66° anniversario della Liberazione, che avranno inizio alle 18.30 nella Sala Consiliare di Palazzo Boton con un incontro-dibattito cui parteciperanno il sindaco Paolo Urbani, lo studioso del Risorgimento friulano Giuseppe Marini, Gianfrancesco Gubiani e Grazia Levi. Tra l'incontro e le proiezioni ci sarà il tempo per un rinfresco sotto la Loggia Comunale.


da: http://altofriuli.com/incontri-e-convegni/avasinis--in-ricordo-dell-eccidio-ad-opera-delle-ss-due-documentari-della-cineteca-di-gemona.htm

Nella foto: Cesare Venturini, uno dei sopravvissuti all'eccidio del 2 maggio 1945, mostra la giacca indossata quel giorno trapassata dai proiettili delle SS (foto P. Stefanutti)

sabato 19 marzo 2011

Padri della Patria ... del Friûl

Festa del papà: auguri a tutti i "papi" (meno uno).

E di "padri" (della Patria) se n'è parlato parecchio, in questi giorni, in una discussione 150ennale su chi abbia maggiori meriti, da Garibaldi a Cavour a Vittorio Emanuele. E per il Friûl, pa Cjargna, chi pensate dovrebbe essere ricordato maggiormente per il suo contributo a una "Patrie" idealizzata?

Collegandosi anche a quanto discusso sul Blog (la Resistenza autentica conclusione del Risorgimento) aggiungiamo un nome, per la sua valenza simbolica. Gli hanno fatto omaggio l'altra sera a Ampezzo. E ha 98 anni....

'Nuovo statuto, nuova speranza

altrimenti la Carnia muore'

di David Zanirato
A dispetto della veneranda età, il 98enne Romano Marchetti, nuovo cittadino onorario di Ampezzo, già capitale della Repubblica libera di Carnia, sa mostrare ancora una lucidità di pensiero da novello patriota.'Nuovo statuto, nuova speranza altrimenti la Carnia muore'

“Rifare tutto dal principio, rifare uno statuto adeguato ai nostri giorni, riprendendo dagli ideali di quel tempo, in modo da ridare alla Carnia un’autonomia ed una speranza nuova, altrimenti le periferie verranno distrutte, non resterà più nessuno e le città diventeranno dei luoghi in cui i pianerottoli dei condomini saranno avamposti di guerra”.

E giovedì in quel Palazzo Unfer, incubatore nel 1944 dell’esperienza di autogoverno della montagna friulana, “Cino Da Monte” (soprannome partigiano ai tempi della lotta di liberazione), brandendo la Costituzione in mano, ha fatto pendere dalle sue labbra la folta platea di cittadini ed autorità accorse in suo onore, spaziando dai ricordi di quel fervore carnico alle difficoltà dei giorni nostri.



da: http://altofriuli.com/locandina-personaggi/-nuovo-statuto--nuova-speranza-altrimenti-la-carnia-muore-.htm


Sulla figura di Romano Marchetti vedi anche: http://www.nn-media.eu/

martedì 15 marzo 2011

Presentazione a Udine del libro di Leo Zanier sulla Kosakenland



Mercoledì 16 sarà presentato a Udine il libro di Leo Zanier "Carnia Kosakenland Kazackaja Zemlja", riedizione aggiornata del libro del 1995 riguardante "Storiutas di fruts in guera".
Come già scritto anche sulle pagine di questo Blog, il libro parte dal ricordo delle vicende della Carnia occupata, per giungere a una trattazione aggiornata di quello che è oggi il "problema cosacco", sino a dare la notizia della visita di una delegazione cosacca ad Alesso nello scorso mese di maggio.



giovedì 27 gennaio 2011

Giornata della memoria … ancja par Dalès

Anche un minuscolo borgo (se confrontato con i milioni di casi similari avvenuti in Europa) può offrire un suo contributo all'imperativo del "no dismenteâ" che sta alla base dell'istituzione della Giornata della memoria.
Per Alesso il ricordo deve andare a quel lontano 30 giugno 1944, quando vi fu uno dei più massicci rastrellamenti.
In  quella occasione ebbe luogo un  "raid" da parte dei tedeschi per tentare di recuperare del carburante in precedenza prelevato dai partigiani a Bordano. L' azione di rastrellamento nazista nel comune di Trasaghis ebbe varie tappe. Ad Avasinis vennero catturati e imprigionati i commercianti Angelo ed Igino Di Gianantonio, accusati di sostegno alla resistenza.

Il giorno 30 giugno alle 6 del mattino improvvisamente capitò in paese una schiera di S.S. tedesche e sequestrò il commerciante Di Gianantonio Celeste e figlio Igino, sotto la imputazione di avere rifornito i partigiani, ciò che in realtà tutti facevano là dove i partigiani si fossero presentati. Chi era che non dava per i nostri? (Libro Storico Avasinis)

Ad Alesso ebbe luogo la cattura di Celeste Rabassi,  Domenico Di Santolo e Mario Stefanutti (i primi due internati nei campi di prigionia) e l' uccisione del patriota Olivo Stefanutti di Alesso, colpito alla schiena da una raffica di mitra mentre cercava di nascondersi salendo in montagna.


30 Venerdì. Nelle prime ore del mattino  vengono  ad  Alesso i Tedeschi in cerca della benzina trafugata loro dai Partigiani  a Bordano:  uomini e giovani per paura di essere internati fuggono dalla parte del Palar;  i Tedeschi ne arrestano tre e sparano contro i fuggitivi ferendone diversi e uccidendone uno. (Libro Storico Interneppo)

Di mattina corse voce che i tedeschi delle S.S. erano arrivati con autoblinde ad Avasinis dove avevano catturato delle persone e che, malintensionati, si dirigono verso Alesso. Venivano per la prima volta a portarci il terrore, la morte! D'improvviso arrivarono, gettandosi di corsa come jene ad inseguire gli uomini che cercavano di mettersi in salvo per la montagna. Li tenevano sotto il tiro delle loro armi, erano loro addosso, ma quelli fuggivano ancora, correvano, si riparavano nei canali, nell'acqua della roggia, dietro un qualsiasi ostacolo. Così tra il fragore delle armi, il gridio delle armi e lo strillare dei bambini: la scena era straziante. Una decina di eterni minuti durò la sparatoria, poi per le vie del paese si sentirono fischi e voci rauche. Seguiva un silenzio di morte. I tedeschi se n'erano andati dopo avere saccheggiato alcune case. Pel paese deserto cominciava alla fine ad uscire dai nascondigli qualche donna in cerca del marito, del fratello, che avevano lasciato a pochi passi dal nemico.
Le vittime che avrebbero potuto essere decine, quasi miracolosamente si restrinsero ad una: Stefanutti Olivo Baula, il cui corpo fu trovato a pochi passi al di là del Palar.
(D.Noacco, Boll. Parr. Alesso 1945)

E Celest di Coin, che finì nei Lager tedeschi e solo fortunosamente riuscì a rientrare in paese, raccontò poi:

Sono stato preso prigioniero sopra il Mulino… I tedeschi erano arrivati da Avasinis; alcuni si sono fermati presso il cimitero, altri sono venuti in paese. Dalla rosta ho visto Livo di Baula scappare lungo la salita di Vornêt e rimanere colpito.
Io non ero nemmeno partigiano, sono stato preso per errore…
Con me sono stati catturati anche Meni di Zopida e Mario di Cjaneula. Il prete è riuscito a far rilasciare solo Mario.
Meni è stato portato fino in Austria, dove lo hanno lasciato a lavorare con una compagnia di soldati. Io sono finito in campo di concentramento…
(Celeste Rabassi “Coin”, intervista  di P. Stefanutti dell'11.01.1985)

Anche questo è "giornata della memoria"!

Naturalmente, il Blog è ben disponibile a ospitare e diffondere altri episodi che si rifanno a queste tematiche, nell'ottica del "savê e no dismenteâ".

martedì 21 dicembre 2010

Ampio spazio alla visita dei cosacchi ad Alesso nell'ultimo libro di Leo Zanier

La riedizione del libro "Carnia/Kosakenland/Kazackaja Zemlja" di Leonardo Zanier dedica ampio spazio alla recente visita fatta ad Alesso da una delegazione di cosacchi. Nella riproposizione del ricordo di quei lontani momenti visti attraverso gli occhi di "un frut inta vuera", una apposita sezione descrive quel che è accaduto dopo, col fenomeno dei "cosacchi che tornano" (ed il caso di Alesso è uno dei più significativi).





Il libro è stato così recensito da G.P. Carbonetto sul "Messaggero Veneto" del 18 dicembre:

Carnia invasa, l'epopea dei cosacchi
di GIANPAOLO CARBONETTO


In un periodo in cui la memoria storica è considerata inutile, se non addirittura fastidiosa, Leonardo Zanier appare come uno di quegli “accumulatori di memorie” che custodivano nel loro cervello i contenuti di quei libri che erano proibiti nella società disegnata da Ray Bradbury in Fahrenheit 451.
Ma, attenzione! Il poeta di Maranzanis dà il giusto peso ai propri ricordi, non li mitizza: «Questa storia – dice – è memoria incarnita. Esatta e approssimativa come ogni memoria. Mai spenta e riattizzata oggi. Portata appresso, acquattata per cinquant’anni, e poi messa su carta» 
La memoria di cui parliamo in queste righe si riferisce a Carnia / Kosakenland /Kazackaja Zemlja, libro edito da Forum (134 pagine, 14.50 euro) che ha avuto una prima versione nel 1995 e che ora esce arricchito da una postfazione del compianto Mario Rigoni Stern. Ed è una memoria che si solidifica anche per mezzo dell’orgoglio di essere nato in una terra che per un breve, ma fulgido periodo è stata quasi l’unica isola a sbucare da quella marea nera e bruna che stava sommergendo l’Europa, opponendosi a una barbarie di forze preponderanti, con una magistratura non diretta dall’alto, con una scuola pubblica, con un suffragio davvero universale e con l’abolizione della pena di morte.
E questa memoria è filtrata dalla coscienza civile di Zanier che, ben conscio della sua condizione di emigrante inizialmente emarginato dagli svizzeri, si rifiuta di massificare interi popoli sotto definizioni di comodo, ma ingiuste. “Tedeschi”, per lui, non vuol dire automaticamente “nazisti”, né “cosacchi” è sinonimo di invasori. «Semplificare in quel modo – scrive nell’introduzione – sarebbe come dire che gli alpini della Julia erano tutti fascisti». E il libro tenta proprio di rievocare il periodo dei cosacchi in Carnia: cacciati dai sovietici dalla loro terra e cooptati dai nazisti con la promessa di dare loro una nuova patria: la Carnia, appunto.
È un compito difficile quello di dare giudizi sereni su fatti e persone immersi in una guerra che, come tutte, si è distinta per spietatezza. E Zanier sceglie genialmente l’unico metodo possibile: quello di scavare nell’innocenza dei suoi ricordi di ragazzino il cui animo non era già incrostato di rancori e pregiudizi, di odi e di paure di perdere ciò che era suo, anche perché di suo non c’era niente.
E ripropone queste sue testimonianze dal “basso“ di un bimbo – che in realtà sono “dall’altissimo” dell’imparzialità – in cinque racconti, scritti in carnico e poi tradotti in italiano, dedicati a mamma Lisuta, al partigiano garibaldino Gori, al cosacco Ivan, al compagno di classe Chila e all’altro cosacco più giovane, Givi.
Sono cinque storie piccole, ma densissime capaci di restituirci anche le più minuscole sfaccettature di quel complicatissimo corpo estraneo che è stato la guerra.
Poi Leo Zanier si è messo sulle strade del mondo per lavorare, faticando e talora soffendo, ma trascinando sempre con sé l’ideale, più che l’idea, che anima questo libro e che al meglio si estrinseca nel finale del terzo racconto. «Quando Ivan prese la strada della tragica ritirata, quel 2 maggio 1945, e ci salutò, parabello a tracolla e colbacco in mano, stava quasi per piangere. Nessuno parlò perché così doveva essere, ma se avesse detto: “Nascondetemi, voglio restare qui”, credo che avremmo risposto: “Resta”».

mercoledì 15 dicembre 2010

Ciao "Gianna"! (anche da Alesso)

Ricordiamo anche sulle pagine di "Alesso & Dintorni" la figura di una protagonista del periodo della guerra partigiana, che per alcuni mesi operò anche in queste zone.

Se ne è andata Fidalma Garosi ved. Lizzero, la partigiana “Gianna”, membro del Comitato Provinciale dell’Anpi.
Salita in montagna ancora il 10 ottobre 1943, fu certamente una delle prime partigiane d’Italia. La sua attività nel movimento di liberazione si svolse sui monti a nord di Udine fino al rastrellamento del novembre ’43; quindi in pianura come staffetta e nei Gruppi di difesa patriottica (GAP) fino alla primavera del ’44, quando, ricercata dal comando della SD di Udine, fu di nuovo chiamata in montagna, dove trascorse il periodo. delle zone libere.
Operò anche nella Valle del Lago: nel suo libro di memorie raccontò l'arrivo sulle baite sopra Avasinis:

Sono tornata in montagna che erano i primi di maggio del 1944.
Arrivo a Monteprat, sopra Avasinis, e lì trovo Furore, che non vuole donne:
“Non voglio donne nel mio reparto, e buona notte”.
“Guarda, quando verrà Andrea o Ninci, vedremo la situazione; ma intanto in
pianura non posso più stare, resto qua e buonanotte”.
Dopo tre, quattro giorni, Biella, il commissario della brigata, mi vuole
mandare giù in pianura a portare una roba, un ordine.
“Stai scherzando?”
Non mi era ancora passata l’angoscia, perché quando si è rcercati, si vive nel
terrore, ti sembra che ti debbano prendere da un momento all’altro.
“Non vado giù neanche morta!”
“Tu devi ubbidire”.
Devo andare giù. C’erano degli stavoli, un 150 metri in linea d’aria, verso
San Rocco di Avasinis. Vado a dormire nell’ultimo perché, se devo scendere, è
meglio essere già sulla strada. Bene, la notte ho sognato quello che sarebbe
successo.
La mattina degli spari mi svegliano, mi accorgo che la mia cuccetta è tutta
bucata.
Mi alzo e vedo fuori tedeschi dappertutto, non avevo via d’uscita….
(Da “Storia di Gianna”, Publicoop-Anpi, 2007)
Seguì il durissimo ultimo inverno di guerra, tra i pochi partigiani rimasti sui monti, braccati dai cosacchi. Partecipò alla liberazione di Udine e continuò la sua attività come responsabile dei feriti partigiani, finché la situazione si normalizzò.
Nel dopoguerra, sposò l’ex commissario delle brigate Garibaldi Mario Lizzero “Andrea”, poi  diventato esponente del PCI udinese e deputato. Coltivò sempre la sua passione per la politica, che per lei significava ansia di giustizia, partecipazione, dignità della persona.

domenica 30 maggio 2010

Tornano i cosacchi sulla piazza di Alesso


Una delegazione di discendenti dei cosacchi, all’interno di un viaggio tra il Friuli, la Carnia e l’Austria, ha fatto tappa ad Alesso nel pomeriggio di giovedì 27 maggio. Il paese di Alesso, infatti, durante l’occupazione cosacca del 1944 – 45 era diventata la capitale del Circondario dei cosacchi del Don ed era stata ribattezzata Novocerkassk. La delegazione era composta da Dimitri Kovalev e Nikolay Anokhin (dell’etnia dei cosacchi del Terek) e da Nikolay Sviridov ( dei cosacchi del Kuban).
Gli ospiti, arrivati grazie alla segnalazione del dottor Antonio Dessy, sono stati ricevuti dal sindaco Augusto Picco, da diversi amministratori (tra i quali l’assessore Elena Rodaro e l’ex sindaco Ivo Del Negro), dal presidente dell’Afds Renato Stefanutti e da diverse persone, inizialmente stupite dai costumi tipici della cultura cosacca. Pieri Stefanutti, del Centro di Documentazione sul Territorio, ha illustrato sinteticamente le vicende dell’occupazione cosacca nel 1944-1945 e del triste fenomeno dello sfollamento imposto alla popolazione civile. Gli ospiti, attraverso la preziosa opera di traduzione di Franceschino Barazzutti, hanno ringraziato per l’accoglienza, ripromettendosi di far conoscere in Russia le caratteristiche del rapporto tra i cosacchi ed il Friuli, un episodio praticamente sconosciuto.
Dopo aver osservato, sulla piazza, la targa che ricorda l'occupazione cosacca, i tre cosacchi hanno fatto visita alla chiesa (dove sono conservate quattro pale, un dipinto ed un'icona risalenti al periodo cosacco).

Avendo ritenuto estremamente significativo il caso di Alesso, i tre cosacchi, di ritorno da un raduno tenutosi nella zona di Lienz, in Austria, sono tornati nel Comune di Trasaghis , accompagnati dall' Atamano Nikolaj Eremitchev, la suprema autorità cosacca dei cosacchi del Kuban. L’appuntamento, sempre sulla piazza di Alesso, si è rinnovato domenica 30, alla presenza degli amministratori locali e di numerose persone, tra le quali tanti diretti testimoni del periodo dell'occupazione cosacca.

lunedì 26 aprile 2010

A 65 anni dal bombardamento di Alesso


Il 26 aprile ricorre il 65° anniversario del bombardamento di Alesso, attuato da una squadriglia alleata per colpire l'insediamento cosacco. L'azione venne compiuta - come è stato accertato dalle ricerche di Michele D'Aronco - da una squadriglia del 14th Fighter Group della Army Air Force (composta da 16 velivoli P-38j Lightning) decollata dalla base di Triolo (Foggia).

Per ricordare l'avvenimento, che ha segnato la storia di più di una generazione, riproponiamo una memoria di Zuan Cucchiaro:



Chel 26 di avrîl dal '45

A son passâts tancj agns, ma par chei che a an vivût di persona chei moments, al è como che al fos cumò.
A erin forsi las dîs di buinora e tanta int di Dalès a era inta campagna a meti sorc o a picâ patatas. I cosacs, che cualchi mes indeur a na lassavin svizinasi la int che a era sfolada a Somblâc, a Voncedas e Vasinas, forsi a vevin capît che a stava par finî dut, par lôr, e a si erin unin musulîts e a lassavin jentrâ intal paîs. Fint inche volta, chei che a erin a Somblac, par la a comprâ il pan a Voncedas, a scognevin passâ ju pa campagna. I cosacs, oramai, a na crodevin pui a dutas las balas che a ur contavin i todescs, su la "vittoria finale" di Hitler e su la nova patria, il Kosakenland.
Inche dì dal 26 di avrîl, a son capitats una sdruma di "Mosquito" merecans e a an scomençat a samenâ ancja lôr (ma bombas, e no patatas). La int a veva capît che oramai a era cuestion di zornadas e, dopo siet mes che a si era a tor pal mont, al sameava massa biel podê tornâ a cjasa. Ma chei 4-5 bulos che a an mandât a bombardâ, a an ruvinât dut. Figurâsi, fa bombardâ Dalès, nancja che al fos stat un puart di mar, una polvariera o un scalo merci! La colpa dal paîs a era che di vê tas cjasas i cosacs: alora, bombardantlu - secont l'inteligjença di chel capo, bulo e plen di supierbia, cul fazzolet tal cuel - se a si bombardava il pais i "mongui" a saressin scjampâts. Ma i merecans a na savevin nancja che al esistes Dalès: al sares bastât spietâ cualchi dì e i rus a saressin lâts via di bessoi. A si veva pur spietât siet mes...
E cussì a son tacadas a plovi bombas, su pas cjasas dal Taiz e di Ceto, e dopo, ju par Pidiberi, in chês da Cacjara e di Gjenio; in plaça ta cjasa dal Fari da Pici, tal borc dal Gjenio tas cjasas da Paulina, di Ninz e di Dolfo, su par Nariu tas cjasas da Lopa e di Pieressut, tal borc da Paula tas cjasas di Toninuta, dal Podar e da Lagjent e dopo ancja in Centas, inta val di Cjarendon e par deur da cjasa di Marion ju pa Cisa dal Vuarp. E cussì, cjasas sbregadas e pui di 60 muarts tra oms, feminas e fruts cosacs: in grazia di chei "esperti di strategia militare", tantas fameas, tornadas dongja, a an cjatat la cjasa intun grum. Sarâe davêr colpa di chel bulo, che al à insistût par che a si bombardàs il pais? Di sigûr al è che, cuant che al à provât a presentâsi in plaça, a vuera finida, la int a lu à fat cori a panets, fint ju par da Roia, e al è passat unavôra di timp prin che al ves il coragjo di puartâ ancjmò la musa a Dalès!


(Zuan Cucchiaro - Dalès Un Timp Par Vivi n.41, luglio 2003, rid.)