Lago, “tu sei bello e ti tirano le pietre”. Ma non sono più le plècas lanciate a rimbalzello sulla tua superficie dai bambini (“quelle non ti facean già male”, avrebbe detto Carducci). Quelle che ti arrivano addosso son pietre metaforiche, ma anche concrete: si chiamano approssimazione, calcolo cinico, speculazione.
Lago, “senti l’estate che torna”? Stanno per essere prese decisioni importanti nei tuoi confronti. Il ritorno dei turisti estivi avverrà probabilmente in circostanze mutate (e non solo dettate dall’affannosa ricerca di un cestino per le immondizie).
Lago, c’è chi si scalda gli animi e passa parola dicendo: “butta in aria le mani, e poi falle girar”, spingendo per una mobilitazione anche decisa.
Allora, Lago, “questa sera voglio farti un regalo”: quando la levantèra, il vento proveniente da Interneppo, quello temuto dai pescatori, cesserà il suo effetto, cioè “quando il vento dell’est si fermerà”, ecco, caro Lago, ti auguro che le tante persone che verranno sabato sulle tue rive, che risentiranno, cantate da altri, anche le frasi virgolettate, possano incontrarsi, confrontarsi, costruire qualcosa assieme.
In fondo, anche se queste “non sono altro che parole”, tu sai che “un regalo non si butta mai via”: per questo, caro Lago, ti auguro che tu “non soffra mai più”.
Tuo A&D
Buongiorno,
RispondiEliminabellissimo post!.
A sabato,
Daniele