"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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giovedì 15 settembre 2016

Quarant'anni fa, le scosse e la fuga

Ricorre oggi il 40° anniversario del secondo terremoto del Friuli, quello che, spezzando le illusioni di un'estate in cui si stava faticosamente tentando di rabberciare quanto provocato dal sisma del 6 maggio, provocò lo scoramento e la fuga verso la costa, negli alberghi  e negli alloggi requisiti dal Commissario Straordinario per dare ospitalità ai terremotati friulani.

Per chi non c'era, per chi non sa, valga la sintesi pubblicata recentemente dal "Messaggero Veneto":

Nel 1976, in Friuli, la terra tornò a tremare l’11 settembre alle 18.31 e alle 18.40. Le scosse provocarono nuovi crolli anche nelle case già riparate con i fondi stanziati dalla Regione attraverso la legge 17 che risolveva il problema senza entrare nel merito dell’adeguamento sismico.
Le nuove scosse provocarono altre macerie, tanta paura. L’allora presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, era già stato contestato e una delegazione di 15 parlamentari si preparava a visitare il Friuli.
Arrivò il 13 settembre trovò la gente infuriata. Gli onorevoli non sfuggirono alle scosse del 15 settembre: la prima alle 5.15, la seconda alle 11.23.
Era un secondo terremoto al quale, tanto per citare qualche esempio, non resistettero né il campanile né il duomo di Venzone ridotto a pochi spezzoni di mura.
Il commissario straordinario per la ricostruzione del Friuli era già stato rinominato (dopo l’emergenza aveva lasciato il Friuli a luglio) con ampi poteri per ricostruire case, attività economiche e sociali.
Zamberletti ordinò l’esodo, ma non fu facile convincere uomini e donne a lasciare i luoghi dove erano nati e cresciuti. Furono gli alpini della Julia a persuadere la gente a salire sui mezzi militari con poche cose.
«Nelle località balneari - ha già avuto modo di spiegare il commissario - avevamo raggruppato le comunità, ricreato addirittura le classi scolastiche». Ma gli sguardi immortalati dai fotografi rivelano quanto i friulani si sentissero fuori posto nelle camere e nelle sale pranzo degli alberghi.
Parallelamente, il commissario fece arrivare in Friuli un considerevole numero di roulotte per consentire agli imprenditori e ai contadini di non abbandonare le loro aziende. I dipendenti, invece, andavano e venivano ogni giorno da Lignano o da Grado a bordo dei pullman.
Durante l’inverno in ogni comune vennero aperti i cantieri per la costruzione dei prefabbricati. Molti furono gestiti dai militari che, nelle giornate gelide, lavoravano in condizioni quasi disumane.
Nella primavera 1977 alle famiglie vennero consegnati i prefabbricati che da lì a dieci anni sarebbero stati liberati. In quella vicenda si cementò la fiducia tra le istituzioni, i Comuni e la gente.
«Allora - riportiamo sempre le parole di Zamberletti - tutto dipendeva dalla capacità di gestione dei sindaci, qualcuno mi disse che la mia delega totale rappresentava una difficoltà perché avevo messo sulle loro spalle una responsabilità enorme».
Fondamentale fu anche il ruolo svolto dalla gente che, con le sue proteste e al Chiesa al suo fianco, indirizzò i politici verso un’inedita alleanza.
Basti pensare che i rappresentanti dei partiti di destra e sinistra fiancheggiavano Zamberletti favorendo così le modifiche legislative che via via si rendevano necessarie per fare andare avanti la macchina.
Questo è il segreto del modello Friuli che continua a far scuola nella gestione dell’emergenza e della ricostruzione e che oggi viene invocato nei
comuni dell’Italia centrale.

(Messaggero Veneto, 6 settembre 2016)

Chi c'era, ricorderà senz'altro la paura di quella mattinata, le poche cose raccattate in fretta e furia, la
partenza sui bus verso Lignano,con la morte nel cuore.



Sono momenti che potranno essere rivissuti anche grazie al video di "Mossi dalla terra" che sarà presentato in anteprima questa sera a Cavazzo e di cui si può vedere una anteprima cliccando sul sottostante link:

https://vimeo.com/181620580?outro=1


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