"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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mercoledì 8 ottobre 2014

Lo sfollamento del 1944 visto da oltre il ponte di Braulins

Nel giorno dell'inaugurazione ad Alesso della mostra fotografica dedicata allo sfollamento, il "Messaggero Veneto" pubblica un articolo  con la testimonianza di un gemonese che rievoca il dramma di quelle giornate visto "da oltre il ponte di Braulins", da quanti videro cioè arrivare la fiumana degli sfollati e cercarono di prestar loro soccorso.
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«Quell’8 ottobre del ’44 i cosacchi nella mia casa»

Mirko Londero aveva 12 anni ma ricorda tanti momenti di quel periodo. Il padre Pietro aiutò gli sfollati di Trasaghis a trasportare le loro cose oltre il fiume
GEMONA. A 70 anni dall'arrivo dei Cosacchi in Friuli durante la seconda Guerra Mondiale, c'è ancora qualcuno che non si è dimenticato quel periodo, durato fino al maggio del 1945. La storia è quella di Mirko Londero, 82enne residente in Campagnola che aveva 12 anni quell'8 ottobre del 1944.
La sua memoria non lo inganna su allora, forse perché i Cosacchi gli piombarono in casa, quella di famiglia, ubicata dove si trova attualmente la sua abitazione in via Cavazzo, la direttrice che conduce al ponte di Braulins: «Mio padre Pietro - ci ha raccontato Mirko Londero - faceva il trasportatore con il suo carro trainato dai buoi, e nel '44 il ponte era stato fatto saltare in aria dai partigiani: quando l'8 ottobre i tedeschi ordinarono lo sfollamento delle case di Trasaghis per lasciarle ai Cosacchi, fummo proprio noi ad aiutare le persone a trasportare le loro cose sulla sponda gemonese del Tagliamento
Lavorammo per tutta la giornata, fino a tarda sera. L'ultimo che aiutammo, lo ricordo bene, era il segretario Della Pietra, ma l'acqua era salita e il nostro carro si ribaltò: mio padre non sapeva nuotare, ma io sì, e riuscii a salvarlo dall'annegamento. Dopodiché, rigirammo il carro, e facemmo quell'ultimo trasporto». Quei mesi di presenza cosacca lasciarono un ricordo indelebile nella famiglia Londero perché nella loro casa c'era una stanza libera che fu utilizzata proprio da un comandante cosacco: «Ogni mattina - ricorda Mirko - mi svegliavo e trovavo gruppi di loro addormentati sul pavimento della nostra cucina: venivano ricevuti da noi dal comandante che successivamente li indirizzava verso quella che sarebbe stata la loro casa».
L'adolescenza di Mirko fu proprio segnata da quello scorcio di fine guerra, caratterizzato dagli scontri tra i soldati tedeschi e le squadre dei partigiani. Il padre Pietro continuava a fare il trasportatore e dovette cedere la sua pistola ai partigiani, ma non poteva aiutarli nel trasporto degli alimenti, da una sponda all'altra del Tagliamento, per il timore di essere mandato in un campo di concentramento. Lo fece Mirko che, allora bambino, non era sospettabile.
Proprio in questo frangente, il signor Londero ricorda quando fu salvato dal leggendario capitano partigiano carnico Elio "Furore" Martinis: «Un giorno - ci ha raccontato Mirko Londero - ero andato con il carro a prendere legna a Peonis: stavo tornando indietro ed ero sceso sul greto del Tagliamento più o meno all'altezza di Braulins, dirigendomi verso casa quando mi trovai nel mezzo delle raffiche di fucile tra i partigiani che stavano a Trasaghis e i tedeschi che invece erano all'altezza di Pineta.
Ero terrorizzato, e mi nascosi sotto il carro mentre sopra di me volavano le pallottole; dopo circa due ore, il capitano Furore, che mi aveva visto, mi urlò: "Sei ancora vivo Bocia?", e mi disse di correre al segnale. Pieno di paura, corsi a più non posso e feci un salto incredibile sulla rosta, accolto da Furore che mi diede una pacca sulle spalle».
Nel dicembre dell'anno scorso, quando Elio Martinis è morto, c'era anche Mirko Londero al suo funerale, su ad Ampezzo.
(Messaggero Veneto, 8 ottobre 2014)


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