"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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sabato 6 maggio 2017

6 maggio, il senso di un anniversario

Il 6 maggio, in tutti i paesi che, 41 anni fa vennero colpiti dal terremoto, si preparano le cerimonie per ricordare le vittime di allora ed il percorso della ricostruzione.

Una "rilettura" di quell'evento viene offerta dall' Associazione Comuni Terremotati e Sindaci della Ricostruzione del Friuli e dalla Associazione Consiglieri Regionali che analizzano il senso di quella che fu l'esperienza del dopo-terremoto e delle linee-guida che guidarono la ricostruzione. E' un documento corposo ma che vale la pena di leggere con attenzione per capire il senso del "modello-Friuli" e per comprendere se esso può essere ancora applicato in situazioni diverse. (A&D)
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RICOSTRUZIONE DEL FRIULI: RIFLESSIONI E PROPOSTE

PREMESSA

            Nel 40° anniversario del tremendo terremoto che ha devastato nel 1976 il Friuli, seminando lutti e rovine, diverse sono state le iniziative per ricordare quella tragedia, la conseguente emergenza, la ricostruzione delle località colpite.
            Iniziative doverose per ricordare le vittime di quella catastrofe, per ringraziare quanti, e sono tanti, hanno dato il loro apporto dando vita ad un grande movimento di solidarietà verso di noi, per evidenziare le scelte compiute onde far sì che il Friuli rinascesse.
            Quelle scelte, che nel loro insieme formano il cosiddetto Modello Friuli, fanno capo e riferimento ad una scelta madre, sancita nel Decreto-Legge 13 maggio 1976 n. 227: lo Stato delega l'opera di ricostruzione alla Regione con facoltà di quest'ultima di avvalersi pure degli Enti Locali.
            Vale la pena di ribadire ancora una volta che il ricorso all'istituto della delega da parte dello Stato fu una autentica novità poiché prima di allora era lo Stato stesso ad intervenire direttamente.
            Quella delega è stata realizzata con impegno e con alto senso di responsabilità da parte di tutti gli enti delegati.
            Il che ha consentito di concludere positivamente la ricostruzione nonostante essa si sia rivelata complicata, complessa, carica di problemi di diverso genere; ricostruzione portata avanti in tutto il suo dispiegarsi con determinazione, con metodi in alcuni casi innovativi sul piano tecnico, amministrativo, gestionale in genere, con partecipazione, con trasparenza.
            Un elemento di fondo va evidenziato ed è quello della mobilitazione unitaria di tutte le energie politiche, istituzionali, religiose, sindacali, professionali, produttive, associative in genere per un obiettivo che tutte hanno sentito proprio: la rinascita del Friuli, risultato di un processo di democrazia diffusa.
            Non è certo facile unire tutte le forze, anzi, è assai difficile.
            Qui però ci siamo riusciti, sicché la ricostruzione, giustamente, va ascritta a merito di tutti.
            Questa unitarietà di intenti e di azione è uno dei più belli esempi che la generazione che ha fatto la ricostruzione trasmette alle generazioni di domani. 
            I ricordi, la memoria, il dolore, la gratitudine sono sentimenti nobilissimi e giusti ma non ci aiutano a vincere le sfide del presente.
           
Dobbiamo guardare al futuro con lo stesso rispetto che abbiano nei confronti del passato.           Dobbiamo chiederci molto onestamente che cosa, in termini pratici, ci ha lasciato quella grande stagione di impegno, ora alle nostre spalle, per capire quanto ci può essere utile per superare i terremoti del presente, e, soprattutto, perché nulla di quel patrimonio si è trasformato in valore aggiunto e in prassi permanente dell'agire politico in primis della nostra Regione.
            Affinché la ricostruzione, pur nella sua grande positività, non rimanga circoscritta nel ieri occorre trarre da essa “indicazioni” per il futuro, cogliendo almeno taluno degli insegnamenti che da quella esperienza promanano.
            L'Associazione tra i Consiglieri regionali e l'Associazione dei Comuni terremotati e Sindaci della ricostruzione del Friuli avvertono l'esigenza che la “memoria” non si esaurisca nel solo, seppur importante, ricordo ma costituisca occasione di riflessione su grandi tematiche che, grazie alla esperienza trascorsa, possano essere affrontate attingendo al bagaglio delle conoscenze maturate.
            Entrambe le Associazioni auspicano fermamente che tale riflessione abbia a svilupparsi fin dalla nuova ricorrenza ed a tal fine mettono a disposizione un proprio contributo anche se non certo esaustivo.

INDICAZIONI CHE EMERGONO DALLA RICOSTRUZIONE IN FRIULI

            Le indicazioni sono diverse vuoi generali, vuoi settoriali.
            Meritano particolare evidenziazione:

1.                  Il dovere di conservare la memoria di quella esperienza e di trasmetterla, almeno in termini di valori, alle nuove generazioni. A tale scopo la Regione in primis dovrebbe dare sostegno e supporto a quanto di valido può e potrà essere finalizzato alla conoscenza ed allo studio del Modello Friuli.
            La messa in sicurezza, la catalogazione, la messa in rete degli atti della ricostruzione è opera meritoria anche al fine di fornire concreti elementi di analisi e di studio a coloro che nel tempo vorranno occuparsi di essa.
2.                  È opportuno che “emergenza” e “ricostruzione”, seppur collegate, siano considerate fasi distinte: l'emergenza deve affrontare i problemi, e sono diversi, di “pronto soccorso” e di “messa in sicurezza”; la ricostruzione deve occuparsi del “futuro” delle comunità colpite.
3.                  Per la ricostruzione non si proceda con iniziative e progetti calati dall'alto anche se tecnicamente validi, ma ci sia il confronto costruttivo con le popolazioni interessate, ricercando sostanziale condivisione senza la quale potrebbe risultare arduo o comunque irto di difficoltà il cammino realizzativo.
4.                  Emergenza e ricostruzione sono fatti “straordinari” per complessità e per l'urgenza del fare: non è, pertanto, pensabile di operare secondo procedure ordinarie. Per le modalità e le procedure di intervento la ricostruzione del Friuli può fornire un valido quadro di azioni tecniche, amministrative e gestionali, alcune delle quali innovative ed originali.
5.                  La ricostruzione non si limiti al mero “ripristino” degli immobili e delle opere danneggiate o distrutte: il che significa che essa deve avvenire con finalità di sviluppo. La ricostruzione inoltre deve ispirarsi a delle scelte di fondo che in Friuli sono state: ripristino dei paesi e quindi delle comunità in loco e dei settori produttivi in via prioritaria.
6.                  Tutti gli interventi siano improntati alla massima trasparenza.
7.                  L'esperienza della ricostruzione del Friuli, intesa come modello originale, non rimanga fine a se stessa, ma venga posta a disposizione di tutti. A tale scopo dovrebbe essere lo Stato a recepire i punti di fondo dell'esperienza stessa attraverso un provvedimento quadro cui poter far riferimento da subito al presentarsi di nuove calamità in Italia, senza dover “pensare” ogni volta al cosa fare.
La Regione Friuli Venezia Giulia, che ha vissuto direttamente la ricostruzione, dovrebbe rappresentare questa esigenza agli organi dello Stato.
8.                  Una costante ed accorta “politica della spesa” non solo perché si tratta di fondi pubblici ma anche per non lasciare insoddisfatte nel tempo le istanze di quanti, aventi titolo, sono i più lenti a partire (di solito sono i più deboli): la ricostruzione in Friuli è avvenuta, quanto all'intervento contributivo per la edilizia abitativa, nel rispetto di “tetti”massimi di spesa.
9.                  L'esigenza di intervenire per la sicurezza sismica degli immobili.
È un tema che ritorna di attualità dopo il recente sisma dell'Italia Centrale ma che, nella nostra Regione, si sostiene fin da subito dopo il terremoto del 1976.
È un tema questo che, per la sua portata, viene di seguito esposto con riguardo al territorio nazionale ed alla Regione F.V.G.

SICUREZZA SISMICA DEGLI EDIFICI

            Tema di grande peso e portata posto che larga parte del territorio italiano è classificato a rischio sismico ed è, come si sa, abbastanza frequentemente soggetto a terremoti.
            Bisognerebbe decidere se rimanere in attesa di calamità di questo genere per intervenire post col rischio di un più alto numero di vite umane perse e di danni ingenti cui porre rimedio, o se realizzare interventi volti alla prevenzione che, pur non dando sicurezza assoluta (essa dipende da fattori diversi compresa l'intensità dell'eventuale sisma) gioverebbero al risparmio di vite ed al contenimento dei danni.
            È il buon senso ad indicare la via degli interventi di prevenzione e quindi di consolidamento statico degli immobili.
            Poiché questo specifico tema della sicurezza ha valenza generale, va chiesto allo Stato un piano straordinario di interventi con riguardo, anche se secondo graduazione e priorità, all'intero territorio sismico italiano.
            Tale piano nazionale:
a)                  data l'entità degli oneri da sostenere dovrà avere articolazione pluriennale (30,40,50 anni) sviluppandosi però in tranche che abbiano continuità nel tempo
b)                 ha bisogno di procedure e disposizioni tecniche ed amministrative semplificate
c)                  dovrà stabilire che le opere di antisismicità sono obbligatorie non solo per le nuove costruzioni ma anche per interventi su vecchi edifici quando si dà corso sugli stessi a lavori di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria
d)                 deve implicare una attenta vigilanza/controllo tecnico affinché siano osservate scrupolosamente da tutti gli operatori tutte le disposizioni al riguardo
e)                  deve prevedere interventi agevolativi, vuoi fiscali, vuoi contributivi, a favore dei cittadini che daranno corso alle opere di consolidamento statico
            Il piano nazionale tornerebbe utile anche per il sostegno che esso darebbe all'economia, in particolare al settore edilizio e suo indotto.

SICUREZZA SISMICA DEGLI EDIFICI NEL FRIULI VENEZIA GIULIA

            Nelle zone terremotate del Friuli le riparazioni degli edifici danneggiati dal sisma avvenute con i benefici della L.R. 30/1977 hanno contemplato anche il consolidamento statico (opere A).
             È fermamente auspicabile che ciò avvenga pure nelle zone dell'Italia Centrale colpite dal sisma nel 2016.
            A tal fine può tornare utile l'utilizzo, per quanto possibile, delle tecnologie, anche affinandole ulteriormente, usate in Friuli.
            Gli interventi di consolidamento statico fatti in Friuli post-sisma non coprono compiutamente tutte le esigenze per cui il Friuli oggi è interessato a tali opere:
a)                 nelle zone classificate a rischio sismico extra area terremotata
b)                 nelle zone già terremotate relativamente agli immobili che non sono stati oggetto di intervento post-sisma ovvero oggetto di intervento di solo ripristino senza consolidamento (L.R. 17/1976).
            La Regione F.V.G., senza attendere il già auspicato piano nazionale di cui sopra, dovrebbe, con mezzi propri, predisporre un proprio piano regionale per le zone suddette, anche esso ad articolazione pluriennale.
            Va ricordato che, su delega statale (art. 3 legge 1 dicembre 1986 n. 879), la Regione F.V.G. ha emanato la l.r. n. 30/1988 che prevede interventi di adeguamento antisismico nei Comuni classificati disastrati dal sisma 1976 ed in quelli a rischio sismico (ex grado S=12).
            Quest'ultima esperienza, opportunamente aggiornata, anche sul piano normativo, andrebbe estesa all'intera area ora classificata sismica.

UN COSTRUTTIVO RAPPORTO TRA REGIONE ED UNIVERSITÀ

            Ai fini del consolidamento statico degli immobili tornerebbe utile l'attivazione di apposite ricerche scientifiche, con riguardo all'articolato nostro compendio immobiliare ed in relazione alle diverse intensità del sisma. L'Università di Udine, nata con la legge n. 546/1997 e con compiti istituzionali anche di “servizio” al territorio, potrebbe essere investita del problema, tenuto pure conto che essa, negli anni passati, ha avuto una forte attenzione per i temi della sismicità. Tali ricerche potrebbero poi tornare utili anche a livello nazionale.

UN NUOVO RAPPORTO REGIONE-AUTONOMIE LOCALI

            La ricostruzione del Friuli ha quale fondamento il rapporto Stato-Regione-Autonomie Locali.
            Tra i tre livelli istituzionali c'è stata positiva collaborazione senza confusione e senza conflittualità, pur in presenza di problemi immani e drammatici.
            Positivo e fruttuoso di risultati è stato il rapporto Regione-Autonomie Locali.
            C'è da chiedersi: se la delega Regione-Autonomie Locali ha funzionato in frangenti straordinari, perché non dovrebbe funzionare in momenti per così dire ordinari?
            Va allora ripensato il “modo d'essere” della Regione che dovrebbe riservare a se stessa le funzioni legislativa, programmatoria, di indirizzo, delegando i compiti gestionali al sistema delle autonomie.
            Ciò è possibile a statuto regionale vigente e quindi senza richiedere revisioni o modifiche statutarie.
            Un siffatto nuovo rapporto Regione-Autonomie Locali, da attuare anche per comparti di materie, gioverebbe alla valorizzazione dell'intero nostro sistema istituzionale.
            Una tale scelta riformista, inoltre, costituirebbe un positivo utilizzo della nostra specialità e potrebbe essere d'esempio per altre Regioni.

LA DIVULGAZIONE DEL MODELLO FRIULI

      Senza addentrarci in disquisizioni sull’applicabilità o meno di questo modello ad altre situazioni   dobbiamo interrogarci perché il ben riuscito Modello Friuli di ricostruzione post sismica non abbia trovato, al di là delle parole, applicazioni nei sismi successivi in Italia e tantomeno all’estero.
      Il fatto che ogni terremoto e ricostruzione abbiano proprie specificità derivanti dalle caratteristiche del territorio, delle comunità che lo abitano, della realtà politica, istituzionale e culturale locale non ci esime dall’esaminare quali nostre carenze abbiano contribuito alla mancata divulgazione ed applicazione del nostro modello e dal individuare le vie per superarle, poichè dobbiamo porci l’obiettivo di farlo conoscere a livello nazionale ed internazionale attraverso i più vari contatti.  A tal fine:
1.                  i vari soggetti che si occupano di terremoto e di ricostruzione (Università, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, OGS, Regione, Municipalità, Associazione dei Consiglieri regionali, Associazione del Comuni terremotati e sindaci della ricostruzione,  Museo Tiere Motus, Centro di Documentazione) devono operare in questa direzione con iniziative coordinate;
2.                  Spente le tante scintillanti luci temporanee del quarantennale, è e sarà il Museo Tiere Motus l’unica realtà ad illuminare costantemente e quotidianamente il terremoto e la ricostruzione del Friuli. Lo farà tanto meglio assieme al Centro di Documentazione sul terremoto e la ricostruzione, che conserva una ricchissima documentazione tra cui tutte le schede di cui alla L.R. 17/1976 di ogni Comune ed è situato nello stesso palazzo Orgnani Martina di Venzone. E’ da queste realtà integrate che bisogna partire per la divulgazione del modello Friuli. In questi mesi il Museo è stato oggetto di diversi interventi come il ripristino della sala multimediale, la creazione del laboratorio didattico e il ripristino del riscaldamento in tutte le sale espositive. A breve la struttura accoglierà l’imponente mole documentaria digitale e cartacea dei progetti degli edifici recuperati ai sensi dell’art.8 della L.R. 30/1977. E’ auspicabile che, anche con la collaborazione dell’Associazione dei Consiglieri regionali, pure la notevole documentazione relativa alla ricostruzione attualmente conservata a Gradisca d’Isonzo venga collocata nel Centro di Documentazione. In tal modo il binomio Museo Tiere Motus e Centro di Documentazione costituirebbe un’importante struttura  di riferimento per la ricerca nelle varie discipline relative al terremoto ed alla ricostruzione. Una struttura dalla quale dare una proiezione nazionale ed internazionale al Modello Friuli di ricostruzione postsismica. Un rafforzamento in tal senso verrà dall’Esercitazione Antisismica Internazionale ( Seismic Emergency Response Management – International Training School) in programma a Portis di Venzone.
3.                  Sta all’intelligenza ed alla volontà degli amministratori regionali sostenere politicamente e finanziariamente questo percorso.

IL VALORE DELLA DEMOCRAZIA NELLA RICOSTRUZIONE

            Nella ricostruzione la Democrazia si è espressa in tutte le forme possibili sin dai comitati di tendopoli per poi incidere in tutte le fasi della rinascita e si è manifestata grazie alla volontà del popolo friulano di decidere, di contare, di scegliere, di controllare, di agire.
            Una Democrazia vera, viva, alimentata dal dibattito: era il tempo delle parole e della parola.  
            La partecipazione è stata favorita e stimolata dal decentramento e dal ruolo affidato alle Amministrazioni locali: ciò ha consentito che tutto fosse sotto gli occhi di tutti.      
            Nell'ambito di questo processo democratico si sviluppò il grande ruolo della politica, dei partiti, delle forme sociali e produttive, della Chiesa friulana: una rete di protezione e di partecipazione sociale capace di ascoltare, di valorizzare le idee, di fare sintesi, di orientare le scelte e le leggi.
            Quell'epoca seppe esprimere la migliore classe dirigente, rivelatasi all'altezza del grande compito cui doveva provvedere come i risultati ottenuti ampiamente dimostrano; una classe dirigente che ha saputo mantenersi ancorata ai valori che la comunità del Friuli esprimeva.
            Ora bisogna ripartire ripristinando partecipazione e democrazia.
            Il sistema attuale basato sulla gerarchia dei capi non ha nulla a che vedere con la sola metodologia che permette di vincere le grandi sfide: il coinvolgimento della gente, che è stato, come è ben noto, elemento cardine della ricostruzione.
            Dobbiamo interrompere lo spopolamento della democrazia.
            È ciò che ci chiede il tempo che ci tocca di vivere.
            Questo è un importante insegnamento, anzi la lezione, del 1976.

RIEPILOGO AZIONI CONCRETE DA COMPIERE

            Quanto esposto nel presente documento presuppone, per concretizzarsi, alcune azioni da compiere.
            La Regione dovrebbe:
1.                  rappresentare allo Stato:
a) la opportunità che esso faccia proprie le parti sostanziali del cosiddetto Modello Friuli e ciò con un provvedimento quadro che valga da riferimento per il futuro nel caso di nuove calamità sismiche in Italia
b) l'esigenza della messa in sicurezza sismica degli immobili nelle zone classificate a rischio sismico, e ciò con un piano pluriennale organico e specifico sulla base delle indicazioni precedentemente date nel presente documento           
2.                  dotarsi di un proprio piano pluriennale per la sicurezza sismica nelle aree ora sismiche per gli immobili non già consolidati a seguito degli interventi post terremoto
3.                  assumere nel tempo iniziative volte a conservare la memoria della nostra esperienza di ricostruzione per trasmettere alle nuove generazioni l'”anima” della ricostruzione stessa
4.                  dar corso al trasferimento di funzioni di gestione, ora in capo a se stessa, al sistema delle autonomie locali con provvedimenti legislativi organici per materia, valorizzando così l'intero sistema istituzionale in Regione.

Associazione Comuni Terremotati e Sindaci della Ricostruzione del Friuli
Associazione Consiglieri Regionali

Maggio 2017
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