"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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giovedì 26 dicembre 2013

Lago. Com'era, com'è, come potrà essere (I)

Il numero 19 di "Tiere furlane", appena uscito, ospita un importante contributo di Franceschino Barazzutti che riscostruisce in modo chiaro le vicende che hanno portato alla attuale situazione del Lago e delinea le prospettive (auspicabili) per il futuro. L'articolo viene riproposto in più parti anche sul Blog poichè rappresenta un contributo informativo utile per tutti, valdelaghini e non.
L'intero numero della rivista è scaricabile all'indirizzo:
http://www.regione.fvg.it/rafvg/export/sites/default/RAFVG/economia-imprese/agricoltura-foreste/tiere-furlane/allegati/TF19.pdf 
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Il lago di Cavazzo...
tra 110 anni sarà interrato: salviamolo

Franceschino Barazzutti

da: Tiere furlane n. 19, pp. 73-82

 [PRIMA PARTE] 

Paradise Lost
Sono nato in tempo utile (1936)  per vedere e vivere il lago di Cavazzo prima che sulla sua riva nord la SADE (Società adriatica di elettricità) costruisse la centrale idroelettrica di Somplago. Il lago e l’ambiente circostante erano un paradiso che mi è rimasto ben impresso nella memoria, anche perché, soprattutto il ramo settentrionale, era il luogo preferito da noi, ragazzi dei paesi rivieraschi, per le scorrerie durante le vacanze estive. Tanto più viva è la memoria di “quel” lago, tanto meno riesco ad accettare l’attuale stato di degrado di “questo” lago.
Era un paradiso: la temperatura delle acque era mite e consentiva di iniziare la balneazione a maggio protraendola fino a metà ottobre; la pescosità era elevata, tanto che le numerose specie ittiche hanno consentito di sfamare gli abitanti della valle fino ad un passato non lontano; il microclima, influenzato dall’omeostasi lacustre, favoriva un’abbondante produzione di
ciliege e fichi che le donne di Interneppo si recavano a vendere (a belançâ) a Tolmezzo e a Gemona;
la musica era offerta dal gracidante concerto delle rane (crots) in amore che si levava dai canneti della riva nord (da cui il nomignolo di Crots appioppato agli abitanti di Somplago); un particolare fascino aveva il mutare del moto ondoso al soffiare della mattutina brezza  di monte, sostituito verso mezzodì dalla calma assoluta in cui i monti circostanti si rispecchiavano sulla liscia superficie, poi infranta nelle ore pomeridiane dal moto ondoso opposto provocato dalla brezza di mare, per ritornare specchio silente nelle ore serali.
Ed era un paradiso anche per l’umanità che sul lago viveva: i pescatori di Somplago con le loro reti,
nasse e barche di particolare foggia e stabilità, costruite da loro stessi, barche che per noi ragazzi erano una tentazione, in particolare quella tutta in legno e leggerissima di Vigji Legnada; i pescatori di Alesso con le loro barche di foggia più snella, veloci, più adatte alla pescal persico reale con la tirlindana.
Un paradiso... perduto!


La centrale idroelettrica  di Somplago

La causa della perdita di quel paradiso ha un nome preciso: centrale idroelettrica di Somplago. Questa, scaricando le acque turbinate direttamente nel lago lo ha sconvolto. Si tratta di una centrale, costruita nei primi anni Cinquanta, alimentata dal sistema di derivazioni, sbarramenti e dighe a monte, concepiti ed attuati – con la complicità del potere romano – dalla sopra nominata Società adriatica di elettricità (SADE) con la stessa logica di rapina senza scrupoli della montagna friulana che provocò la tragedia del Vajont.
La centrale fu costruita in caverna portando scelleratamente a discarica l’enorme quantità di materiale di scavo nel vicino ramo nord-occidentale del lago con lo scopo di risparmiare sul trasporto; il risultato fu la scomparsa della parte più pescosa del lago. All’esterno furono costruiti l’edificio sala-quadri, l’officina e l’ampia sottocentrale di smistamento da cui partono le linee su alti piloni di forte impatto per il paesaggio della la valle. Questi portano altrove quella corrente
elettrica che nelle promesse doveva dare l’agognato sviluppo alla montagna, i cui abitanti, una volta
terminati i lavori di costruzione, si trovarono invece privati delle acque e costretti a fare la valigia ed emigrare.
Dagli anni Cinquanta nella centrale sono in attività tre turbine Francis, ciascuna delle quali turbina 22 mc/sec per totali 66 mc/sec. Un volume enorme di acqua, gelida per il lungo percorso in galleria, e carica di fango in quanto proveniente dai corsi d’acqua montani a carattere torrentizio con notevole trasporto di materiale in sospensione. Un volume enorme che viene scaricato
direttamente nel lago, abbassandone notevolmente la temperatura e riempiendolo via via di fango.
La centrale venne costruita in modo da accogliere, oltre alle attuali tre turbine, ulteriori due, che avrebbero dovuto essere alimentate dalla derivazione del torrente But alla stretta di Noiaris,
convogliandola in galleria al bacino artificiale sulla Vinadia e, quindi, a quello di Verzegnis che carica la centrale di Somplago. Ma il disastro del Vajont pose la parola fine a questo ulteriore progetto.  
[continua]

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