A
70 anni da Nikolajewka: quei 50 soldati che non rividero più il Lago
Anche
dai Comuni della Valle del Lago (Bordano, Cavazzo e Trasaghis) furono
parecchi i soldati che non tornarono dalla guerra in Russia,
un'esperienza tragica che, a settant'anni di distanza, viene
ricordata con l'elemento simbolico dell'ultima battaglia,
Nicolajewka.
I
nomi di quanti rimasero uccisi o dei quali si persero le tracce:
Comune
di Cavazzo
Angeli
Emilio (classe 1922), Angeli Giovanni (1922), Angeli Primo (1921),
Barazzutti Giacinto (1921), Barazzutti Luigi (1922), Bressan Arturo
(1910), Danna Giordano (1920), Goi Albino (1920), Michielli Aurelio
(1909), Michelli Riccardo (1920), Monai Primo (1917), Piccilin
Guerrino (1918), Puppini Lieto (1922), Zanetti Oreste (1920)
Comune
di Bordano
Pavon
Anedi (1912), Piazza Anedi Oliviero (1919), Picco Francesco (1915),
Picco Giuseppe (1922), Picco Libero (1914), Rossi Aristide (1915),
Rossi Arturo (1913), Rossi Elio (1922), Rossi Ettore (1922)
Comune
di Trasaghis
Collavizza
Vittorio (1922), Costantini Francesco (1921), Costantini Pietro
Mario (1920), Cucchiaro Giacomo (1922), De Cecco Fioravante
(1921), De Cecco Libero (1921), De Cecco Mirco (1914), Di Doi Attilio
(1922), Di Doi Giobatta (1915), Di Santolo Adriano (1920), Feregotto
Giuseppe (1914), Feregotto Placido(1914), Franzil Egidio(1912),
Franzil Giacomo (1922),Franzil Gino (1922), Franzil Valentino
(1921), Del Negro Arturo (1922), Michelini Antonio (1914),Picco
Leonardo (1920), Rizzotti Ennio Francesco (1914), Rodaro Giovanni
(1914), Stefanutti Placido (1917), Tomat Elio (1922), Tomat Osvaldo
(1922), Valent Romeo (1922),Venturini Davide (1922), Venuti Giovanni
(1922).
Le
ricostruzioni storiche e le testimonianze dei reduci sono concordi
nel ricordare la situazione relativamente tranquilla stabilitasi
dalla fine di settembre alla metà di dicembre del '42, con
l'acquartieramento nella zona del Don e la predisposizione dei ripari
per l'inverno. Dal 17-19 dicembre i reparti vennero spostati nella
zona di Krinitskaja e Nowo Georgewka, in una serie di duri
combattimenti che si svolsero in condizioni tremende di clima e di
ambiente. Due dei militari di Alesso risultano dispersi già in
questo primo periodo. Ricordava il cavazzino Carlo Angeli: "dal
17 di dicembre nus an spostâts di lì ch'j erin lozâts e puartâts
lì ch'a erin i combatiments, e lì «morti a non finire», zà di
prin che i rus a sfondàssin il front".
Lo stesso Angeli rimase ferito il 30 dicembre, giornata nella quale
perirono altri quattro soldati di Cavazzo: Lieto Puppini, Luigi
Barazzutti, Albino Goi e Primo Monai, tutti sepolti attorno a
Kolubaja Krinitza.
Il
14 gennaio 1943 l'esercito sovietico riuscì a sfondare le linee
tenute da tedeschi e ungheresi, e iniziò l'accerchiamento nella zona
di Rossosch. I reparti italiani ebbero inizialmente l'ordine di
resistere sulla linea del Don (altri soldati risultarono dispersi tra
il 16 e il 17 gennaio).
Dal
pomeriggio del 17 gennaio iniziarono le operazioni di ripiegamento,
in una marcia dura e faticosa, anche a causa dei feriti e dei
congelati che appesantivano i reparti e, soprattutto, della mancanza
di viveri. Pietro Franzil raccontava, sulla base di testimonianze
raccolte a fine guerra: "In
quattro giorni c'è stato un unico cimitero. In poche ore sono morti
parecchi… Chi per il freddo, chi per il gelo, chi per la fame.
Resisteva solo chi era ben vestito e ben equipaggiato … chi era sul
fronte aveva un destino segnato. La gente moriva da sola, rimanevi lì
incandìt."
Un nuovo, duro combattimento ebbe luogo tra il 19 e il 20 gennaio
nella zona di Nowo Postolajewka. Altri attacchi, due giorni dopo,
causarono ulteriori gravi perdite all'VIII Alpini. Quelli che non
caddero furono catturati e la maggior parte di essi perì nei campi
di prigionia sovietici. La maggior parte dei dispersi si ebbe dopo i
combattimenti tra il 21 e il 23 gennaio. Nel ricordo di Germano Del
Negro di Peonis il travaglio della ritirata: "Si
vedevin i rus vignî indavant in patuglia; la dì dopo an tacât in
fuarcis, cui cjars armâts. Jo eri un trei compagns, si sin fermâts
lì di una femina ch'a nus à preparât una carafa di lat, nus à fat
un materas di sflocjs, e vin durmît alì. Tal doman son rivâts i
rus: par furtuna ch'j erin suntun bivio, si sin platâts, butâts tun
canalon e i cjars son tirâts drets. Sin passâts par Podgornoje e
Semei, viers Selenj Jar e Nicolajewka, simprin sot dai bombardaments:
lis cjasis si sbregavn, i cuierts di patus si brusavin… A
Nicolajewka sin rivâts a buinora e, dopo rivât a mangjâ alc, sin
lâts a Gomel. Al ere il prin di fravâr; la dì dopo son rivadis lis
tradotis ch'a nus an cjapâts su".
Dopo
l'ultima battaglia, quella di Nicolajewka, per i superstiti si potè
dare avvio alle operazioni di rimpatrio, a partire dal primo
febbraio.
Per
decine di anni l'esperienza della spedizione italiana in Russia è
rimasta come uno spartiacque doloroso nell'interno di tante famiglie:
pesava soprattutto la mancanza di notizie precise sulla sorte di
tanti soldati.
Negli
ultimi anni, con l'apertura degli archivi sovietici, si è ottenuto
qualche elemento in più. Per quanto riguarda le vicende dei soldati
partiti dalla Val del lago, si è saputo per esempio che Egidio
Franzil, dato per disperso, era morto il 20 gennaio 1943; che Elio
Pietro Tomat era stato catturato prigioniero dalle forze armate
russe, internato nell'ospedale n. 2074 di Piniug, nella regione di
Kirov, e là era deceduto il 22 marzo 1943; che Romeo Valent era
morto nel gulag di Pignuki nel giugno del '43; che Valentino Franzil
era deceduto in prigionia nella zona di Nowo Georgewska il 13 luglio
1943.
I
resti mortali di Primo Monai e Albino Goi, individuati in un cimitero
russo grazie alle ricerche di Onorcaduti, poterono invece essere
riportati in Italia e tumulati a Cavazzo nel 1991.
Per
tutti questi ragazzi, indistintamente, a settanta anni di distanza,
il ricordo e la pietà.
Pieri
Stefanutti