"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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martedì 27 ottobre 2015

Il tempo del silenzio e delle lacrime (III)

L'edizione di Pordenone del Messaggero Veneto ha dedicato un articolo alla triste vicenda di Pier, il bambino di Trasaghis scomparso negli scorsi giorni: l'angolazione è quella ripresa dall'ospedale di Aviano, dove Pier era in cura, e dove, nonostante tutto, c'era attenzione per i suoi interessi e le sue passioni.
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«Il sorriso di Pier ci è rimasto nel cuore»

Il Pordenone calcio gli aveva regalato il pallone con cui giocava al Cro. Vinto dal male che l’ha colpito dopo la perdita del padre
PORDENONE. Un bambino e una montagna. Una spaventosa differenza di proporzioni fra un cucciolo di uomo e una vetta impossibile da scalare.
La storia di Pier Della Pietra, 7 anni, friulano di Trasaghis, in fondo è tutta qua. E’ una di quelle che ti sbattono in faccia una realtà impossibile da accettare.
Un papà perso in un incidente stradale in moto e, subito dopo, le prime difficoltà nell’incedere, i segnali che qualcosa, in quel piccolo corpicino, ha smesso di funzionare.
Una conseguenza del trauma subito per la perdita del genitore, si pensa inizialmente. Invece è una malattia senza scampo al cervello.
Pier comincia il suo calvario fra le strutture sanitarie della Carnia, di Trieste e infine al Cro di Aviano, dove l’angelo dei bambini, il dottor Maurizio Mascarin, e gli operatori dell’area giovani lo adottano, di fatto, provano a portare un po’ del suo peso, a rendergli meno improba la fatica di affrontare un giorno dopo l’altro.
E Pier continua la sua vita, nell’istituto, come ogni altro piccolo paziente, con il coraggio di chi affronta un destino assurdo e una voglia di volare più forte di quelle ali spezzate prima ancora di poter essere spiegate.
Lo va a trovare il Pordenone calcio, a Natale, e gli regala un pallone. E’ il Pordenone di Fabio Rossitto, che in campo, nel girone di ritorno, mette una forza d’animo straordinaria e risale dallo sprofondo di un ultimo posto e di una retrocessione diretta che sembrava inevitabile.
Pier con quel pallone ci gioca, in istituto, tira calci fra i reparti, si ricorda di quella giornata con i calciatori neroverdi e riesce, lui che deve combattere la malattia, a infondere serenità e sorrisi a chi gli sta intorno.
E combatte, soprattutto combatte, sognando un giorno di poterli tirare su un campo verde, quei calci al pallone.
Invece non è un film americano, non è una storia a lieto fine. I miglioramenti che il ragazzino fa registrare nell’ultimo periodo si stemperano improvvisamente in un nuovo tornante e un’altra terribile salita da affrontare. Questa volta, purtroppo, fatale.
Pier ci prova, ma non ce la fa. Si consegna al destino e raggiunge suo papà prima del tempo.
A piangerli restano una mamma straordinaria, Cinzia, il fratello, la sorella, i nonni Doriano e Carla. La forza di una famiglia carnica che è una roccia.
Ma soprattutto rimangono quei calci al pallone del Pordenone, quel tentativo di riscatto, quella contagiosa voglia di non mollare.
La battaglia di Pier non è stata vinta ma tante, purtroppo, ne restano ancora da affrontare. Anche per rispetto di quel sorriso e di quella voglia di vivere del bimbo coraggio che non mollava mai.
(Messaggero Veneto - edizione PN - 26 ottobre 2015)

1 commento:

  1. mi dispiace tanto per questo bimbo...non conosco la mamma...ma posso immaginare quanto dolore si possa avere nel cuore...ma spero che trovi la forza per l altro figlio e che la gente che la conosce non la lasci mai sola...mamma di Pier ...un abbraccio forte forte... a te e al tuo bimbo...ed è vero ...avete due angeli bellissimi che vi proteggeranno sempre...sarete nelle mie preghiere.

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