"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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venerdì 8 maggio 2015

1976 + 39. Le tante sfumature della commozione

Si sono rinnovati, con comprensibile commozione, gli appuntamenti per riflettere sui 39 anni che ci separano dal terremoto del 1976. Nel Comune di Trasaghis c'è stata quella che è stata definita "la prima commemorazione dei paesi terremotati", con la Messa celebrata in mattinata nel cimitero del capoluogo in ricordo delle vittime, richiamate anche nei rintocchi suonati dai campanili di diverse chiese.


Varie le testimonianze apparse sulla stampa e in rete: tra tutte, un ricordo che lega emblematicamente Bordano e Gemona:

«Mia nonna, infermiera all’ospedale e la terribile notte del 6 maggio»


Una storia legata ai difficili giorni del terremoto e al destino di un ospedale, quello di Gemona, che allora salvò tante vite ma che oggi è in pericolo. A parlare di questi temi delicati è una giovane friulana che in una lettera racconta con grande sensibilità la storia di sua nonna, Aldina Picco, nata a Bordano nel 1936. Ecco alcuni brani della lettera.
Risultati immagini per Gemona + ospedale + terremoto«Mia nonna andava al lavoro entusiasta, si presentava in ospedale con l’immancabile rossetto e i suoi vestiti curati, che conserva ancora nell’armadio. Mi indica i mobili della sala e mi dice di averli comprati grazie alle tante notti di lavoro passate in ospedale. Poi si commuove, alza gli occhi umidi al cielo e ringrazia l’ospedale, quasi come fosse una persona. L’ospedale non rappresentava solo una speranza per i malati, ma anche per i lavoratori. Lavoratori come mia nonna che mentre lavoravano avevano il costante pensiero rivolto alla famiglia da sostenere. La sera del 6 maggio 1976 mia nonna era uscita dall’ospedale alle sette di sera. Non era ancora uscita in strada quando un’amica le aveva chiesto di andare in centro, per fare una puntura al suocero malato. Giusto il tempo di andare a casa e di prendere con sé il figlio più piccolo e mia nonna era lì, pronta con i ferri del mestiere. Racconta di essersi seduta alla tavola dell’amica, subito dopo aver fatto la puntura, quando è arrivata la scossa. Mia nonna era rimasta bloccata con le gambe sotto le macerie e mio zio, pregando, l’aveva tirata fuori. 
Risultati immagini per Gemona + ospedale + terremotoL’unico ricordo che ha di quel momento sono state le urla disperate e il silenzio, subito dopo. La paura, la polvere e la morte. Con le gambe lacerate dai tagli era ritornata a casa a piedi. Come molte altre famiglie ricorda l’abbraccio con suo marito e con i suoi figli come l’abbraccio più intenso di sempre. Li credevano morti e invece erano ancora lì, insieme. Il resto era andato perso. Anche la casa, che con tanti sacrifici avevano appena costruito. Per via dei forti dolori alle gambe, pochi giorni dopo, decise di avviarsi verso l’ospedale. Non si rendeva ancora veramente conto di quanto Gemona fosse cambiata e cita inconsciamente Prevert quando racconta il momento in cui ha visto per la prima volta l’ospedale distrutto: “Mi sono presa la testa fra le mani e ho pianto”. Con l’ermetismo tipico dei friulani, che esprimono in poche parole mille emozioni, aggiunge: “Ho capito che avevamo perso tutto”. C’era bisogno di recuperare i vestiti dei malati, i documenti degli archivi e la dotazione che poteva essere ancora salvata. Mia nonna è stata tra le poche donne che hanno rischiato la propria vita, entrando nell’ospedale pericolante, in una Gemona che ancora tremava insieme ai suoi abitanti. Quando le chiedo di descrivermi l’interno dell’ospedale distrutto risponde con una semplice parola: “polvere”. Con le gambe ancora piene di lividi e le scarpe da ginnastica distrutte si muoveva tra i muri caduti dell’ospedale. In mezzo a quelle macerie c’era anche la speranze di tutte quelle donne e forse, è stata la perdita peggiore». «Ricordo il ringraziamento ufficiale che i friulani hanno fatto a tutti coloro che li hanno aiutati durante una delle pagine più difficili della loro storia: “Il Friûl us ringrazie e al no dismentê”. Un semplice ringraziamento che porta tutti noi a riflettere sull' animo dei friulani. I friulani ricordano tutto ciò che viene donato loro, ma anche ciò che a loro viene tolto. Il Friul al no dismentê».
(Messaggero Veneto, 6 maggio 2015)

1 commento:

  1. Ognuno di noi ormai cinquantenni ha il suo personale ricordo della notte del 6 maggio 76 ..e dei giorni precedenti e successivi a questa data ,data che ha fatto da anno Zero per il Friuli .."Prima e dopo" ..Il ricordo di quella distruzione e il ritrovarsi tra amici ,e magari sapere che qualcuno era morto ,cementava in noi allora ventenni la voglia di andare avanti e di ricominciare ..perché come dice il proverbio "Tutto è possibile fuorché la morte". Infatti dopo quasi quarant'anni tutto è ricostruito e sembra impossibile che tutto "il prima" sia stato distrutto dalla violenza della terra.. Ricordiamolo ogni tanto ai giovani, Leggendo il ricordo e le "avventure " raccontate della "compaesana" Picco Aldine Guardiaboschi riguardo a quei periodi ,si capisce la tempra e la forza delle popolazioni terremotate contro le avversità e le disgrazie della vita..Io faccio parte con i vecchi amici della zona ,eravamo tutti terremotati ,e questo ci aveva maggiormente uniti , di radio Alto Friuli di Bordano ,radio nata tra le baracche e ora vi spiego dove voglio arrivare ...Questa radio ha dato voce al comitato che 1980 si batteva per la ricostruzione dell'ospedale di Gemona,ricordo ancora il dott De Clauser ,il maesto Del Fabbro,il sig. Cargnelutti e tutti gli altri , che tramite la radio hanno organizzato le manifestazioni pro ospedale ..che per la regione non doveva essere ricostruito .". Non so il perché ,ma ogni volta si cerca di chiudere questo ospedale".. Ma nel 76 ,come racconta Aldina c'era poco tempo per piangere ,bisognava agire e darsi da fare per il futuro ,che era "pieno d'incognite" ..e settembre lo ha dimostrato.. Ci è andata bene , siamo riusciti a ricostruire tutto, l'unico rammarico , tante case sono chiuse ,ma la gente invecchia e muore... Questa è stata una divagazione sugli eventi del 6 maggio ,inutile raccontare la propria storia ,quando il racconto di Aldine ,racchiude e descrive i fatti e le speranze dei friulani del prima e specialmente del dopo il terremoto del 6 maggio 76 ..Forse senza la voglia di lottare e di ricostruire ,il famoso "Mal dal madon"...anche il Friuli sarebbe ricordato in qualche ballata ,com'è capitato al Belice " Baracche ,baracche ,baracche.." Ma il "fasin di bessoi " ha funzionato e ora lottiamo per l'ospedale. . Un grazie ad Aldine per la sua testimonianza sulla tempra delle donne friulane nelle avversità e su quei periodi che richiedevano parole poche ,ma tanti fatti Mandi

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