L’Ancone de Braide: stralci di una piccola storia di campagna
Maine, incone, ancone: termini impossibili da non conoscere e da non prendere in
considerazione per chi ha fatto della vita nei campi e nei fondi le proprie
radici e il fondamento della propria esistenza; dunque un presupposto non
proprio combaciante con la società attuale, nemmeno in quei contesti che una
volta invece si ritrovavano in questa descrizione. Eppure e per fortuna questi
piccoli manufatti del passato, troppo grandi per essere definiti semplici
oggetti ma troppo piccoli per essere edifici, ancora punteggiano le campagne
friulane e gli antichi passaggi sui versanti delle montagne. In italiano li
troviamo anche come ancone, anche se di solito in riferimento alle controparti
che vengono collocate nelle chiese, ma possiamo anche definirli come altarini o
icone, nome che è anche il più simile al termine greco (“eicona”, ossia “immagine sacra”), poi passato al latino, da cui
deriva il nostro ancone, che è quello
che ci interessa. Se non dovesse essere ancora chiaro, queste piccolissime
costruzioni erano frutto della religiosità dei nostri antenati, realizzate
massimamente fino al secolo scorso (anche se ci sono alcuni rari casi del nuovo
millennio), ma trovavano anche un’utilità pratica per coloro che si dovevano
spostare per monti e valli e che riconoscevano in essi dei validi punti di
riferimento, quasi come dei cartelli stradali. Paragone azzeccato se pensiamo
anche che spesso si trovano non solo lungo sentieri o strade ma anche presso
incroci. Inoltre potevano anche essere punto di sosta durante le rogazioni, che
in pianura così come in ambienti montani e pedemontani per secoli hanno visto
il succedersi di processioni, litanie, speranze invocate. Il Nuovo Pirona così
le descrive: “Tabernacoletto, cappelletta
aperta da un lato, o pilastro con un’immagine sacra, in nicchia, costruiti ai
crocicchi delle strade, specialmente in campagna, per devozione o per riparo
dei viandanti”. Il mito poi attribuisce l’erezione delle più antiche anconis su siti già occupati da
tempietti pagani longobardi.
Anche il territorio di Bordano e Interneppo c’ha la sua
bella collezione di anconette, o meglio, c’aveva, prima cioè che buona parte di
esse andasse danneggiata o persa col terremoto del ’76 ma anche per semplice
incuria nel corso dei decenni. Fortunatamente la memoria, mai del tutto
svanita, ha permesso di fissare immagini e ricordi e di recuperare vecchi
scatti anche in bianco e nero; gli studi sulla toponomastica hanno poi fatto il
resto. Abbiamo insomma i mezzi per sapere dove si trovavano anche quelle
scomparse. Come capita non proprio di rado dopo degli stravolgimenti, tanto più
se dirompenti come i terremoti, ma anche per cause meno violente, alcuni
elementi, in questo caso le ancone, solo apparentemente sembrano perduti, mentre
invece hanno semplicemente cambiato ubicazione, scenario. Ma dopo questo non si
potrebbe pensare a una falsificazione della storia? Beh, a tal riguardo io sono
molto generoso in quanto reputo lo stesso spostamento parte della storia, e la
storia non può essere mai falsa. È un po’ come quando ricostruiscono con nuovi
materiali ma nelle stesse forme un edificio, solo che in questo caso è il
contrario: l’anconetta è esattamente la stessa, ma se chiedessimo ad un
antenato di altre epoche di andarla a cercare non la troverebbe nel luogo in
cui era abituato a vederla. Mi sento dunque di tracciare un piccolo identikit
storico-geografico proprio di un’anconetta di inizio ‘900 che ha trovato nuova
casa, raccogliendo l’invito lanciato ormai nel lontano aprile 1986 sulla
relativa uscita del periodico “Monte San Simeone” e col quale si stimolavano i
lettori a fornire informazioni su questi piccoli templi della semplicità
contadina. Parlo dell’Ancone de Braide.
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L’anconetta
della Madonna col Bambino oggi, o meglio, in una mia foto del 2009. Uguale
nelle linee all’originale, nonostante lo spostamento, con ancora dei
bassorilievi molto lievi dai quali però si riesce a leggere “MCMIII”.
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Oggi per chi si dirige da Bordano verso Pioverno è praticamente impossibile non
notarla se si passa a piedi, ammenoché non si sia particolarmente di fretta; la
sua posizione infatti cattura facilmente l’attenzione. Fa infatti bella mostra
di sé, incastonata in un grazioso muretto di ciottoli, all’angolo tra Via
Divisione Ariete e Via Pioverno, nell’estremità orientale dell’abitato di
Bordano. Rientra nell’elenco di nove anconette le cui foto sono state riportate
dall’articoletto della già citata uscita del periodico locale. Due di queste posseggono
una nicchia che termina con un arco a sesto acuto, una di esse è la nostra.
Pochissimi i blocchi di cui è composta: uno alla base, due per lato (quelli
superiori naturalmente sono curvati) uno a rappresentare l’altare e in cui è
incisa la data della sua creazione, l’ultima a noi nota perlomeno (1903), e
infine quello in cui è stata scolpita molto grezzamente la Madonna col Bambino.
Eppure è proprio l’essenzialità e la semplicità di queste testimonianze che le
rende un elemento così armonioso e caratteristico degli agri e dei sentieri dei
nostri vecchi paesi. L’ubicazione attuale secondo me non solo valorizza il
piccolo manufatto, in quanto incorniciato da altri elementi lapidei e quindi
materialmente in sintonia, ma contribuisce a ricordarci quel significato che un
tempo era tanto prezioso, ossia quello di punto indicatore, trovandosi quasi in
atteggiamento di saluto per coloro che stanno lasciando il paese per muoversi
verso est.
Abbiamo però detto che lì ci finì in tempi relativamente
recenti. Mio padre Oscar Rossi infatti mi ha svelato che la stessa in origine
fu collocata in una braida di proprietà della famiglia di Giuseppe Colomba Bresse (1858-1931) e di Luigia Colomba Sualdut (1859-1939), genitori di Antonio
Giacomo (1889-1921), a sua volta nonno materno di mio padre, per poi finire nella posizione attuale dopo il terremoto, a causa della vendita del terreno nel 1983 da parte della madre di mio padre, Vilma Colomba (1920-2014), e della madre di quest'ultima, Maria Picco Briscjo (1890-1985), essendo all'epoca di loro proprietà. Proprio lì fu quindi edificata un'abitazione.
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Cartina
topografica relativa alla conformazione del paese e della sua campagna prima
del 1976. Il numero 11 sono le Braides,
l’8 è il Pradón; il cerchio rosso
indica la posizione della Braide d’Ancone
e quindi dell’anconetta prima del terremoto, all’epoca ancora nel cuore della
campagna, mentre quello blu è la posizione attuale, tra il Pradón e il Naréit,
quest’ultimo macrotoponimo che identifica tutta la parte settentrionale della
piana di Bordano. (foto ricavata dal libro di Costantini, vedi fonti)
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Ma non fu un’operazione isolata, anzi praticamente
tutto il settore orientale di Bordano (vale a dire l’area grossomodo delimitata
da Viale Udine e dalle Vie Canada, Divisione Ariete, Pioverno e Venzone), oggi caratterizzato
in particolare da singole villette, oltre che dalla fondamentale presenza della
Casa delle Farfalle, e che una volta era parte consistente della tavella del
paese, interrotta qua e là solo da qualche edificio isolato, si trovò dopo il
sisma ad essere occupato dalla baraccopoli per i terremotati in un primo
momento (a est dell’attuale Via Campo Sportivo in quanto era la parte più
sgombra) e poi, quando la ricostruzione fisica e sociale del paese stava ormai
trasformando per sempre il volto di Bordano, dal quartiere odierno, che ha
spostato di circa 250 metri il confine urbano verso le grave del Tagliamento.
Anche se in questo articolo non ci interessa nello specifico l’evoluzione della
campagna a est di Bordano né tantomeno la formazione di questo nuovo ed esteso
quartiere (esteso relativamente alle dimensioni assai esigue di un villaggio
come Bordano ovviamente), è utile adesso dare un’occhiata alla precisa località
che trovava nell’anconetta in questione il suo simbolo, in quanto solo così si
può capire come fosse differente il contesto delle precedente ubicazione da
quello attuale.
Foto
non datata ma evidentemente scattata negli anni ’80, in quanto il paese è già
ricostruito ma c’è ancora il quartiere di casette post-terremoto. La strada
quasi perpendicolare al centro è Via Campo Sportivo, parte della vecchia Strade dal Pasc, e la prima casa in
basso al centro e sulla sinistra della strada è proprio quella che fu edificata
al posto della Braide d’Ancone. (foto
ricavata dal libro di Costantini, vedi fonti)
Restringiamo il campo: la parte più esterna di questo quartiere,
ossia i terreni a cavallo di Via Divisione Ariete e Via Canada, solo in parte
urbanizzata ed anzi frammentata ancora in vari appezzamenti di boscaglia, di
prati o di piccoli coltivi, è detta Braides
(letteralmente “Braide”, che normalmente nel friulano standard sta a
significare piccoli poderi recitanti, mentre a Bordano indica piuttosto campi e
prati esterni all’abitato e dunque anche di una certa estensione), confinante a
est con la Roe e con il Pradón, un’altra località agricola
ancor’oggi e subito a sud-est del punto in cui si trova l’anconetta. “Braide”,
essendo plurale, in realtà è un collettivo e quindi indica in vero non una
singola località ma un insieme che genericamente può essere così denominato.
Sappiamo infatti che la micro toponomastica agreste ha raggiunto livelli di
precisione e puntigliosità notevoli se pensiamo che un tempo praticamente ogni
campo, ogni terreno aveva il suo nome, poi tramandato o sostituito o proprio
persosi nel tempo e nei carteggi. Uno di questi fondi in Braides (o Braidies, nel
gergo bordanese locale) era la Braide
d’Ancone; ed ecco dunque il palese riferimento alla nostra icona sacra. Il
nostro appezzamento, come abbiamo detto, fu occupato pochi decenni fa da un
fabbricato, oggi posto nell’ultimo tratto di Via Campo Sportivo, quasi
all’angolo con Via Canada e quindi a due passi dalla Casa delle Farfalle. Il
muro di cinta attuale corre su quello che una volta includeva l’anconetta.
Via Campo Sportivo, chiamata banalmente così in quanto
conduce al campo da calcio della locale squadra del Bordano, altro non è che il
primo tratto del ramo occidentale della romana Iulia Augusta una volta passato
il Tagliamento a Ospedaletto. Anche se questa è tutta un’altra storia, in un
certo senso valorizza l’esistenza dell’Ancone
de Braide, in quanto, anche se in epoche del tutto diverse da quelle dei
cesari, fu uno dei punti di riferimento lungo questa erede della citata
fondamentale arteria dell’antichità in territorio friulano, a riprova di come
queste piccole costruzioni non fossero collocate a caso ma in passaggi ben
precisi. Dando un’occhiata al Catasto Austriaco del 1843, si noterà come la
strada fosse denominata “Strada Comunale di Mezzo la Campagna” e che partiva da
Plaçute, come la strada per Pioverno,
e che quindi coincidesse con la prima parte della nostra Via Roma, oltre che appunto
a buona parte di Via Campo Sportivo. Dico “buona parte” perché in effetti a un
certo punto nella carta ottocentesca la strada vera e propria termina, anche se
dei segni tratteggiati che continuano fino al Tagliamento (il cui alveo
all’epoca era molto più prossimo al paese, arrivando a distare circa 150 metri
dall’attuale campo sportivo verso il paese) fanno intendere che comunque un
sentiero, forse reimpostato proprio sulla vecchia Iulia Augusta, doveva sempre
esistere. In cartine più recenti, ma pre-terremoto, si intuisce l’intero
percorso attuale con tanto di campo sportivo già aperto. Tornando alla
denominazione di metà Ottocento, il termine “Campagna” ci ricorda che già a sud
di Plaçute all’epoca il paese era sostanzialmente
finito e che tutto quello che avremmo osservato fino alle grave del Tagliamento
era una grande campagna attraversata proprio dalla strada su cui si affacciava
l’anconetta. Ma il nome italiano sicuramente non era quello di uso popolare,
che invece doveva essere Strade dal Pasc,
come registrato dal Costantini. Il Pasc
era una porzione della piana adibita a pascolo e che includeva anche il sito
del municipio di oggi; proprio da qui la strada conduceva alle Braides. Insomma una grande distesa
verde al cui centro spiccava la nostra anconetta. Braides in cui certamente si coltivava, mentre oggi la stessa zona
è un mosaico di prati, giardini privati, piccole strisce a granoturco, qualche
frutteto e tanta, troppa sterpaglia e giovani alberi.
Mappa
con segnato il tracciato del ramo della Iulia Augusta che passava il
Tagliamento, tagliava in due la piana di Bordano e poi continuava alle pendici
del San Simeone, del Festa per poi arrivare in Carnia ed entrare in Austria
attraverso il Passo di Monte Croce Carnico. Come potete notare, la
sovrapposizione con la Strade dal Pasc
è praticamente assoluta. (foto ricavata dal libro curato dalla SFF, vedi fonti)
Un’osservazione che mi permetto di fare è la seguente. Con
l’abitudine assai diffusa di denominare un terreno, soprattutto se in piano,
con un nome proprio di persona, risulta interessante notare come invece in
questo caso ad essere protagonista del toponimo sia proprio un’anconetta, una
delle tante dopotutto; per esempio nell’elenco della toponomastica del
Costantini su Bordano questo è l’unico riferimento toponimico circa le braide
che non deriva da nome o soprannome. A maggior ragione, se proprio questa
ancona e non un'altra ha lasciato l’impronta nel nome di una parte di campagna,
è da considerarsi forse più importante di altre, almeno quando si trovava nella
posizione originaria. Ma se questa Strade
dal Pasc, oggi in parte Via Campo Sportivo, sostanzialmente ricalca la
vecchia strada romana, e se queste anconette da sempre le avremmo trovate
presso passaggi viari, anche e soprattutto di una certa rilevanza come questo,
allora è possibile ed anzi probabile (sempre secondo me) che questa del 1903
non sia altro che l’ultima di una serie di icone, capitelli, tabernacoli e
magari piccoli tempietti, come al tempo dei Longobardi, che nei secoli e nei
millenni hanno ricordato ai viaggiatori la retta via. Certo, negli ultimi
capitoli di storia bordanese sappiamo che in questo punto non si guadava il
Tagliamento, in quanto già c’era l’attracco con le barche a Braulins (poi il
ponte) e a Lassù da Roste, nella
parte nord della piana di Bordano (vedi articolo apposito), ma è bello pensare
che almeno in antichità qui, proprio qui al centro della nostra piana, un
piccolo manufatto, con la sua non appariscenza, abbia quasi finto di ergersi a
mo’ di erede di qualche ipotetico e più solenne sacello.
Enrico Rossi
Fonti principali:
Libro "Bordan e Tarnep:
nons di lûc", Enos Costantini, 1987
Libro “Bordan e Tarnep: nons di int”, Velia Stefanutti, 1988
Libro "Val dal Lâc", a
cura della Società Filologica Friulana, 1987
Periodico "Monte San
Simeone", aprile 1986
Testimonianze orali di Oscar
Rossi