Alcuni punti fermi su quel che lega Peonis e la fine di Bottecchia
(e un chiedersi perché le fantasie abbiano maggior presa della pur banale realtà)
Oggi, 15 giugno, viene ricordato l'88° anniversario della morte di Ottavio Bottecchia, il primo ciclista italiano capace di vincere il Tour de France (nel 1924, bissando l'impresa l'anno successivo).
Sulla morte di Ottavio Bottecchia si sono diffuse negli anni tante voci (incidente, malore, aggressione per futili motivi, aggressione politica, vendetta della malavita…), di fronte alle quali risulta arduo e difficoltoso rintracciare un filo coerente, privo di contraddizioni.
Nel tentativo di delineare qualche elemento capace di contribuire alla definizione del caso, per anni ho cercato di raccogliere informazioni, notizie, testimonianze. Oltre ad aggiornare la documentazione bibliografica sono andato alla ricerca degli ultimi testimoni diretti dell'episodio, trovando, tra Peonis e Gemona, alcune persone che potevano ricordare di aver visto "qualcosa", in quelle concitate giornate del giugno 1927: ne è emerso il quadro, abbastanza nuovo, delle "operazioni di soccorso" seguite da un discreto numero di persone, della presenza, accanto ai soccorritori ricordati in tante ricostruzioni, di uomini, donne e - soprattutto - bambini che hanno seguito lo svolgersi dei fatti, annotato l'accaduto, parlato e discusso nelle ore e nei giorni immediatamente successivi. E’ stato importante quindi scoprire come le fasi del soccorso a Bottecchia ferito, proprio quelle che la stampa e la memorialistica hanno tramandato come un esempio di solitudine, circoscritto a poche delimitate persone (i due soccorritori, la levatrice - infermiera, il carrettiere) sia stato in realtà un episodio dai contorni assai più vasti, quasi corali: un incidente partecipato, seguito dalla curiosità della gente e da una sorta di coinvolgimento collettivo, dapprima determinato dall'eccezionalità dell'evento, poi dallo scoprire le caratteristiche del personaggio coinvolto.
E' seguita poi la delicata fase del raffronto delle diverse ipotesi, l'analisi delle versioni, la ricerca dei punti caratterizzanti da approfondire e verificare, l'accertamento relativo alla "primogenitura" dell'avanzamento delle ipotesi e il lavoro di confronto sulle diverse versioni, individuando, talvolta, il sorgere di evidenti travisamenti e la proposta di elementi non fondati su un'analisi obiettiva delle fonti.
Il risultato? Un articolo pubblicato con risalto sul Messaggero Veneto del 13 giugno 2000 e, soprattutto,
il libro "Ottavio Bottecchia, quel mattino a Peonis", edito dal Comune di Trasaghis ed uscito nel 2005.
Quali gli elementi di maggiore novità emersi nel percorso di ricerca? Sono parecchi.
Prima di Peonis. Nel suo allenamento solitario, la mattina del 3 giugno 1927, Bottecchia arrivò a Cornino, e fece una sosta all'osteria di "Zuan dal Niti" (ora "Ristorante Ai Glicini"). Qui consumò una bevanda (secondo don Marcuzzi, che raccolse la testimonianza dei gestori dell'epoca, si trattò di una birra fredda), probabilmente causa concomitante del successivo malore. E' importante sottolineare che quel giorno non ci fu alcuna rissa o colluttazione né all'osteria né nelle immediate vicinanze: il presunto riferimento alla testimonianza del parroco dell'epoca, don Nigris, pubblicata nel 1973 sul Bollettino Parrocchiale di Peonis, cui fanno riferimento vari ricercatori, non ha in realtà fondamento. Don Marcuzzi ha infatti più volte precisato in seguito che in realtà le notizie fornite da don Nigris sono state differenti e che una mancata revisione delle bozze prima della stampa del Bollettino e quindi l’uscita con diversi tagli, errori di forma e contenuto ha impedito la corretta trasposizione del pensiero del vecchio sacerdote. Don Nigris aveva raccolto sì la voce di una colluttazione avuta da Bottecchia con dei fascisti, ma il fatto non avrebbe avuto alcuna relazione con le ultime ore del campione, essendo accaduto settimane, se non mesi, prima, in un periodo quindi anteriore al 3 giugno; d’altronde questo episodio non dovette essere particolarmente significativo, se il campione continuò a seguire quell'itinerario nei suoi allenamenti.
L'ipotesi "contadino". La versione dell'aggressione da parte di un contadino cominciò a diffondersi, parecchio tempo dopo la morte di Bottecchia, trovando un rilevante spazio sulla stampa. Alcuni anziani di Peonis ricordano che la "leggenda" dell'aggressione da parte di un contadino nacque dalla presunta auto-confessione rilasciata sul letto di morte da un vecchio emigrante, ormai in preda al delirio ("al 'zavariava", vaneggiava): un'auto-attribuzione oltretutto inverosimile, poiché l'uomo, nel 1927, quando Bottecchia morì, lavorava in Francia ed era quindi materialmente impossibile potesse essere stato in qualche modo coinvolto nell'episodio e tanto meno avesse potuto averne responsabilità. Del resto - aggiungono gli anziani di Peonis - l'uomo non aveva alcuna proprietà nei pressi della strada per Cornino dove trovarsi a lavorare o a "difendere" i prodotti agricoli.
L'ipotesi dell'aggressione politica. La tesi dell'assassinio di Bottecchia per motivi politici circolò all'estero negli anni '30 negli ambienti del fuoriuscitismo antifascista e riemerse negli anni '70. Un'aggressione per motivi politici trova però difficile spiegazione a causa della complessa personalità di Bottecchia. Chi può dire infatti quale potesse essere il credo politico del campione? Sembra che egli sia stato infatti iscritto al PSI, poi, probabilmente nel periodo francese, vicino alle frange anarchiche. Di Bottecchia si parla anche di una iscrizione ad una loggia massonica e, infine, dell'iscrizione al Partito Nazionale Fascista, in quel di Vittorio Veneto, avvenuta il 30 luglio 1923. Pare insomma di poter dire che Bottecchia, politicamente, sia stato tutto e il contrario di tutto, così da far ritenere improbabile l’ipotesi di un’aggressione per motivi politici.
L'ipotesi "malavita". Altrettanto fumosa e improbabile appare l'ipotesi del "killer sardo" impegnato addirittura a liquidare i due fratelli Bottecchia, senza contare che dubbia e indimostrata rimane la stessa esistenza fisica del sardo citato, Berto Olinas.
Il diario ospedaliero: una rilettura. Per giungere a delle conclusioni, si sono cercati elementi per un'analisi del "diario ospedaliero" che attesta le condizioni di Bottecchia all'ingresso in ospedale.
Questi dati sembrano escludere la tesi di una colluttazione, di un pestaggio: le ferite sono localizzate tutte sulla parte destra del corpo, elemento inconciliabile con l'ipotesi di un'aggressione che avrebbe visto una reazione, anche solo istintiva, della vittima ed una conseguente "polidirezionalità" delle contusioni, dei colpi, delle ecchimosi. Per cercare di giungere a una qualche risultanza, anche alla luce delle valutazioni attuali della scienza medica, sono stati consultati, in maniera distinta, tre medici legali, ai quali è stato chiesto di “commentare” il diario ospedaliero.
Tutti, analizzando i dati, hanno escluso l'eventualità che le lesioni siano conseguenti ad una colluttazione, riconducendo la causa di morte alle lesioni cerebrali correlate al trauma conseguente alla caduta.
Nessun giallo, dunque: probabilmente in conseguenza ad un malore, Bottecchia ebbe una rovinosa caduta per essere stato violentemente disarcionato all'atto di sganciare i puntapiedi dei pedali.
Il libro uscito nel 2005 è stato accolto con interesse e attenzione: Lucia Burello, per esempio, sul 'Messaggero Veneto' ha scritto che "
Non è più un giallo la misteriosa fine di Ottavio Bottecchia" e Claudio Gregori sulla 'Gazzetta dello Sport' ha espresso l'opinione che ora "
Il mistero è svelato".
A dieci anni dall'uscita del libro tocca constatare però come le voci fantasiose non si siano affatto sopite, basti citare l'articolo sul "Corriere della sera" del 2 giugno 2013 dove veniva descritta la caduta di Bottecchia in termini palesemente errati ("
Lo trovano riverso in un canale tra Peonis e Trasaghis, qualcuno lo ha colpito alla testa e lo ha lasciato lì, portando via la bicicletta per inscenare un furto ")… o del pullulare su Internet di fantasiose ricostruzioni dove si ribadisce che il campione sarebbe stato aggredito per aver rubato dell'uva (in giugno!).
Tocca interrogarsi allora su
quali siano e quali possano essere le vie migliori per fare arrivare al grande pubblico il senso e le conclusioni di ricerche laboriose condotte sul campo, dal momento che nemmeno parecchie segnalazioni inviate ai giornali dal Comune di Trasaghis per segnalare la palese approssimazione di alcuni articoli usciti non hanno avuto esito alcuno.
Sarà magari logico che, come ha scritto Bruno Roghi, "
Una morte per incidente stupido pareva troppo mediocre e insignificante per essere accettata supinamente dagli ammiratori di Ottavio: una tragica sventura si addiceva meglio a quel cavaliere di grandi avventure ch’era stato", ma sicuramente non è più possibile accettare passivamente versioni palesemente inventate. La voce della aggressione per futili motivi, infatti, ha avuto una rilevante diffusione a livello di "immaginario collettivo" (da cui l'ingiusta definizione, tante volta sentita, anche in tempi recenti, di "
chei che an copât Bottecchia" riferita agli abitanti della zona). E' il caso invece che
venga dato atto della immediata azione di soccorso avviatasi a Peonis in quel mattino di giugno del 1927.
Pieri Stefanutti