"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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lunedì 16 dicembre 2019

28 ottobre 1917, quando saltò in aria il ponte di Braulins

E' stato presentato prima a Gemona e poi a Ragogna il libro di Marco Pascoli "La battaglia del Gemonese", dove vengono ricostruite in maniera approfondita anche le vicende della Valle del Lago dopo la rotta di Caporetto.

Dalla recensione del MV, la parte dedicata al brillamento del ponte di Braulins  attivato dall'esercito italiano per rallentare l'avanzata degli austroungarici.

Quell’ordine sofferto arrivato nella notte di sacrificare il ponte di Braulins


La sorte del ponte di Braulins venne affidata al colonnello Aurelio Petracchi. Era lui che doveva decidere quando farlo saltare per fermare austriaci e tedeschi, che avevano sfondato le nostre linee a seguito di quell’immensa offensiva che si era concentrata su Caporetto. Gemonese e Val Resia, trovandosi lungo l’asse di minor distanza tra Isonzo e Tagliamento, divennero lo scenario fondamentale in cui i nostri potevano organizzare un’azione di contenimento. Petracchi era lì, dal primo pomeriggio del 28 ottobre 1917, e guardava le migliaia di militari in ritirata e di profughi in fuga, che cercavano la salvezza sull’altra sponda del Tagliamento, da dove scappare poi verso il Veneto.

Non era una decisione facile, anche perché quel ponte era già un simbolo per la gente di tutto il Friuli. Era il ponte più famoso, come ha continuato a esserlo fino ai giorni nostri, grazie alla tradizione e alla villotta che lo celebra e lo canta. Era stato inaugurato un anno prima, dopo una faticosa e costosa costruzione: 17 arcate imponenti, 400 metri di lunghezza provvidenziali nell’unire i territori di Gemona e Trasaghis.

Alla fine il colonnello dovette dare il fatidico ordine. Era la notte del 29 ottobre, illuminata da una fredda luna splendente dopo tante ore di pioggia. Le mine fecero saltare un centinaio di metri un attimo prima che arrivasse il nemico, ma non tutti i soldati italiani riuscirono ad attraversarlo in tempo. C’erano reparti isolati e alcuni tentarono di guadare ugualmente il fiume in piena finendo travolti dalla corrente tumultuosa. (...) 

(Messaggero Veneto, 14 dicembre 2019)






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