Il tasso (Meles meles) in territorio bordanese tra
mito, storie vere e toponomastica
Per quanto concerne l’animale simbolo delle attività
pastorali passate del nostro territorio, la pecora, avevo già scritto qualcosa a
riguardo, e ben prima di me anche Linda Picco. Ma con due monti che stringono
questa nostra pedemontana, il San Simeone e il Naruvint, reclamerebbero un po’
di spazio anche quegli animali che, seppur selvatici, hanno stimolato, con le
loro presenze spesso schive e poco nitide, racconti, alcune volte relativi ed
esperienze vere e proprie, altre volte frutto dell’immaginazione dei nostri
antenati. Si sa infatti che non c’è cultura che non abbia visto nelle anime
della foresta il riflesso di inclinazioni ed emozioni umane, e così come al
lupo (visto che pare sia ormai di nuovo realtà anche nelle montagne della
Provincia) è conferito il ruolo di creatura malvagia e tenebrosa, così attorno
ad altri esseri dei boschi si sono costruite storie talvolta anche bizzarre.
Questa volta vorrei spendere un po’ di parole su uno dei più fugaci: il tasso.
Il più grande tra i Mustelidi e onnivoro come un orso, il
tasso non è in verità un animale raro, sono le sue abitudini a renderlo quasi
inosservabile. Infatti, essendo notturno, comincia ad attivarsi al calar del
sole; inoltre in inverno, anche se alle nostre latitudini gli inverni, poco
rigidi, non lo inducono ad andare in un letargo vero e proprio, può ridurre di
molto le proprie attività. È tuttavia molto territoriale, e per questo le tane
sono utilizzate da una generazione all’altra anche per decenni. Per questo è
quasi certo che i tassi che oggi si aggirano nei boschi attorno a Bordano e
Interneppo siano i discendenti dei protagonisti di racconti e fiabe degli avi.
Dall’aspetto caratteristico, con quelle bande nere che da subito dietro il naso
corrono fino alle orecchie passando per gli occhi, è assolutamente
inconfondibile e la sua stessa fisionomia curva e tozza non scatena fantasie di
timore o ansie; al contrario lo rendono un simpatico abitante dei boschi, associabile
per esempio alla volpe come dimensioni e innocenza per l’uomo, sempre se non
eccessivamente disturbato ovviamente. Infatti è proprio la volpe il compagno di
merende del tasso in almeno una leggenda legata a questa terra. Ma i nostri
antenati, anche se non potevano accedere alle moderne conoscenze in ambito di
biologia ed ecologia animale, ancora una volta ci avevano visto giusto, perché
l’accoppiata tasso-volpe per essere approdata al racconto deve essere partita
dalla realtà. Oggi infatti sappiamo bene che il tasso e la volpe possono essere
coinquilini della stessa tana, instaurando una specie di commensalismo: il
tasso pulisce la tana e la volpe, anche se senza volerlo, fornisce cibo al
tasso nel momento in cui trasporta fino fuori la tana avanzi di cibo. Capita
però che il tasso (e proprio per questo non è volentieri predato neanche dagli
animali che potrebbero di fatto cacciarlo, come lupo e lince) si dimostri molto
aggressivo, al punto da scacciare la volpe e talvolta addirittura ucciderne i
cuccioli.
L’Istituto per la ricerca e la promozione della civiltà
friulana "Achille Tellini" ha sfornato dal 1992, grazie a un lavoro
continuo e incalcolabile, quanto ad insieme di energie e saperi coinvolti, una
serie di libri inerenti ai miti, alle fiabe e alle leggende del Friuli Storico;
ogni volume concerne un territorio. Per sentir parlare del nostro Comune
bisogna andare a pescare “Friuli collinare – III: Il Gemonese”. Ed è proprio in
questa enciclopedia del mito e dell’antica storia narrata che ho trovato ben
tre riferimenti al tasso, in realtà due di essi sono versioni dello stesso
racconto. Il bello è che, nonostante abbiamo detto che quanto a forza bruta è
il tasso a battere la volpe, in tutte tre le storie a finire peggio è proprio
il tasso, in quanto la volpe pare essere sempre e comunque dotata di una più
spiccata intelligenza e furbizia. Partiamo ad esempio dalla più breve delle tre
storielle, raccontata agli studiosi da Norma Picco, di Bordano.
Il tasso era impressionato dalla bella coda della volpe e
glielo fece capire; la volpe allora si offrì di fabbricargliene una. Figurarsi
se il tasso non avrebbe accettato! La volpe quindi andò a raccogliere presso il
mulino della lescje, ossia della Molinia caerulea (una gramigna tipica
dei prati umidi), e ne ricavò una coda finta per il suo amico. Il tasso era al
settimo cielo, ma a un certo punto, essendo nella stagione rigida, si era
accostato a un fuoco per scaldarsi e la coda, fabbricata com’era di erbe
rinsecchite, prese fuoco, lasciando il tasso con la solita piccola e brutta
coda. In questa buffa vicenda, più che la volpe ad aver giocato sporco, fu
palesemente proprio il tasso a non aver brillato di sintiment.
Sempre la signora Norma ha presentato anche una delle due
versioni cui accennavo. Il tutto parte con un tasso e una volpe che, girando
affamati assieme, un giorno decisero di intrufolarsi nottetempo nella casa di
un contadino per cibarsi di quello che avrebbero trovato. La volpe però non si
azzardò a rischiare di essere scoperta direttamente sul posto, e pensò bene di
scagliare all’aperto il formaggio che aveva adocchiato per mangiarselo in tutta
sicurezza e in caso scappare velocemente all’arrivo del padrone di casa. Il
tasso invece, troppo intento a godersi spensieratamente la sua parte di
formaggio, non si curò di uscire e rimase nella stanza. Il contadino però,
sentiti rumori sospetti, si precipitò di sotto e lo colse nell’atto di
rosicchiare le provviste. Infuriato per la cosa, l’uomo gliele diede di santa
ragione sbattendo infine l’incauto animale fuori di casa. Una volta ripresosi
dalla batosta, il tasso vide la volpe che si stava rotolando nell’erba e le
chiese come mai facesse così; la volpe rispose che aveva male. Il tasso, forse
preso dalla compassione, decise di caricarsela sulla schiena e in quel modo
tornarono assieme nel bosco. La volpe però, mentre veniva trasportata,
canticchiava “Darandandan, il malato porta il sano!”. Il tasso chiese allora
spiegazione di ciò che diceva, ma la volpe si limitò a dire che stava delirando,
continuando imperterrita a farsi portare come un peso morto. Non servono
ulteriori precisazioni per capire che al tasso, oltre al danno delle percosse
inflittegli dal contadino, era arrivata anche la beffa di venire raggirato
dalla sua stessa compagna di scorpacciate. In genere nelle leggende c’è il
sapore del sogno, perché le vicende sembrano svolgersi senza coordinate
spazio-temporali precise, al massimo si può intuire qualcosa. Ad esempio,
parlando di un mulino nel primo racconto, si può pensare a uno dei mulini della
Roggia dei Molini (la Roe) nella
piana di Bordano: avrebbe potuto trattarsi di quello di Gjelmo o di quello di Rico.
La volpe e il tasso non compaiono solo nei miti locali
ma anche nella cultura televisiva, come nel caso del cartone animato “Le avventure
del piccolo bosco”, andato in onda dal 1993 al 1995 e in un primo tempo
conosciuto in Italia proprio col nome di “Volpe, Tasso e compagnia”. In questo
caso il ruolo del tasso è quello di sapiente del gruppo e di saggio consigliere
della volpe: un’immagine dunque diversa da quella che troviamo nella leggenda
bordanese. (fonte:
https://www.ivid.it/foto/programma/1992/la-volpe-il-tasso-e-compagnia/scena-67562.html)
Ma nella versione più lunga e completa della seconda storia
un preciso riferimento spaziale c’è. Questa seconda versione è stata raccontata
da Arduino Candolini, di Interneppo. L’abitazione del contadino in questo caso
infatti è identificata come uno stavolo sul Monte Festa, precisamente sotto Frassele, che sarebbe, come i locali ben
sapranno, la sella che congiunge la cima del Festa con quella del San Simeone.
Il “nonno vecchio”, così come viene
descritto il proprietario, viveva lassù con mucche, pecore, capre e galline, e
tutto solo ricavava dal suo lavoro formaggi e ricotte. Un giorno la volpe e il
tasso erano a zonzo per Frassele e
captarono l’inconfondibile odore della panna fresca che li attirava. La volpe
per prima propose al tasso di andare a vedere se si riuscisse a entrare in
cantina per bere un po’ di quella bontà. Il tasso all’inizio era perplesso
perché gli sembrava un’impresa troppo ardua, ma poi pensò che sarebbe stato
meglio attendere il buio e vedere quella volta che fare. Una volta avvicinatisi
allo stavolo col favore delle tenebre, si accorsero che una finestrella di
venti centimetri per venti era rimasta aperta. Non era un passaggio molto
agevole ma la fame era troppa, e così alla fine riuscirono ad entrare. La
volpe, probabilmente pensando che, se si fosse ingozzata, avrebbe poi avuto
serie difficoltà a scappare dalla finestrella in caso di fuga, diede giusto qualche
assaggio alla panna. Il tasso, perplesso, le chiese come mai non continuasse a
bere, e lei disse che non se la sentiva per via di un mal di pancia, ed esortò
invece il tasso a continuare pure. Il tasso non se lo fece ripetere due volte e
riprese a riempirsi di panna. Il nonno però, che stava tentando di dormire al
piano di sopra, finì per accorgersi di tutti i rumori che provenivano dalla
cantina e velocemente la raggiunse. La volpe però, sentiti in tempo i passi
dell’uomo per le scale, con uno scatto fulmineo uscì attraverso quella stessa
finestra mettendosi in salvo in tempo. Il tasso invece, riempito com’era da
tutto quello che aveva ingurgitato, era ormai troppo lento e grosso per poter
scappare di lì, e fu alla fine raggiunto sulla schiena dai colpi del manico del
badile. Il nonno alla fine, aperta la porta, lo cacciò via con lo stesso
badile. Il tasso era tutto dolorante e si lamentava. Una volta in cortile, la
volpe fece finta di aver ricevuto essa stessa delle botte e disse che era
talmente mal messa che non riusciva a camminare, supplicando il tasso di
lasciarla salire sulle schiena. Alla fine lo convinse e, mentre il tasso si
stava incamminando per il “sentiero delle
Rostanes” (altro riferimento geografico preciso), questi la sentiva
canticchiare ripetutamente la frase “Il malato porta il sano”. La volpe, alla
prevedibile richiesta di chiarimenti, risposte che era sola una cantilena che
si divertiva a ripetere. Insomma il mito bordanese non ha certo riconosciuto
nel tasso un ruolo di scaltra e previdente creatura! Ma se queste storie
condannano il tasso a rimanere il più sfortunato in questo strano duo di
piccoli ladri dei boschi, nella realtà chiaramente non possono esistere amici
nel vero senso della parola, e ognuno in natura ha il diritto, anzi il dovere,
di pensare a sé stesso.
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Anche la letteratura ha prodotto riferimenti al
tasso, e, anche se in questo articolo non si poteva espandere troppo il campo,
sarebbe interessante un confronto e un approfondimento in tal senso. Ad esempio
il capolavoro dello scrittore britannico di narrativa fantastica per ragazzi
Kenneth Grahame (1859-1932), “Il vento tra i salici”, del 1908, parla delle
vicende di alcuni animali che rappresentano la società rurale inglese
dell’epoca, e tra questi vi è Mr. Tasso. Solitario, saggio, altruista e
coraggioso, in questo dipinto riferito proprio al libro lo vediamo intento a
guidare i suoi amici in una difficile missione. (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Il_vento_tra_i_salici) |
Se la realtà talvolta supera la fantasia, ecco una
testimonianza reale delle ruberie del tasso nella Bordano tra le due guerre.
Mia nonna Vilma Colomba (1920-2014) un giorno, durante una delle mie piccole
interviste amatoriali, mi raccontò che sia la volpe che il tasso avevano fatto
visita al pollaio di famiglia, quando ancora abitavano nel Borc di Palâr, in cima al paese. Dopo aver sentito prima tanto
mito, adesso un periodo storico va indicato: non mi ha detto l’anno preciso ma,
essendo stata comunque piccola ed essendo lei partita per Milano nel 1934 per
restarvi non pochi anni, l’episodio che vado a raccontare, quello del tasso, si
deve essere svolto a fine anni ’20-inizio anni ’30. Nonostante di notte le
galline della famiglia Colomba fossero al sicuro, in quanto la nonna le portava
già verso le 5-6 del pomeriggio nella stalla, un giorno successe l’imprevisto
(ricordiamo che il tasso ha abitudini notturne, quindi l’orario poteva essere
quello di transizione con la notte). La nonna era appena rincasata, dopo essere
stata fuori, quando si accorse di una presenza sospetta presso il pollaio: era
il tac in agguato dei polli. Dopo
essersi avvicinata, la nonna, vedendolo immobile, si nascose per vedere cosa
avrebbe fatto. A un certo punto l’animale piombò su di una gallina
agguantandola, al che la nonna cominciò a urlare e a lanciare sassi in aria
fino a che, poco dopo, il tasso non lasciò cadere la gallina, che già stava
tentando di portare via. La nonna infatti dice che l’aveva mollata da
un’altezza di circa tre metri; forse il tasso si era arrampicato sulla
struttura del pollaio per fuggire da dove era arrivato. La gallina sanguinava
ma era ancora viva; quella fu l’unica volta in cui vide il tasso praticamente
in casa. La nonna tra l’altro mi ha anche fatto notare che il tasso in
quell’occasione non si era limitato a puntare un pollo piccolo ma una grossa
gallina. Dice anche che un altro giorno, mentre era in un suo appezzamento in
montagna in una località non specificata ma relativamente distante da casa,
vide un tasso che dormiva nella sua tana ma che, una volta accortosi, si era
poi dato alla fuga. Da quella volta non avrebbe mai più visto questo animale. Alla
mia domanda circa l’esistenza di apposite trappole in paese mi rispose che
circolavano ma che la sua famiglia, che lei sappia, non ne faceva uso.
Finalmente arriviamo al classico balzo nella scienza che
studia l’origine e il significato dei nomi storici di luogo: la toponomastica.
In una piccola ma interessantissima pubblicazione di Enos Costantini del 1987,
edita dalla Società Filologica Friulana e chiamata “Il paesaggio dei tre Comuni
attraverso i nomi di luogo: dall’Ambiesta alla Tremugna passando per Tarnep”,
si fa riferimento anche all’elenco degli zootoponimi. L’approccio scelto tra
l’altro permette di scremare man mano partendo dalla massa complessiva per
arrivare fino al piccolo sottoinsieme che ci interessa. Si dice infatti che i zootoponimi
siano in tutto una settantina, di cui una cinquantina i mammiferi, di cui a
loro volta una ventina quelli selvatici (ricordiamo che stiamo comunque
parlando di tutti tre i Comuni della Val del Lago, non solo di Bordano). Facendo
il passo finale alla ricerca del nostro tasso, ci accorgiamo, forse con un
certo stupore, che tra gli animali selvatici sono proprio il tac e la bolp, a pari merito (ancora una volta inseparabili), a condurre la
classifica con 4 toponimi a testa; ad esempio il lupo ne ha solo 2, mentre
l’orso soltanto 1 con certezza. Nonostante una superficie montana di molto
inferiore a quella del Comune di Cavazzo Carnico e soprattutto a quella di
Trasaghis, una delle due località, il Pecol
dai Tacs, l’abbiamo sulle basse pendici del San Simeone tra il Pulpit e la 2° galleria, mentre l’altra
si trova sul Naruvint, anche se per poco in Comune di Trasaghis, ed è la Tane dal Tac, situata nel Grant Agâr, vicino al Cuel Cjanterli. La prima, attorno ai
550-600 m slm, indica dal nome una zona in pendenza, banalmente verificabile
osservando la geografia della zona, mentre la seconda, attorno ai 900 m slm,
parla da sola, segno che lì doveva trovarsi, e magari esiste ancora, una
storica tana di tasso.
A proposito di tane devo però aggiungere una piccola novità,
che cerco sempre di trovare ove io ne sia a conoscenza: parlo di un’altra tana,
e bisogna tornare sul San Simeone. Il 15 novembre 2018 io, mio padre Oscar
Rossi e Zamiro Picco ci siamo recati in località Fornat per dei rilievi in bosco; quel giorno Zamiro mi ha portato
in una zona subito a ovest del canalone del Rio Costa e a ridosso di una parete
rocciosa, parete che poi fa parte del costone citato nell’articolo sul ciliegio
a Bordano. Lì, a una quota che dovrebbe avvicinarsi ai 650 m slm, si apriva una
stretta ma molto ampia e profonda cavità, una minuscola spelonca in pratica,
che a suo dire era un rifugio proprio del tasso. Tra l’altro lo stesso toponimo
indicherebbe un riparo sotto la roccia, e lo stesso devono aver pensato anche
coloro che costruirono, tra l’adiacente Prât
di Aroni e il cret sovrastante,
un casotto di cui oggi rimangono alcune pareti assai diroccate. Con un po’ di
fantasia possiamo immaginare sia questa una delle possibili ambientazioni della
leggenda anzidetta, con il tasso che, furtivamente e partendo dalla vicina tana,
tentava di razziare provviste dal vecchio rustico in pietra.
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La zona della tana del tasso in Fornat segnalatami da Zamiro Picco; siamo nel versante sud del San
Simeone in un punto molto vicino al Cereséit
(vedi articolo sul ciliegio a Bordano). Qui (foto 1) mentre ci avviciniamo al sito
preciso (siamo presso il canalone del Rio Costa), poi (foto 2) Zamiro davanti alla
cavità e infine (foto 3) la stessa nella sua interezza. (foto di Enrico Rossi)
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Per concludere l’ennesimo viaggio nei toponimi, ritengo
sempre utile riportare anche alcuni esempi dei territori limitrofi: Tacárie a Braulins, Taccaria (non l’ho
messo in corsivo perché palesemente italianizzato) a Peonis, Agâr dal Tac a Gemona. Con ciò mi sento
di chiudere questa, in effetti relativamente lunga, trattazione tra miti, dati
scientifici, storia dei luoghi e testimonianze su di un animale che, a
differenza dei grandi carnivori e di molti altri mammiferi, certamente non ha
mai abbandonato nei secoli i nostri boschi; si potrebbe dire che i nostri tassi
abbiano assunto di diritto la “cittadinanza bordanese” per una così lunga
permanenza.
Fonti principali:
- Libro "Bordan e Tarnep: nons di lûc", Enos Costantini,
1987
- Libro
“Friûl des Culinis – Friuli collinare – Il Gemonese
– Miti, Fiabe e Leggende del Friuli storico”, curato
dall’Istituto "Achille Tellini", 2017
- Libro
“Il paesaggio dei tre Comuni attraverso i nomi di luogo: dall’Ambiesta
alla Tremugna passando per Tarnep”, Enos Costantini, 1987
- Sito
“informazione ambiente.it”, pagina “Tasso: un mammifero pacifico che
diventa pericoloso se infastidito”: https://www.informazioneambiente.it/tasso/
- Testimonianze
orali di Vilma Colomba
- Testimonianze
orali di Zamiro Picco
Enrico Rossi