"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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giovedì 29 marzo 2018

Obiettivo su Bordano & Interneppo (7): il Borc di Prussie a Bordan

Prussie: il borgo dei “tedeschi” bordanesi

Un tema storico che mai scadrà d’importanza nelle nostre terre è quello dell’emigrazione, spesso riferito ad interi paesi, ma qua a Bordano abbiamo nella toponomastica, e quindi nell’identità duratura, un esempio molto più specifico. Si tratta di un borgo il cui nome trae origine da questi passati spostamenti del bisogno, un borgo che anche quanto a contesto storico-geografico si discosta da tutti gli altri. Parliamo del Borc di Prussie, il più meridionale tra quelli storici e unico tra essi, assieme al Borc di Palâr, a trovarsi sulla destra del Rio Cartine, ma, mentre quest’ultimo rappresentava un po’ un’appendice del grosso del paese, essendo l’estremità occidentale del cordone di case, Prussie si presentava praticamente slegato, come un mini-villaggio a sé stante. Ma la scelta di ritagliarsi questo isolamento e la sua fondazione non devono essere di epoche particolarmente remote se pensiamo che in origine né PalârPrussie risultavano essere parte dell’abitato. Ricordiamo che ancora verso metà ‘800 (come si evince dal Catasto Austriaco del 1843) non esisteva un continuum urbano dai piccoli borghi che circondavano la chiesa alla parte più occidentale, vale a dire Brandisorie
Mappa di Bordano prima del terremoto. Il Borc di Prussie (n. 14) è letteralmente tagliato fuori dal resto del paese dal Cartine più che dalla provinciale. Al n. 15 stanno i Broilis, antichi terreni coltivati a ortaggi, occupati dopo il terremoto da nuove case, giardini e anche dalla strada allargata. Al n. 16 il Borc di Cartine, quello più prossimo aPrussie. (foto tratta dal libro di Enos Costantini, vedi fonti)

Non ho reperito nessuna informazione che potesse spiegare il motivo della comparsa delle due borgate oltre il rio, relativamente recente come abbiamo detto, ma non può che sovvenirmi la seguente ipotesi: la presenza di rii che si immettono nel più grosso Cartine e quindi la possibilità di svolgere determinate attività grazie alla presenza dell’acqua corrente, che doveva però sicuramente essere estremamente incostante vista la ridottissima entità di questi torrentelli. Ma se per Palâr vi era un solo rio che si innestava in quel punto, per Prussie ce n’erano ben due: il Riul dai Cuei e il Riul Scaolâr (o di Prussie). Il primo rasentava il vecchio borgo ad ovest mentre il secondo, una volta sceso perpendicolarmente dalle basse pendici del Naruvint fin fuori le prime case, deviava verso est prima di immettersi nel Cartine, formando con questo e l’altro rio un triangolo nel quale era compreso il borgo. Si può dunque dire che i confini di Prussie siano stati i tre corsi d’acqua. Anche andando infatti a osservare la conformazione del borgo poco subito prima il terremo del ’76, si vedrà come esso fosse rimasto circoscritto da queste tre linee idrografiche. Oggi non è esattamente la stessa cosa, ma prima finiamo il discorso sui rii. Il Cartine in passato, durante precipitazioni particolarmente abbondanti, aveva più volte rotto gli argini inondando Palâr e soprattutto Prussie, che, essendo meno in pendenza, era più soggetto a danni. Non erano eventi rari e oltre a mia nonna Vilma Colomba se li ricorda anche mio padre Oscar; aggiunge però che non era tanto il Cartine in sé il problema quanto proprio i due piccoli suoi affluenti che sboccavano all’altezza di Prussie. Le acque del Cartine, infatti, provenendo da ovest, avevano già perso forza, dato che l’inclinazione del terreno da quella parte è poco significativa, mentre i due rii di Prussie arrivano al borgo direttamente dalla pendice del Naruvint (precisamente dal settore dei Cuei), che in quel punto subisce un dislivello di una cinquantina di metri  in circa 150 metri di distanza topografica. Il flusso in caso di piena avrebbe quindi raggiunto con violenza il corso del Cartine favorendo gli straripamenti. E siccome la toponomastica è bella anche perché i riscontri sono di casa, eccone uno! Il Riul di Prussie, che si origina tra il Cuel Maôr e il Pra da Pile, nell’altro suo nome, Scaolâr, ci suggerisce proprio la sua inclinazione ad erodere la roccia e portare a valle detriti. Infatti deriverebbe da “scâe”, cioè “scaglia”, “scheggia”, indicando quindi un terreno che tende a sgretolarsi, a maggior ragione in presenza di acqua corrente. Una volta tutti e tre i rii erano scoperti, invece il Cartine oggi risulta tombinato per tutta la lunghezza del borgo, ed anzi il suo tratto è individuabile molto facilmente grazie a una stradina sterrata privata che lo ricalca perfettamente. Il Riul Scaolâr invece è alla luce del sole sino alla fine del borgo in quanto il suo letto è stato in questo tratto tramutato in una canaletta. Ma se i percorsi di questi corsi d’acqua alla fine non sono mutati, non si può dire lo stesso per l’impianto del borgo. In vero dopo il terremoto quasi nulla ha assunto le stesse sembianze di prima, già solo per l’allargamento delle strade, che ha provocato una sorta di dilatazione dei borghi, oltre che naturalmente per la sostituzione di quasi tutti i vecchi edifici. Fu così che in Prussie, che non era attraversato da strade ma solo da cortili: venne aperta l’omonima Via Prussia, che costeggia il Riul di Scaolâr per poi virare a nord, passare il Cartine e collegarsi alla provinciale. Il risultato fu che la parte occidentale del borgo, la più ricca di corti ed edifici, fu mutilata riducendosi alla sola fila di graziose casette a schiera tra la nuova via e il Riul dai Cuei, mentre la parte orientale vide l’aggiunta di qualche fabbricato. Con la ricostruzione, però, fu di fatto anche spostato il confine, non più identificabile nel Cartine ma nella provinciale. Prima del terremoto, infatti, la porzione compresa tra i due paralleli tracciati sopracitati era quasi sgombra, oggi invece è occupata da case e giardini post-terremoto che formano un tutt’uno con la parte storica e che rimangono comunque nettamente distinti dall’adiacente Borc di Cartine grazie alla provinciale che si frappone. Questa nuova parte che è stata “borghizzata” coincideva con la vecchia località dei Broilis. Essa consisteva in un insieme di minuscoli appezzamenti coltivati ad orto che erano stati assegnati proprio agli abitanti di Prussie, probabilmente in seguito all’incanalamento del Cartine. Il suo alveo infatti in quel punto doveva essere piuttosto ampio, tanto da renderlo un torrente più che un semplice rio. Basti vedere il Catasto Austriaco per rendersene conto. 
Veduta di Bordano in un periodo palesemente anteriore al terremoto. In primo piano Prussie. Al di là della prospettiva, che può ingannare, comunque evidentissima è la stretta vicinanza dei suoi edifici, così come di quelli di quasi tutta la vecchia Bordano. Oggi da questo punto di vista è tutto molto diverso e lo spazio famigliare e raccolto del vecchio cortile contadino è solo un ricordo. (foto tratta dal libro della ProLoco, vedi fonti)

Ma chi sono, magari non tanto oggi quanto fino a prima del terremoto, gli abitanti di Prussie? Siccome il borgo non risulta essere nella lista di quelli più antichi, sicuramente i nuovi borghigiani devono essere giunti da altri borghi preesistenti. Sappiamo (come è stato ricordato anche nel mio articolo sulla nascita di Bordano) che in origine nel villaggio c’erano soltanto tre cognomi: Picco, in Brandisorie; Colomba, nel blocco attorno alla chiesa; Sella, in Sele Grande e Sele Piçule (estinto). Non bisogna fare altro che andare a vedere quale era il cognome più diffuso in un certo periodo, per esempio al momento del terremoto. Nel maggio del ’76 in Borc di Prussie risiedevano 43 abitanti, tutti Picco a parte tre Rossi, un Colomba, un De Crignis e un Adami. Questo dato schiacciante, unito a quello che ci dice che nello stesso periodo in Borc di Palâr su 30 abitanti 22 erano Picco, prova il fatto che fu soprattutto (o del tutto) la gente di Brandisorie a “colonizzare” inizialmente queste nuove località sulla destra del Cartine. Altrettanto illuminante risulta anche il confronto con un borgo circa delle stesse dimensioni demografiche ma dalla storia più lunga e quindi complessa, per esempio Sele Grande. 43 abitanti Prussie appunto, 42 Sele Grande, ma sentite che differenza nella composizione dei cognomi per quanto riguarda il secondo: 23 Picco (comunque la maggioranza assoluta), 9 Colomba, 5 Del Bianco, 2 Rossi, un Saidero, un Perez e un Slavec. L’equazione “borgo più antico uguale maggiore eterogeneità” pare quindi dimostrata. Dal punto di vista abitativo poi, se rimaniamo nello stesso blocco di dati, leggiamo che in Prussie su 13 abitazioni nessuna era vuota, mentre delle 22 di Sele Grande le disabitate erano 7. Forse un indice di maggiore comodità e qualità della vita a Prussie? Arriviamo finalmente al senso del nome, senso che trova praticamente tutti concordi. La scelta di chiamare popolarmente questo borgo col nome del vecchio Regno di Prussia, padre del Secondo Reich e quindi della Germania unita, deriva dal fatto che molti erano gli abitanti del borgo che si recavano stagionalmente, soprattutto nell’800, a lavorare nei paesi di lingua tedesca, inclusa la Prussia, all’estremo nord della Mitteleuropa, ed erano in particolare muratori. Siccome però sicuramente anche bordanesi di altri borghi erano impegnati in tali attività in quelle terre, forse ancora più determinanti furono i segni che i “prussiani” lasciarono in loco di queste loro esperienze: le scritte in tedesco in caratteri gotici su alcuni archi e sulla così detta Fontane di Prussie. Quest’ultima oggi, in una posizione diversa rispetto a quella originale ma ancora recante la scritta “Erbaut MCMXV”, è probabilmente l’ultima vestigia della “germanicità” di questa parte di Bordano, dalla quale era originaria Maria Picco, protagonista del mio ultimo articolo nonché mia bisnonna e suocera di Ugo Rossi (nata proprio qui nel 1890). Forse meno nota e sicuramente meno notata di quella di Selve nella piazza di Interneppo, questa di Prussie è una delle pochissime opere pre-terremoto ad essere rimasta a rappresentare il passato di Bordano. 
La Fontane di Prussie, oggi collocata presso l’incrocio a “T” di Via Prussia con la provinciale e a fianco alla strada sterrata che corre sopra il Rio Cartine. Se andate sul posto, non solo esiste ed è funzionante ma anche la scritta di inizi ‘900 è perfettamente leggibile. (foto tratta dal libro della ProLoco, vedi fonti)
Come alla fine avrete capito, Prussie non è proprio quella di una volta, anzi, ma secondo il mio modesto parere, e anche secondo quello molto più autorevole di Enos Costantini, la fattura dei nuovi edifici e dell’impostazione generale del borgo ha fatto emergere dalle macerie un qualcosa di diverso, certamente, ma di apprezzabile e non sgradevole all’occhio, a cui piace non solo cogliere il bello ma anche verificare se ci sia o meno una continuità storico-geografica col passato, che risulta ancora più ammirevole quando si è dovuti ripartire da un passato praticamente annullato. Non a caso infatti Costantini afferma addirittura che sia Prussie, la borgata più a sud, che Sele Grande, quella più a nord, siano migliori allo stato attuale che non prima del terremoto.

                                                                                                           Enrico Rossi


Fonti principali
Libro “Bordan e Tarnep, doi nîs di cjases sot dal San Simeon”, a cura della Pro loco Bordano, 1981
Libro “Bordan e Tarnep, nons di lûc”, Enos Costantini, 1987
Libro “Bordan e Tarnep, nons di int”, Velia Stefanutti, 1988

Testimonianze orali di Oscar Rossi





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