OSPEDALE SAN MICHELE: PERCHÉ TANTO SILENZIO NELLA VALLE?
E’ assordante il silenzio della nostra valle sulla vicenda dell’Ospedale San Michele! Un silenzio da cui derivano, inequivocabilmente, esaustive risposte sul perché il nostro territorio è sottoposto a continue rapine ed angherie gratuite verso questo Friuli, pur laborioso quanto, ahimè, silente e troppo accondiscendente.
Giorni fa pubblicai sul Blog “Alesso e dintorni” un articolo con un titolo provocatorio: “Non voglio morire gemonese” il quale, partendo dalla situazione socio – economica generale ove ormai tutto si basa sull’attivo di bilancio, finiva con il prendere atto dell’attuale pesante carenza di proposte politiche locali.
Ovviamente il crapone di turno, fermandosi al solo titolo ed incapace di addentrarsi più a fondo nel mio pensiero, lo tacciò subito di becero campanilismo.
Probabilmente questo lettore è lo specchio di quanto oggi il mercato politico offre alla piazza: ossia semplici manovratori di carri bestiame, (la gente), da smistare al macello di turno.
Così, come i polli di Renzo di manzoniana memoria, continuiamo a beccarci su futilità di nessun avvenire non accorgendoci del baratro cui va incontro il nostro disastrato territorio, ormai allo sbando e alla mercè dei politici di rango asserviti e proni ai poteri economici che hanno preso il sopravvento.
Territorio, energia, industrie, scuole e, infine, anche la sanità, tutto deve garantire “l’utile”, ben sapendo che in alcuni campi, come l’istruzione o la salute, nemmeno il pareggio di bilancio potrà mai elargire un livello di servizio accettabile per tutti: soprattutto per i non abbienti.
Mi chiedo allora dove sia finita la politica locale che un tempo era pronta a movimentare la gente in difesa della propria casa!
Una casa che non deve essere solo il trampolino di lancio per guadagnarsi una paghetta mensile immeritata, bensì il luogo dove la propria famiglia deve crescere e vivere in modo decoroso, con dignità e con servizi all’altezza per quanto ognuno di noi, con le tasse sempre più gravose, contribuisce a mantenerla.
Invece ci troviamo di fronte a politici silenziosi ed appiattiti su ogni problema i quali, al massimo, stabiliscono di volta in volta ove trasferire i servizi divenuti troppo esosi da fornire ai propri cittadini diradatisi al tempo degli sprechi, non accorgendosi che una casa non è fatta solo di mura, ma anche di carne umana con i bisogni basilari di cui necessita.
Guardando indietro nel tempo mi sto accorgendo sempre più che, forse, il terremoto non ha portato solo distruzione e morte, ma anche uno sviluppo socio-economico troppo veloce perché la nostra popolazione e soprattutto i politici locali, fossero capaci di prendere atto dei cambiamenti repentini che ciò comportava, quindi impreparati a guidare questi paesi verso un futuro che, di norma, e qui sta il vero senso della parola politica, prevedesse anche l’avvento di periodi di crisi.
Il mio: “non voglio morire gemonese”, era dunque un grido per rompere questo silenzio! Un invito a far quadrato affinché insieme, uniti dagli enormi problemi tutt’ora presenti che non possono essere semplicemente scaricati sulle spalle di chi sembra più forte, dovrebbero essere condivisi tra tutti alla ricerca di comuni soluzioni.
Non è giusto dunque, né tantomeno corretto, lasciare oggi quasi solo il più grande Comune della pedemontana, ma tutti noi dovremmo far quadrato per salvare non una struttura sprecona, ma un polo la cui presenza è garanzia di maggior attenzione proprio verso chi al momento è costretto a farne uso e di cui, tutti noi prima o poi, avremo bisogno.
Non vengano dunque a raccontarci che questa struttura è sovradimensionata rispetto alla popolazione per cui và accorpata, bisognerebbe che questi calcolatori pensassero anche alla vastità del territorio da essa servito, perché la sua scomparsa un domani significherà, in momenti di estrema emergenza, farsi 20 chilometri o più per raggiungere il primo centro di soccorso con tutti i rischi che ciò comporterà.
Dino RABASSI (Membro del Comitato a difesa e sviluppo del lago ed ex Sindaco di Trasaghis)
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E da Claudio Polano, del Comitato per la salvaguardia dell'Ospedale San Michele, riceviamo una cronaca della manifestazione di protesta svoltasi questa mattina a Trieste:
Quattrocento persone e una ventina di sindaci presenti alla manifestazione contro la riforma sanitaria. Più di 7000 le firme della petizione a difesa degli ospedali di Gemona e Cividale
TRIESTE- Stamattina, erano più di quattrocento le persone della Montagna friulana che si sono riunite di fronte al Consiglio regionale per rivendicare il diritto alla salute uguale per tutti. Un principio negato dalla riforma sanitaria Serracchiani – Telesca. Partiti da Gemona con 7 corriere prima dell'alba, i manifestanti provenienti dal Gemonese, sono stati raggiunti in piazza Oberdan da un nutrito gruppo del Cividalese e dei Comuni delle Valli del Natisone. Con loro, diciannove Sindaci che, indossando la fascia tricolore, hanno voluto testimoniare la loro contrarietà al suddetto disegno di legge. La mattinata è iniziata verso le ore 9, in concomitanza dell'arrivo dei Consiglieri regionali, impegnati in settimana nella discussione e nella votazione del ddl 59. Di fronte alla folla, che brandiva striscioni con slogan contro la riforma e cartelli raffiguranti i volti dei consiglieri regionali per richiamarli a un atto di responsabilità, si sono susseguiti gli interventi dei rappresentanti dei Comitati del Coordinamento contro la riforma e degli Amministratori, Sindaci e Consiglieri regionali.
A essere evidenziata, l'iniquità della riforma, che priverà tutti i territori a nord di Udine ( vedi cartina a fianco), dalla montagna pordenonese a quella cividalese, degli ospedali di Maniago, Gemona e Cividale, lasciando come unico presidio ospedaliero quello di Tolmezzo. "Noi non vogliamo diventare cittadini di serie B, paghiamo le tasse come a Udine e Trieste e rivendichiamo il mantenimento della attuali strutture sanitarie esistenti. Queste, seppur depauperate in questi anni di alcune funzioni e servizi, rimangono un baluardo indispensabile per le nostre comunità e non devono essere ulteriormente ridotte". Particolarmente sentito e applaudito l'intervento di Alessia Cargnelutti, Sindaco dei ragazzi di Gemona. É seguita un'audizione dei rappresentanti dei Comitati con il Presidente del Consiglio regionale Franco Iacop e i Capigruppo consiliari, a cui hanno partecipato i Sindaci presenti. In questa occasione è stato chiesto di applicare il “ Patto per la Salute “, emanato dal ministro Lorenzin, che prevede la tutela degli ospedali delle zone economicamente e socialmente svantaggiate. "Si tratta di una decisione meramente politica, che spetta al Governo regionale e alla maggioranza di centro sinistra che lo sostiene" sottolineano dal Coordinamento. Sempre al presidente Iacop, nel primo pomeriggio i Comitati hanno consegnato una petizione popolare di più di 7000 firme per chiedere il mantenimento di ospedali per acuti a Gemona e Cividale.