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I parroci in difesa del lago
«Sul tema appoggeremo ogni richiesta di confronto chiarificatore, dando il nostro contributo di cristiani abitanti nel giardino prestatoci dal Creatore e che deve rimanere a servizio per il bene di tutti»
SULLA QUESTIONE DEL raddoppio della centrale idroelettrica di Somplago, a scendere in campo accanto alla gente, adesso, sono anche i sacerdoti. Porta la data di mercoledì 11 gennaio, infatti, la lettera firmata da don Dino Pezzetta, alla guida della comunità di Montenars, che «parla» a nome dei parroci della Forania di Gemona del Friuli (e dei rispettivi responsabili pastorali). Missiva inviata al «Comitato per la difesa e lo sviluppo del Lago» i cui rappresentanti, alcuni giorni fa, avevano chiesto il coinvolgimento dei sacerdoti che, prontamente, hanno risposto.
Il sodalizio da tre anni si sta battendo contro l’ampliamento dell’impianto sul Lago di Cavazzo; un progetto, dicono, che se attuato trasformerebbe il lago in un campo coltivabile (questa la definizione scelta a suo tempo dai rappresentanti del «no»). Un’ipotesi, quella di ritrovarsi nel giro di 110 anni con una palude colma di fango, confermata anche dai risultati di uno studio, a firma dell’ingegnere Franco Garzon di Trento, commissionata dai comuni di Verzegnis, Cavazzo Carnico, Bordano e Trasaghis (interessati all’opera e a cui spetterebbero le «compensazioni» da parte della proprietà della centrale). Allora, circa un anno fa, l’esperto aveva suonato l’allarme «fango», affermando che il destino del lago (nella foto) si sarebbe compiuto anche senza l’aggiunta delle due turbine reversibili, rimarcando al tempo stesso la necessità di affrontare, comunque, la questioni sedimenti (si parla di 130 mila metri cubi all’anno).
Ora, dunque, la vicenda si arricchisce di un ulteriore tassello, registrando la «preziosa» (così l’ha definita Dino Rabassi, membro del Comitato ed ex sindaco di Trasaghis) presa di posizione dei sacerdoti. Un documento salutato con estrema soddisfazione dal fronte del «no», guidato da Franceschino Barazzutti, ex sindaco di Cavazzo Carnico, con il quale si sottolinea che «la battaglia per il Lago è di tutti, popolazione e istituzioni, comuni e parrocchie, chiesa e territorio».
I sacerdoti tendono, dunque, una mano alle loro comunità (che chiedono ai Comuni una consultazione popolare sul progetto),e si dicono «aperti ad ogni più ampia collaborazione», condividendo con i compaesani «il diritto di essere ascoltati, sempre, ma in special modo quando si tratta, come in questo caso, di scelte che possono pregiudicare irrimediabilmente, a favore di grandi gruppi economici, il destino del Lago, del suo territorio (non solo del Gemonese), del suo sviluppo, del futuro nostro e dei nostri figli».
Nella missiva è evidenziata la volontà di «non entrare in dettagli tecnici» (il progetto da questo punto di vista ne presenta davvero tanti che toccano, tra gli altri, anche le ricadute negative sull’ambiente e non da ultimo i reali vantaggi economici dell’operazione «raddoppio»): «Noi presbiteri del Gemonese – si legge –, vogliamo assicurarvi che appoggeremo convinti ogni richiesta di confronto chiarificatore sul problema e che daremo il nostro contributo di cristiani abitanti nel giardino che il Creatore ci ha prestato e che deve rimanere a servizio per il bene di tutti».
Quindi, in chiusura, il riferimento al periodo successivo al sisma del maggio 1976: «Il Friuli si è alzato subito in piedi dopo il dramma del terremoto, che ha segnato più di altri proprio questi paesi» E, infine, un appello, che chiude la lettera sottoscritta dai parroci: «Non inginocchiamo ora, a Friuli ricostruito, di fronte a chi vorrebbe sfruttarlo per interessi che non saranno mai i nostri».
Interesse sui quali più volte i promotori del Comitato hanno puntato il dito accusatorio: «Sono di gente che arriva da fuori – ha ribadito Rabassi, durante la conferenza stampa di presentazione della lettera, svoltasi nella sede udinese della Regione, venerdì 13 gennaio –. La maggiore produzione di energia elettrica non porterà alcun vantaggio, ma è una mera speculazione economica che si poggia anche sui certificati verdi, che fanno fare alti guadagni con soldi pubblici pagati da tutti noi». Nell’occasione è stato rimarcato che «da qualche settimana si stanno registrando movimenti nel riassetto azionario della proprietà della centrale, e all’interno delle manovre la Regione è rimasta totalmente assente». Mentre, invece, dicono dal Comitato, «avrebbe potuto "imitare" quanto accade nella provincia autonoma di Bolzano dove la Società elettrica altoatesina ha una struttura societaria totalmente pubblica». Invece da noi, è stata la denuncia «tutta la produzione di energia è in mano a società private, anche estere, e municipalizzate italiane, ma non friulane». Realtà che, a detta di Rabassi, «vengono a sfruttare le nostre risorse, mentre dicono no a centrali simili sul loro territorio».
Di tutto questo, e delle prossime iniziative del Comitato, si parlerà nell’assemblea pubblica prevista venerdì 20 gennaio, con inizio alle ore 20, al Centro servizi di Alesso di Trasaghis.
MONIKA PASCOLO
da: "La Vita Cattolica", 19 dicembre 2012, p. 19
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