Dalla stampa, alcune dichiarazioni di amministratori che hanno operato o operano nei Comuni della Val del Lago:
QUEL 1976
Terre rase al suolo i cui abitanti, però, come spiega Franceschino Barazzutti, ex primo cittadino di Cavazzo Carnico, ritrovarono se stessi. «Dimostrammo lo spirito, la cultura, la storia e la capacità di rimboccarci le maniche – dice – tipico di noi friulani. Non siamo rimasti a piangere per quello che non c’era più, ma ci siamo rimessi immediatamente a lavorare per ricostruire tutto come, e meglio, di prima». Elevando al massimo quel concetto, tutto locale, del “fasin di bessôi”. «In Irpina e all’Aquila non hanno ottenuto gli stessi risultati – sostiene Barazzutti – perché si è scelto di centralizzare la gestione del post terremoto. Il Friuli, invece, è la prova maestra che il decentramento funziona. Una scelta tecnica, perché permise ai singoli Comuni di decidere le priorità di intervento, ma anche fortemente democratica in una terra che ha dimostrato con i fatti di saper utilizzare bene i fondi ricevuti senza aspettare che fossero altri a intervenire». Con risultati concreti, in un breve lasso di tempo.
«Il punto di svolta – dice Ivo Del Negro, ex sindaco di Trasaghis – è stato quando il Governo ha stanziato 3 mila miliardi di lire per le zone terremotate permettendoci, già nel 1978, di cominciare la costruzione delle prime nuove case. In quel momento la nostra gente ha capito, davvero, che tutti i paesi sarebbero rinati dalle loro ceneri». Con un preciso ordine d’importanza e di priorità. «Prima le fabbriche, dopo le case e infine le chiese – ricorda Del Negro – : fu il motto di quel periodo duro fatto proprio anche dai vertici della Curia. È stata dura, durissima, ma alla fine abbiamo completato un’opera che per me resta il punto più alto toccato negli ultimi 50 anni dall’Autonomia della nostra Regione».
(dal Messaggero Veneto del 12 aprile)
IL QUARANTENNALE
Per Gianni Borghi, sindaco di Cavazzo Carnico, occorre riflettere «su cosa vogliamo dire e su come dirlo. Pensiamo ad un messaggio nuovo che lasci qualcosa di significativo alle nuove generazioni perché il problema dei terremoti è che sono sempre dietro le quinte, impegnamoci a lavorare su come imparare a gestirli».
Si appella all'unitarietà Franceschino Barazzutti (...): «Serve coraggio, la ricostruzione è stata un evento corale, allora anche questo appuntamento deve essere impostato con condivisione, guardando al presente e al futuro».
(dal Gazzettino - edizione FVG - del 12 aprile)
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Ai lettori del Blog l'invito a intervenire sul tema : "Quali valori, quali fatti dovrebbero essere maggiormente sottolineati per far comprendere il senso del quarantennale del terremoto"?
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