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lunedì 18 agosto 2014

Sfangamento prossimo venturo - il parere di A. Di Giusto

Non facciamoci sommergere dal fango

Sfangamento - Troppi sedimenti nelle dighe che vanno pulite, ma gli ambientalisti chiedono garanzie affinché non si ripetano disastri

di Alessandro Di Giusto
(Il Friuli, 12 agosto 2014)

La questione degli interventi di sfangamento nei bacini montani del Friuli venezia Giulia è destinata a far discutere ancora nei prossimi mesi, man mano che procederanno le operazioni previste prima per il bacino dell’Ambiesta e poi per quello di Barcis.
Che si tratti di passaggi inevitabili è ampiamente noto. La creazione di sbarramenti artificiali lungo i torrenti montani blocca un processo millenario di scorrimento a valle dei sedimenti, lo stesso che in fondo ha alimentato le spiagge dell’Alto Adriatico. Se sabbie e limiti non possono valicare l’ostacolo semplicemente si depositano nel bacino. Il problema è che per formazione geologica, eventi meteo e pendenze, il territorio montano del Friuli Venezia Giulia è particolarmente esposto a questo processo e dunque i bacini artificiali tendono a riempirsi piuttosto rapidamente, oltre al fatto che sono mancati per troppi anni adeguati interventi di manutenzione.
Sulle operazioni per la riduzione dei fanghi previste dalla Edipower, società del gruppo A2A proprietaria di quegli impianti, tuttavia, i Comitati di difesa ambientale hanno alzato un fuoco di sbarramento molto serrato con conferenze stampa e lettere inviate alle istituzioni regionali e nazionali per metterle in guardia dalle possibili conseguenze di queste operazioni, tanto più che in lista d’attesa  ci sono secondo loro pure i bacini Ca’ Zul, Ca’ Selva e Redona in Val Tramontina.

Esperienza da non ripetere
Il problema di fondo è che l’unica operazione del genere già compiuta, quella relativa al bacino del Lumiei lo scorso anno, ha creato non pochi grattacapi dopo che l’alveo del torrente è stato invaso da una colata di fango che ha costretto a impegnative operazioni di pulizia e ripopolamento dei pesci praticamente scomparsi per un lungo tratto.

Beni pubblici da tutelare
Gli ambientalisti, per bocca di Franceschino Barazzutti  del “Comitato tutela acque del bacino montano del Tagliamento”, chiedono quindi che per il bacino dell’Ambiesta non si proceda allo sversamento del fango nell’alveo del torrente, come già fatto per il Lumiei, ma si proceda come a suo tempo l’Enel, un tempo gestore dell’impianto, aveva previsto salvo poi lasciare tutto nelle mani dei nuovi proprietari dopo la privatizzazione: ovvero prelevare i fanghi mediante escavazione, da portare poi via.  “Ora è tempo che i pubblici poteri – ha scritto nella missiva Barazzutti - pretendano che coloro, che hanno realizzato profitti (portati altrove) con lo sfruttamento delle nostre acque, si assumano anche il costo, privato, dello sfangamento, vietando che tale costo privato venga trasformato in pubblico mediante il suo sversamento con il fango in quella proprietà pubblica – meglio, bene comune - che sono i corsi d’acqua e i laghi”.
Che la pulizia dei fanghi vada effettuata è fuori di dubbio: la Edipower ha ricevuto comunicazioni molto chiare, prima dall’ufficio per le Dighe di Venezia e poi dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, sull’urgenza degli interventi finalizzati alla rimozione del materiale sedimentato in prossimità della diga e, in particolare, dell’imbocco dello scarico di fondo.

La soluzione adottata
E’ stato quindi proposto, secondo quanto si legge nel Piano operativo di rimozione selettiva del sedimento, di procedere al dragaggio dei fanghi ad invaso pieno, mediante una pompa sommergibile. Il materiale estratto sarà miscelato e diluito con l’acqua del lago e fatto fluitare a valle, nel torrente Ambiesta, attraverso lo scarico di superficie, alla volta del Tagliamento.
Dalla Conferenza dei servizi che si è riunita a metà luglio nella sede della Regione a Udine, convocata per raccogliere i pareri e le autorizzazioni necessarie all’approvazione del Piano operativo degli interventi di sfangamento selettivo all’interno del bacino dell’Ambiesta sono però arrivate alcune prescrizioni aggiuntive, capaci di rendere meno impattanti le operazioni. Alla Conferenza hanno partecipato i rappresentanti del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (Ufficio tecnico per le dighe), Arpa (Agenzia regionale per la protezione ambientale), Ente tutela Pesca, i Comuni di Verzegnis e Cavazzo Carnico direttamente interessati dalle operazioni, gli uffici tecnici competenti della direzione centrale Ambiente ed energia e Ispettorato dell’Agricoltura e delle Foreste di Tolmezzo.

Prescrizioni severe
Tra le varie prescrizioni, sono state accolte integralmente le sette misure indicate dall’Ente tutela pesca in collaborazione e piena condivisione con Arpa Ffvg, per limitare al massimo l’impatto delle operazioni sul delicato ecosistema fluviale del torrente Ambiesta. Si procederà quindi con un’elevata diluizione dei sedimenti grazie al rilascio costante di 1.600 litri al secondo e sarà applicata una campana alla pompa di aspirazione per evitare che si intorpidisca l’acqua del lago, oltre all’installazione di un’ulteriore stazione di monitoraggio, con relativi limiti di rispetto, anche nel lago di Cavazzo.

Sotto stretto controllo
“Con queste prescrizioni verrà realizzato un monitoraggio costante dei livelli della torbidità delle acque che permetterà di assicurarsi che l’impatto sul torrente Ambiesta – ha sottolineato l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito -  risulti molto ridotto, grazie a una notevole diluizione. Rispetto al livello di torbidità proposto inizialmente da Edipower, pari a 200 grammi per litro, ora siamo scesi drasticamente ad un livello pari a 10 grammi per litro. Con ulteriori prescrizioni sarà inoltre tutelato il lago di Cavazzo, sul quale abbiamo introdotto un limite massimo di torbidità e l’obbligo di installazione di una sonda per il monitoraggio costante delle acque in entrata”.

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