Il volume, di 288 pagine, è "una guida insolita per scoprire i personaggi e gli aneddoti meno conosciuti sulla storia, le tradizioni e la geografia. In una parola sola, sulla “cultura” del Friuli." scritto da una "friulana d’adozione, che per lavoro legge e scrive. Soprattutto però viaggia, lontano e vicino, con la testa e con i piedi, e riempie taccuini di appunti."
Da pag. 61 a pag. 64 c'è il paragrafo "Un lago per punizione" che rielabora la leggenda tradizionale della nascita del lago per castigo divino.
Segnalazione interessante, soprattutto perché "rilancia" il Lago e il suo patrimonio leggendario in un testo a diffusione nazionale.
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Per chi vuol saperne di più:
La leggenda del lago nato per castigo divino rientra nel vasto filone di narrativa popolare legata al tema "Il Signôr e San Pieri ator pal Friûl". Essa è stata pubblicata per la prima volta sul n. 3 di "Pagine Friulane" del 1891 e da allora è stata ripresa diverse volte da svariati autori (basti ricordare almeno "Il Lago di Cavazzo e le sue leggende" di Rinaldo Vidoni, su "Ce fastu?" del 1933 e il recente " Fiabe e Leggende della Carnia " di Raffaella Cargnelutti, sena dimenticare l'analisi fatta da Novella Cantarutti nel volume della Filologica "Val dal Lâc" del 1987). Nel 1983 gli alunni delle elementari di Alesso nella pubblicazione "Tabaiant dai nestris paîs" hanno efficacemente illustrato la fiaba.
Per chi non ne sa proprio niente, la versione riportata nel 1933 da Rinaldo Vidoni:
Una volta, dunque, il Signore e S. Pietro, grandi protagonisti di molte leggende friulane, scendendo stanchi giù dalla Carnia, nei pressi di Cavazzo - allora qui esisteva solo una gran landa coperta di sterpaglie - in un'afosa giornata di luglio attraversarono un villaggio, ai piedi del monte san Simeone: un mucchio bislungo di case nere e sporche, abitate da gente assai rozza ed avara. Qui arrivati, san Pietro, tormentato dalla sete, volle fermarsi a bere per ristorare le sue forze esauste.
Invano passò di porta in porta chiedendo sommesso la carità d'un sorso d'acqua: tutti lo cacciavano via con brusche parole, adducendo che la sorgente era molto lontana e che l'acqua costava insomma troppa fatica per poterla sprecare col primo venuto. Imprecando contro la crudeltà degli uomini, l'Apostolo se ne ritornò deluso: restava però ancora una casetta in fondo al villaggio. Picchiato anche qui, con poche speranze ormai, venne alla porta, ciabattando, una povera vecchia: essa, senz'altro, fece entrare nel misero focolare i due sconosciuti vi andanti, e, alzata da terra, inchinò verso la bocca avida ed arsa del Santo la secchia gocciolante d'acqua fresca. Giunti di nuovo in cielo, san Pietro, che non poteva dimenticare l'affronto sofferto, rammentò subito al Signore la perfidia di quella gente senza cuore.
- Bravo - fece il Signore - voglio dare acqua in abbondanza a quegli avaracci. Mandò sulla terra una schiera d'angeli con l'incarico di trasportare il casolare della povera vecchia, che, sola, un giorno si dimostrò pietosa, sul monte san Simeone e quando la vide al sicuro, prese un gran mestolo d'acqua e lo versò sopra quel villaggio di gente crudele.
Così la collera del Signore creò il lago di Cavazzo e si dice che anche oggi, se 1'acqua è chiara, sul suo fondo, si possono scorgere il campanile e le case del villaggio maledetto. La povera vecchia visse ancora a lungo, in pace e carità, sulla montagna, stupita solo di trovarsi lassù così relegata dal mondo. Quando morì, al posto del casolare sorse una chiesetta che esiste tuttora, e s'andò pure formando un villaggio ormai sparito ed ignorato.
Quella romita chiesetta, sull'altipiano del monte, è nota in tutto il Friuli, perché si vuole che a lei convengano, nella notte· dei defunti, oranti in lunghe processioni, tutti i morti che non l'ebbero visitata viventi, ognuno tenendo una candeletta accesa sulle punta delle dita.
E voi, conoscevate questa storia? Sapete di altre versioni? Come andrebbe a finire al giorno d'oggi? Raccontatelo.
Vuei si fasares fadie a viodi il fons dal lâc, par cjatâ chest paîs, cun dut il paltan che al è. Ma mi impensio mâl o bielzà une volte, almancul da bande di Dales il paltan nol erie stât tirât vie? Cuant, cui , e par cont di cui erie stade fate la vôre?
RispondiEliminaRimuovere il paltan è un lavoro immane e nessuno ci si è mai cimentato. C'è stato - salvo errori - un unico caso di rimozione: all'inizio degli anni '80 la Comunità Montana ha bonificato un'area che ospitava un piccolo canneto sulla sponda ovest per sistemare poi le rive.
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