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Nel 1943-44, la ferrovia Pontebbana era percorsa quasi quotidianamente dai treni “della notte e del dolore": militari, operai, intellettuali, che non avevano aderito alla Repubblica sociale italiana, stipati come bestie in ragione di 80 persone per carro, assordati dallo scorrere delle ruote sulle rotaie, dal ritmo monotono del treno, molestati dal caldo, dalla sete, dagli odori pestilenziali, sembravano fedeli interpreti di qualche romanzo storico sulla cattività babilonese o sull’Inquisizione spagnola e senza dubbio pensavano che non ci fosse sofferenza più grande nell’inferno di Dio.
A Carnia, all'altezza del Casello 39, le tradotte erano costrette a fermarsi per l’aggiunta in coda di un locomotore detto “spinta” con cui affrontare l’accentuata pendenza che la tratta andava poi acquistando lungo il Canal del Ferro. La piana di Carnia era l’ultima ancora di salvezza per questi disperati perché poi "il treno del dolore e della notte” si imbottigliava nel Canal del Ferro ove ogni possibilità di fuga veniva preclusa.
Le ragazze di allora, con il grembiule pieno di semplici generi alimentari, prodotto di una campagna avara e attinti da poveri deschi, li offrivano ai prigionieri. Anche i giornali erano molto richiesti e graditi perché permettevano un circuito minimo di socialità e informazione dopo il forzato isolamento. Le ragazze più avvenenti abbondavano astutamente in sorrisi verso i soldati della Wehrmacht o della milizia fascista al fine di distogliere l’attenzione e ammansire i cerberi mentre dalla parte opposta i ferrovieri davano la libertà ad alcuni facendo indossare loro un berretto, una giacca da ferroviere o una semplice bandiera rossa da manovra, mimetizzandoli.
Durante l’estate ’44 nella zona di Carnia proseguì l'opera di salvataggio di tanti prigionieri: mentre il magredo tra Fella e Tagliamento era illuminato a giorno dai bengala, tanti disperati correvano verso la salvezza sui vicini monti, diversi i giovani che trovarono rifugio nel casello 39. A essi venivano dati un vecchio cappello e una sdrucita giacca da ferroviere e poi erano avviati a pulire dalle erbacce il piazzale della stazione.
Da Carnia invece, attraversando il magredo presso la confluenza del Fella e del Tagliamento, era relativamente facile raggiungere le propaggini del monte Festa e quindi le formazioni partigiane stanziate sui monti di Trasaghis e Forgaria.
(Tratto da diversi articoli di Luciano Simonitto pubblicati sul "Messaggero Veneto" tra il 2006 ed il 2010 e riprodotti anche in "Venzone in guerra", di Pieri Stefanutti, monografia uscita nel 2013 a cura degli "Amici di Venzone")
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