"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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domenica 29 aprile 2018

Obiettivo su Bordano & Interneppo – 8 – Per la riscoperta di Aloisio Picco

Aloisio Picco: un letterato interneppano nel turbinio del Risorgimento

La ricerca di questo mese, più che definirla tale, la intenderei piuttosto come uno spunto da cui potrebbero partire ricerche vere e proprie, anche da altri studiosi. Anzi spero siano soprattutto altri a voler approfondire, in quanto la poesia non è proprio l’ambito letterario che mi è più affine come conoscenze teoriche. Sì perché è proprio di un poeta che stiamo parlando, ma questa volta non di mio nonno Ugo Rossi, bensì di un suo compaesano del secolo precedente, un misterioso ed irrequieto personaggio della prima metà dell’Ottocento: è l’archetipo del sanguigno patriota e letterato risorgimentale, è Aloisio Picco. L’entità delle informazioni biografiche rintracciate, inoltre, è del tutto insufficiente a disegnare un profilo anche soltanto sintetico, ma certamente rende almeno un’idea di quale inusualità risiedesse in questo nostro antenato. Basandomi soltanto sulle informazioni rintracciate in rete, ho potuto in primis accorgermi di una vera e propria contraddizione nella sua condizione umana, ossia il fatto di essere un talentuoso scrittore, e per questo anche collaboratore per alcuni periodici, ma anche di vivere in uno stato decisamente miserrimo, che poi rifletteva quello dei villaggi pedemontani dell’epoca come Interneppo. Il contemporaneo giornalista e studioso della Filologica Friulana Elio Varutti così infatti lo descrive: “Puar tant che il pedoli. Al veve «parfin li scarpis rotis», ma al jere plen di braure”. Il contesto storico in cui si ritrovava immerso era quello dei grandi moti del 1848, in pieno Risorgimento, e il fervore che ubriacava gli animi dei giovani italiani era massimo anche tra gli intellettuali e militanti friulani. Picco, carbonaro com’era, rientrava in questa cerchia, tanto che si trovò a far parte della prima redazione del foglio periodico di stampo patriottico “Il Friuli”, che uscì per la prima volta il 2 novembre 1848, firmato dal suo amico Camillo Giussani. Il momento era cruciale per l’immediato futuro di un possibile primo embrione di Italia libera e unita, in quanto è vero che Custoza si era già abbattuta da alcuni mesi sul sabaudo Carlo Alberto, provocando il primo grande stop alla sua campagna, ma Novara, ossia la resa dei conti a favore di Radetzky, sarebbe arrivata solo nella primavera dell’anno successivo. Oltre a Picco e Giussani, molti altri erano i carbonari in redazione: Giovanni Turchi, Luigi Gabriele Pecile, Pier Viviano Zecchini, Guglielmo Rinoldi, Jacopo Zambelli. Per un giornale dal titolo tanto semplice quanto identitario, la sede poteva essere soltanto Udine; infatti l’ufficio si collocava nella Cartoleria Trombetti-Murero, in Contrada San Tommaso, attuale Via Cavour e quindi in pieno centro ed anzi a pochi metri dalla sede del Comune. Non possiamo sapere se Picco fosse pienamente soddisfatto dell’attività del giornale, in quanto la vena chiaramente patriottica veniva in un certo senso sterilizzata da uno stile asettico e neutrale, assolutamente non schierato e che poggiava i suoi pilastri non nel sentimento e nella passione, di cui un convinto carbonaro romantico come il nostro Aloisio si caricava, ma nella ragione. Quasi una sorta di impostazione post-illuministica e pre-positivistica, il Risorgimento raccontato razionalmente e senza sbavature passionali. Questo duplice aspetto, patria e ragione, è molto ben individuabile nella presentazione che la redazione stessa propose ai lettori in primissima pagina nella prima uscita del foglio. Dopo aver infatti messo in guardia e ricordato i danni che l’enfasi di un giornalismo partigiano già aveva provocato in Europa, si dice questo: “La parola non sia dunque strumento né del dispotismo, né dell’anarchia. Nello stato intermedio solamente, dove regna la Ragione, vi ha il mezzo di continuare ad effettuare l’opera della civiltà universale. E la parola che viene indirizzata al popolo dal Giornalismo sia sempre l’ingenua espressione della Ragione; altrimenti gli inganni sarebbero mille e mille”. È anche chiarito il motivo dell’indisponibilità a trattare di idee politiche: “Ma della polita pratica propriamente poco potremo dire, perché un Giornale di una Città di Provincia non deve avere un colore suo proprio: quest’è un vocabolo del linguaggio delle passioni estreme”. Ma “Le colonne del nostro Foglio periodico riporteranno scritti di que’ valenti uomini che onorano co’ loro studi questa patria”. Questo periodico durerà quattro anni, fino al 1851. 
Per quanto riguarda invece le sue opere poetiche, ho scovato, tramite ricerca in internet del suo nome (che in vero si ritrova maggiormente nella versione “Aloisio Pico”, con una sola “c”), alcuni testi anche molto differenti tra loro per tema e lunghezza, ma accomunati da una energia a tratti stemperata da una profonda malinconia. In questo caso la fonte è di parecchio posteriore alla sua morte, e si parla di un altro giornale friulano, “Pagine Friulane”, “periodico mensile di storia, letteratura e volk-lore friulani”. I testi riferibili ad Aloisio su cui mi sono concentrato sono cinque, anche se se ne trovano di più, e appartengono alle seguenti uscite: 15 aprile 1888, 22 luglio 1888, 17 febbraio 1889, 26 aprile 1891, 18 dicembre 1892. Gli screen di un paio di questi testi, direttamente dai fogli delle “Pagine Friulane”, sono presenti qua come foto. 
Il primo è una toccante ballata di 15 quartine in rima baciata, si intitola “Rosella”; come tutti gli altri (meno il penultimo) non è datata ma pare essere dedicata alla sorella del poeta, Rosella appunto, da questi vegliata in quanto non più facente parte del mondo dei vivi. 
Il secondo invece è una poesiola, un sonetto per la precisione, e quindi composto da due quartine e due terzine: le quartine sono a rima alternata, mentre le terzine si presentano CDC – DEE. È intitolato “Napoleone al passo del “San Bernardo”. Pare un’ode alla calata di Napoleone nella Repubblica di Venezia, che conobbe proprio a causa sua la fine. Non sarebbe affatto strano questo entusiasmo nei confronti del portatore dei principi della Rivoluzione Francese in una terra, il Friuli, che ancora a fine Settecento era soggiogata all’Ancien Régime, ormai corrotto e decadente, dei Dogi. D’altra parte, come sappiamo, il Risorgimento altro non fu che il “primogenito” della Rivoluzione, nato per combattere la Restaurazione. 

Come terza composizione, abbiamo una poesia in otto strofe di sei versi, “Il cuore umano”. In essa Aloisio non solo esalta le virtù di quest’organo umano, cui attribuisce facoltà che oggi sappiamo essere di esclusivo esercizio del cervello, ma anche si preoccupa del suo destino, chiedendogli, per esempio, a un certo punto se Dio lo risveglierà alla fine dei tempi. In questo l’autore pare proprio figlio del Romanticismo, che esaltava il valore dell’emozione profonda nell’esistenza umana. Probabilmente quelle preoccupazioni di fine ingloriosa del cuore erano rivolte anche al suo, che ancora batteva pieno di entusiasmo per gli ideali risorgimentali. 
L’ultimo testo (il quarto lo cito successivamente), che essendo più lungo degli altri non riporterò in foto ma che invito a leggere direttamente nella fonte, andrebbe meglio analizzato e mi limito a segnalarlo. Si chiama “Il notomico ed il cadavero ovvero la sapienza divina ed umana”. In pratica in strofe è riportato un ipotetico dialogo tra lo spirito che abitava il corpo di una giovane, morta di crepacuore per la scomparsa del suo amato, e un medico che sta per sezionare il cadavere. Prima che il medico possa cominciare, lo spirito anima l’immobile bocca del corpo e dice che non gradisce la violazione delle sue carni. Il medico, avendo a che fare con un’entità ultraterrena, la interroga sul destino dell’anima, ed essa gli dice che risponderà alle sue domande a patto che non proceda con l’operazione. Un dialogo serrato e non privo di tensioni porta il saccente medico a chiedere ripetutamente “Cos’è Dio?”, ma senza ricevere la risposta che si attendeva. È appunto l’impossibilità da parte della sapienza umana di poter interagire con quella divina, corrono su due filoni separati, non ci comprendono. Per concludere, sarebbe da ricordare anche la collaborazione di Aloisio con un periodico veneziano assai valido per la trattazione di temi musicali e teatrali. Era “Il Gondoliere”, che iniziò ad uscire il 6 luglio 1833 su impulso dell’editore e tipografo Paolo Lampato e che era figlio di un’altra rivista, dell’anno precedente ed avviata dallo stesso personaggio, “La moda”, in cui già si pubblicavano, oltre che articoli di moda, anche testi di letteratura colta, poesia e racconti. Nel ’34 a Lampato subentrò Luigi Arminio Carrer, il quale relegò la moda in secondo piano per dare più spazio a storia e letteratura. Già dall'inizio esisteva una rubrica, “Teatri”, dedicata alle attività teatrali veneziane e venete in generale, ma dal ’34 il suo ampliamento, il passaggio della rivista dal formato piccolo a quello grande e l’aumento del numero di uscite (da settimanali a bisettimanali) incrementarono gli articoli su temi musicali, ed i contributi arrivavano da letterati non solo veneti ma anche di altre parti d’Italia. Alcuni rimanevano anonimi, altri si firmavano con acronimi, altri col vero nome, altri ancora con pseudonimi, e tra questi vi era il nostro interneppano. Si firmava infatti “Aloisio Pico da Interneppo”. Si ricorda il suo carme “In morte del sommo violinista Nicolò Paganini”, uscito il 23 novembre 1844. La rivista fece uscire il suo ultimo numero il 16 febbraio 1848, proprio l’anno in cui fu fondato “Il Friuli”. 
E qui menziono anche l’ultima opera che ho reperito, l’unica datata tra le cinque presenti in “Pagine Friulane”. Si tratta sempre di un carme, e l’ho lasciato alla fine perché anche questo è dedicato, come il precedente, a un grande artista all’epoca recentemente scomparso, il pittore udinese Odorico Politi. “Al sommo pittore Odorico Politi” è datato 10 dicembre 1846. Come avrete ben capito, Aloisio non parlava della sua terra, non la menzionava tra le righe, la sua produzione appartenne culturalmente a un ambiente decisamente cosmopolita, come infondo è quello dell’arte in tutte le sue forme. Probabilmente anche per questo se n’è persa la memoria da noi, tanto che nessuna sua opera rientra nella “Raccolta di poesie della Valle del Lago e dintorni”, curata da Ugo Rossi ed edita nel 1975. In essa infatti i testi riguardano proprio questo ambito geografico, non spaziano su altro. Non ho avuto altrettanta fortuna nel trovare la data di morte di Aloisio, che infatti mi rimane ignota (sarebbe da cercare negli archivi), ma sicuramente doveva essersi inserita sempre in questi tumultuosi anni ’40 dell’Ottocento o a cavallo coi ’50. Proprio grazie alla ricerca di Elio Varutti sulla storia dei suicidi in Friuli, possiamo almeno intanto sapere che morì per sua stessa mano. Varutti infatti, all’inizio del capitolo “Il suicidi romantic tal Risorgiment”, esordisce con “Isal pussibil di taiâsi il cuel pe miserie e pe patrie taliane?”. Riporto per intero la breve parte in cui si parla dei motivi e delle modalità del suo gesto. L’autore a sua volta ha attinto dai testi di tali Bono (1888) e Pilosio (1955): “Aliosio Picco nol à resistît ae so situazion politiche e economiche. Cheste ultime e jere veramentri grivie. Lis cronachis a disin che «al si jere seade la gole cuntun rasôr in Cjase Berretta, indulà che al jere ospitât, e somee par caritât…»”. Anche in questo caso non si precisa il paese, di certo non Interneppo e nemmeno Bordano. Se siamo in Friuli, potrebbe trattarsi della villa nobiliare di Lauzacco, a sud di Udine e oggi in Comune di Pavia di Udine, ma quella “r” di troppo non mi convince; potrebbe essere stato in Veneto. Senza la pretesa di dare alcun giudizio ulteriore, vista appunto la scarsa documentazione reperibile in rete di cui mi sono servito, c’è da dire che la sua tragica fine infondo collima con una vita che pare sia stata all’insegna di una continua e tormentata ricerca di quei valori che potessero riscattare la sua terra e l’animo dell’uomo. Lancio dunque un appello affinché la figura di questo dimenticato patriota e letterato locale, straordinariamente colto per l’ambiente comunitario da cui proveniva (nei suoi scritti ho trovato riferimenti a Dante e Manzoni), possa venir scandagliata con miglior efficacia e perizia di quanto la grezza ricerca di un semplice appassionato di storia locale come me possa fare.
                                                                                                                                     Enrico Rossi

Fonti principali:

  • Ricerca “Il suicidi dai furlans”, Elio Varutti, 2009
  • Ricerca “La musica nei periodici veneziani della seconda metà del Settecento e dell’Ottocento”, Maria Girardi (non datata)
  • Numeri de “Pagine Friulane” e de “Il Friuli” già menzionati nel testo


2 commenti:

  1. Sono rimasto colpito da questo personaggio e stamattina ho provato a " cercarlo" sul libro di Velia Stefanutti,(Interneppo\Tanep ) dove ci sono tutti gli alberi genealogici di Interneppo, ma l'unico Picco Aloisio che si trova è Picco Luigi nato nel 1827..siamo fuori tempo massimo . Pure ha Bordano non esiste un ricordo di questo poeta udinese, ma la storia insegna che non esiste il mai..Se poi Aloisio Picco diventa Aloisio Pico ,forse qualche cosa cambia.Infatti Un Pico risulta menzionato nella famosa "canzone dell'Aquila Nera" mitica osteria di Udine. Però a pensarci bene, ricordo di aver visto su di una vecchia stampa di Udine le sue più importanti" macchiette " dell'ottocento ,tra cui Pico ,Bambin ,etc..Se poi vogliamo andare un po' più su ,c'è Emilio Picco fondatore della S.A.F ,di cui porto "indirettamente" il nome (era padrino di Mio nonno Emilio Picco e di conseguenza) A casa mia veniva raccontato che in realtà Picco Emilio avesse cambiato cognome diventando Pico Emilio in seguito ai fatti "dei falsari del Monte Festa " di cui era completamente estraneo , ma meglio non rovinare la fama. Queste sono alcune tracce che mi sono ritornate in testa per cercare di dare "vita " a questo mitico personaggio di Udine. Mandi da Emilius Emi Picco (il mio nome di battesimo )

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  2. Il sig. Gianfranco Martello scrive al Blog a proposito di una delle opere letterarie citate nell'articolo: "buongiorno,posseggo una copia di Aloisio Pico da Interneppo e cioè "il notomico ed il cadavero"; voglio venderla, chi è
    interessato si faccia avanti.il prezzo è importante vista la sua rarita'.Cordiali saluti GIANFRANCO".
    Chi fosse interessato può mandare una mail al Blog e così potrà ricevere la mail del sig. Martello per contatti diretti.

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