Alcuni punti fermi su quel che lega Peonis e la fine di Bottecchia
(e un chiedersi perché le fantasie abbiano maggior presa della pur banale realtà)
Oggi, 15 giugno, viene ricordato l'88° anniversario della morte di Ottavio Bottecchia, il primo ciclista italiano capace di vincere il Tour de France (nel 1924, bissando l'impresa l'anno successivo).
Sulla morte di Ottavio Bottecchia si sono diffuse negli anni tante voci (incidente, malore, aggressione per futili motivi, aggressione politica, vendetta della malavita…), di fronte alle quali risulta arduo e difficoltoso rintracciare un filo coerente, privo di contraddizioni.
Nel tentativo di delineare qualche elemento capace di contribuire alla definizione del caso, per anni ho cercato di raccogliere informazioni, notizie, testimonianze. Oltre ad aggiornare la documentazione bibliografica sono andato alla ricerca degli ultimi testimoni diretti dell'episodio, trovando, tra Peonis e Gemona, alcune persone che potevano ricordare di aver visto "qualcosa", in quelle concitate giornate del giugno 1927: ne è emerso il quadro, abbastanza nuovo, delle "operazioni di soccorso" seguite da un discreto numero di persone, della presenza, accanto ai soccorritori ricordati in tante ricostruzioni, di uomini, donne e - soprattutto - bambini che hanno seguito lo svolgersi dei fatti, annotato l'accaduto, parlato e discusso nelle ore e nei giorni immediatamente successivi. E’ stato importante quindi scoprire come le fasi del soccorso a Bottecchia ferito, proprio quelle che la stampa e la memorialistica hanno tramandato come un esempio di solitudine, circoscritto a poche delimitate persone (i due soccorritori, la levatrice - infermiera, il carrettiere) sia stato in realtà un episodio dai contorni assai più vasti, quasi corali: un incidente partecipato, seguito dalla curiosità della gente e da una sorta di coinvolgimento collettivo, dapprima determinato dall'eccezionalità dell'evento, poi dallo scoprire le caratteristiche del personaggio coinvolto.
E' seguita poi la delicata fase del raffronto delle diverse ipotesi, l'analisi delle versioni, la ricerca dei punti caratterizzanti da approfondire e verificare, l'accertamento relativo alla "primogenitura" dell'avanzamento delle ipotesi e il lavoro di confronto sulle diverse versioni, individuando, talvolta, il sorgere di evidenti travisamenti e la proposta di elementi non fondati su un'analisi obiettiva delle fonti.
Il risultato? Un articolo pubblicato con risalto sul Messaggero Veneto del 13 giugno 2000 e, soprattutto, il libro "Ottavio Bottecchia, quel mattino a Peonis", edito dal Comune di Trasaghis ed uscito nel 2005.
Quali gli elementi di maggiore novità emersi nel percorso di ricerca? Sono parecchi.
Prima di Peonis. Nel suo allenamento solitario, la mattina del 3 giugno 1927, Bottecchia arrivò a Cornino, e fece una sosta all'osteria di "Zuan dal Niti" (ora "Ristorante Ai Glicini"). Qui consumò una bevanda (secondo don Marcuzzi, che raccolse la testimonianza dei gestori dell'epoca, si trattò di una birra fredda), probabilmente causa concomitante del successivo malore. E' importante sottolineare che quel giorno non ci fu alcuna rissa o colluttazione né all'osteria né nelle immediate vicinanze: il presunto riferimento alla testimonianza del parroco dell'epoca, don Nigris, pubblicata nel 1973 sul Bollettino Parrocchiale di Peonis, cui fanno riferimento vari ricercatori, non ha in realtà fondamento. Don Marcuzzi ha infatti più volte precisato in seguito che in realtà le notizie fornite da don Nigris sono state differenti e che una mancata revisione delle bozze prima della stampa del Bollettino e quindi l’uscita con diversi tagli, errori di forma e contenuto ha impedito la corretta trasposizione del pensiero del vecchio sacerdote. Don Nigris aveva raccolto sì la voce di una colluttazione avuta da Bottecchia con dei fascisti, ma il fatto non avrebbe avuto alcuna relazione con le ultime ore del campione, essendo accaduto settimane, se non mesi, prima, in un periodo quindi anteriore al 3 giugno; d’altronde questo episodio non dovette essere particolarmente significativo, se il campione continuò a seguire quell'itinerario nei suoi allenamenti.
L'ipotesi "contadino". La versione dell'aggressione da parte di un contadino cominciò a diffondersi, parecchio tempo dopo la morte di Bottecchia, trovando un rilevante spazio sulla stampa. Alcuni anziani di Peonis ricordano che la "leggenda" dell'aggressione da parte di un contadino nacque dalla presunta auto-confessione rilasciata sul letto di morte da un vecchio emigrante, ormai in preda al delirio ("al 'zavariava", vaneggiava): un'auto-attribuzione oltretutto inverosimile, poiché l'uomo, nel 1927, quando Bottecchia morì, lavorava in Francia ed era quindi materialmente impossibile potesse essere stato in qualche modo coinvolto nell'episodio e tanto meno avesse potuto averne responsabilità. Del resto - aggiungono gli anziani di Peonis - l'uomo non aveva alcuna proprietà nei pressi della strada per Cornino dove trovarsi a lavorare o a "difendere" i prodotti agricoli.
L'ipotesi dell'aggressione politica. La tesi dell'assassinio di Bottecchia per motivi politici circolò all'estero negli anni '30 negli ambienti del fuoriuscitismo antifascista e riemerse negli anni '70. Un'aggressione per motivi politici trova però difficile spiegazione a causa della complessa personalità di Bottecchia. Chi può dire infatti quale potesse essere il credo politico del campione? Sembra che egli sia stato infatti iscritto al PSI, poi, probabilmente nel periodo francese, vicino alle frange anarchiche. Di Bottecchia si parla anche di una iscrizione ad una loggia massonica e, infine, dell'iscrizione al Partito Nazionale Fascista, in quel di Vittorio Veneto, avvenuta il 30 luglio 1923. Pare insomma di poter dire che Bottecchia, politicamente, sia stato tutto e il contrario di tutto, così da far ritenere improbabile l’ipotesi di un’aggressione per motivi politici.
L'ipotesi "malavita". Altrettanto fumosa e improbabile appare l'ipotesi del "killer sardo" impegnato addirittura a liquidare i due fratelli Bottecchia, senza contare che dubbia e indimostrata rimane la stessa esistenza fisica del sardo citato, Berto Olinas.
Il diario ospedaliero: una rilettura. Per giungere a delle conclusioni, si sono cercati elementi per un'analisi del "diario ospedaliero" che attesta le condizioni di Bottecchia all'ingresso in ospedale. Questi dati sembrano escludere la tesi di una colluttazione, di un pestaggio: le ferite sono localizzate tutte sulla parte destra del corpo, elemento inconciliabile con l'ipotesi di un'aggressione che avrebbe visto una reazione, anche solo istintiva, della vittima ed una conseguente "polidirezionalità" delle contusioni, dei colpi, delle ecchimosi. Per cercare di giungere a una qualche risultanza, anche alla luce delle valutazioni attuali della scienza medica, sono stati consultati, in maniera distinta, tre medici legali, ai quali è stato chiesto di “commentare” il diario ospedaliero. Tutti, analizzando i dati, hanno escluso l'eventualità che le lesioni siano conseguenti ad una colluttazione, riconducendo la causa di morte alle lesioni cerebrali correlate al trauma conseguente alla caduta.
Nessun giallo, dunque: probabilmente in conseguenza ad un malore, Bottecchia ebbe una rovinosa caduta per essere stato violentemente disarcionato all'atto di sganciare i puntapiedi dei pedali.
Il libro uscito nel 2005 è stato accolto con interesse e attenzione: Lucia Burello, per esempio, sul 'Messaggero Veneto' ha scritto che "Non è più un giallo la misteriosa fine di Ottavio Bottecchia" e Claudio Gregori sulla 'Gazzetta dello Sport' ha espresso l'opinione che ora "Il mistero è svelato".
A dieci anni dall'uscita del libro tocca constatare però come le voci fantasiose non si siano affatto sopite, basti citare l'articolo sul "Corriere della sera" del 2 giugno 2013 dove veniva descritta la caduta di Bottecchia in termini palesemente errati (" Lo trovano riverso in un canale tra Peonis e Trasaghis, qualcuno lo ha colpito alla testa e lo ha lasciato lì, portando via la bicicletta per inscenare un furto ")… o del pullulare su Internet di fantasiose ricostruzioni dove si ribadisce che il campione sarebbe stato aggredito per aver rubato dell'uva (in giugno!).
Tocca interrogarsi allora su quali siano e quali possano essere le vie migliori per fare arrivare al grande pubblico il senso e le conclusioni di ricerche laboriose condotte sul campo, dal momento che nemmeno parecchie segnalazioni inviate ai giornali dal Comune di Trasaghis per segnalare la palese approssimazione di alcuni articoli usciti non hanno avuto esito alcuno.
Sarà magari logico che, come ha scritto Bruno Roghi, "Una morte per incidente stupido pareva troppo mediocre e insignificante per essere accettata supinamente dagli ammiratori di Ottavio: una tragica sventura si addiceva meglio a quel cavaliere di grandi avventure ch’era stato", ma sicuramente non è più possibile accettare passivamente versioni palesemente inventate. La voce della aggressione per futili motivi, infatti, ha avuto una rilevante diffusione a livello di "immaginario collettivo" (da cui l'ingiusta definizione, tante volta sentita, anche in tempi recenti, di "chei che an copât Bottecchia" riferita agli abitanti della zona). E' il caso invece che venga dato atto della immediata azione di soccorso avviatasi a Peonis in quel mattino di giugno del 1927.
Pieri Stefanutti
Purtroppo la morte violenta di qualche personaggio famoso ,crea sempre delle leggende nere,,Ho letto alcuni libri ,tra cui anche il tuo,su Bottecchia ma purtroppo le vicende "entrate nella mente della gente " sono dure da scacciare e da dimostrare e credo che se non ci fosse stato il famoso monumento fuori Peonis pochi avrebbero conosciuto Bottecchia e le sue vicende. A proposito .oggi siamo il 15\6 e cento anni fa era in corso la prima battaglia del Pal Piccolo,che ha creato la più nera delle leggende della prima guerra mondiale , conosciuta non solo nella zona dell'Alto But,,(le vicende tra gli alpini e i finanzieri e gli austriaci)..Anche se nel 2013 è stato pubblicato da parte di Rocco Tadino e Mauro Unfer il libro "Pietà negata" per fare luce ,diciamo ufficialmente ,su quei fatti.. purtroppo come ho già detto certe idee , ricordi,e chiamiamole convinzioni sono difficili da eliminare dalla testa della gente ..Lo stesso vale per "incidente di Bottecchia"
RispondiEliminaLeggendo l’articolo mi chiedo perché si parli così sfacciatamente di maggior presa delle fantasie, e di banali realtà. Più che una umile riflessione pare invece un giudizio, portato dall’alto del proprio pulpito. Dunque chi scrive ha già tratto le sue considerazioni e come di consuetudine, pensa siano le uniche, quelle giuste, tanto da definirle con assoluta convinzione “banale realtà”. Gli avvenimenti invece, sono da sempre poco chiari, ma qualcuno ha pensato bene di trovare una giusta verità, la sua naturalmente. E quelli di allora? Non erano capaci o all’altezza per trarne una adeguata conclusione? Gente ignorante sembra, piena di fantasie. Voci Fantasiose? Pare vi sia pure inciampato anche il povero e vecchio sacerdote. Probabilmente allora, gli interessi erano altri, diversi dagli odierni. “Tocca interrogarsi allora su quali siano e quali possano essere le vie migliori per fare arrivare al grande pubblico il senso e le conclusioni di ricerche laboriose condotte sul campo”. Perché dunque? A chi giova tutto questo? Basta pensarci un pò su e forse, troviamo anche noi la “banale realtà”. Sandra
RispondiEliminaA Sandra. Anche se lei non fa nomi, pare evidente che la critica sia destinata al sottoscritto. Sono dispiaciuto di venire percepito come uno che parla "dall’alto del proprio pulpito". Sull'argomento in questione io ho fatto un percorso che credo sia corretto (analisi bibliografica, ricerca sul campo, individuazione di nuovi elementi per l'interpretazione del caso). Ho sbagliato? Può darsi: mi venga dimostrato e ne prenderò atto. Nello specifico, però, non ho paura a dire che sul caso ci sia stato ampio pressapochismo. Il caso del "il povero e vecchio sacerdote" che lei cita è emblematico: in tanti hanno citato per vera e risolutrice una testimonianza che di fatti non esisteva, dal momento che il sacerdote che ha raccolto la testimonianza del "povero e vecchio sacerdote" ha provato, più volte e nei fatti, a dimostrare che c'era stato un errore di comunicazione, una banale svista tipografica che ha fatto versare fiumi di inchiostro su un elemento inesistente o quantomeno ininfluente. Ma è sempre così: la notiziona, anche se indimostrata, fa più "scjas" della "banale realtà". Mandi
EliminaDunque parrebbe che tutti abbiano operato bene ed in buona fede. Ma per capire meglio è mia abitudine chiedersi sempre il perché e a quale scopo vengano attuati tali comportamenti. Al quanto sorgono alcuni dubbi: l’insistente impegno del Don Marcuzzi, che non conosco personalmente ma pare abbia un cognome della zona, per dimostrare l’inaffidabilità del suo collega “il vecchio sacerdote” e non solo; e poi il conseguente finanziamento con incarico di ricerca, studio e stampa del libro interessato da parte dell’Am.ne del Comune di Trasaghis. A proposito di persone del luogo, sappiamo tutti benissimo chi all’epoca era a capo di detta Amministrazione. Dunque, sembra più che evidente che le valutazioni in merito, pur essendo un lavoro dettagliato “percorso corretto”, siano state quantomeno influenzate e pertanto da ritenersi assolutamente, un lavoro non obbiettivo. Per quanto riguarda il libro, personalmente ritengo che Lei non abbia assolutamente sbagliato, ha fatto il suo lavoro e bene, riproponendo ciò che le era stato richiesto “la banale realtà”.
EliminaA proposito di "scjas" penso che il vero ed unico problema sia proprio questo e a tal proposito, andiamo a rileggere le ultime righe dell’articolo.
- La voce della aggressione per futili motivi, infatti, ha avuto una rilevante diffusione a livello di "immaginario collettivo" (da cui l'ingiusta definizione, tante volte sentita, anche in tempi recenti, di "chei che an copât Bottecchia" riferita agli abitanti della zona). - Sandra
Mi pare che il suo discorso stia scivolando sull'offensivo e non ne capisco la ragione. Sono sempre stato disponibile a confrontarmi e ragionare sui fatti, ma non amo le dietrologie ed i complottismi.
EliminaMa cosa dice? Da parte nostra nessun offesa! Nessuna scivolata. Solamente una constatazione di fatto. Su via, non abbia la coda di paglia. Non ama le dietrologie ed i complottismi? Bene, molto bene, mi fa enorme piacere. Allora in fondo siamo in perfetta sincronia. A tal proposito volevo aggiungere che personalmente da sempre, non solo li detesto ma li combatto e come vede, poi li porto a conoscenza della gente. Mi creda, si voleva solo confrontarsi, riflettere e comunicare, riproponendo così anche qui, la “banale realtà”. Stia sereno. A risentirci, Sandra.
EliminaPiero Cargnelutti scrive su fb: "L'Informazione dei media quotidiani è finalizzata ad attirare l attenzione più che alla ricerca della verità. Forse questo è il limite che mette in discussione le cose a volte. Ma bisogna ricordarsi che l'informazione è più che altro uno a conoscere il mondo e la società che ci circonda. Il vero sapere è frutto di esperienza, dedizione, letture, ricerca. Il fatto che siano pochi quelli che vi si dedicano o semplicemente non hanno la possibilità di farlo non compromette il valore vero del sapere." E aggiunge una citazione: "Alla verità non ci si arriva mai, ci si può soltanto avvicinare il più possibile" (Roberto Saviano)
RispondiEliminaIgino Piutti scrive su fb: "Non è che le sparate venivano alimentate dal desiderio tutto nostro di metterci la croce addosso, dalla goduria d'ogni campanile a parlar male del campanile vicino? L'hanno ammazzato perchè rubava l'uva? Certo che sì, quelli di Peonis ti ammazzano anche se rubi l'uva che non c'e'. E giù a gonfiare la favola, pronti a darla da bere al prossimo cronista. Per cui alla fine anche uno storico puntale e pignolo come Stefanutti si ritrova impigliato in una ragnatela ove si intrecciano in modo inestricabile verità e fantasia. Risulta quasi impossibile trovare il bandolo della matassa, su Bottecchia come su altri fatti storici sui quali si sta impegnando. Comunque, Buon lavoro!"
RispondiEliminaPierpaolo Lupieri scrive su fb: "Una morte "accidentale" per un'associazione fortuita ed alquanto sfortunata di una congestione con setticemia da ferite di banal caduta di "biciclete", NON è una Notizia oggi nè lo era Allora! Ovvio che tirerebbe di più la "sclopetade daur di un cjaresaar" di un cazzuto paesano od il pestaggio squadrista fascista! Il sospetto aleggia sul mito, ma la realtà ci riconduce all'ovvio del quotidiano. Ma Pieri Stefanutti..non si fa trascinare dal complesso di Erodoto: "fale viodi plui grosse par contale plui grande"! "
RispondiEliminaIl mondo è bello perché è vario. Non so perché vi ostiniate a cercare la verità, quale dopo tutto? La vostra per caso? La libertà di opinione è una delle più belle cose che ci siano, godetevela. Roby
RispondiElimina"La libertà di opinione è una delle più belle cose che ci siano, godetevela. Roby"
RispondiEliminaQuando si tratta di "fatti" documentabili come questo di cui si sta discutendo, l'opinione non può avere spazio perché non siamo nel campo delle valutazioni personali. Un libro può piacere o meno, ma i fatti descritti nel libro se sono accuratamente documentati non sono "opinioni", ma "fatti documentati".
Giusto per precisione. E questo vale per ogni libro che voglia appurare come si sono svolti fatti di cronaca o episodi storici. Poi, si può sempre affermare che il libro non documenta in maniera sufficiente, ma questo è tutto un altro discorso.
"Giusto per precisione". Caro anonimo delle 07.35 non sono affatto d'accordo con quello che dici. Quali fatti documentabili? Ma se sulla vicenda, da sempre, aleggia il mistero. Leggendo il libro ho trovato, pochi fatti ma tante opinioni "documentate". Tant'è vero che le opinioni che non aggradano vengono sistematicamente sottovalutate o svezzate. Sono solo fantasie? Invece, se hai qualcosa di concreto dimostralo, altrimenti anche la tua versione resta solo un opinione. Roby
EliminaConcordo con i punti di riflessione posti dall'Anonimo delle 7.35. A Roby mi permetto di ricordare di aver fatto un lavoro non solo riportando le tante, diverse opinioni che si sono sentite e lette sull'argomento (e se vogliamo già questo è un lavoro non da poco, dal momento che "al sparagne la fature" a quanti volessero documentarsi sull'argomento) ma soprattutto aggiungendo elementi nuovi e concreti, quali la individuazione di testimonianze inedite di persone presenti quel mattino sui luoghi, la dimostrazione della insussistenza della versione che attribuisce al sacerdote dell'epoca la notizia della colluttazione a Cornino, la raccolta del parere (reso indipendentemente l'uno dall'altro) di tre medici legali che escludono ci sia stata una colluttazione .... Mi pare siano elementi che chiariscono parecchi aspetti. Chi ha altri elementi concreti si faccia avanti; la libertà di opinione è sacrosanta ma in quest'ottica c'entra poco.
RispondiEliminaMandi Pieri Stefanutti,
RispondiEliminao soi l'anonimo des 7.35. I libris di ricercje storiche (ancje contemporanee) a son simpri plui dificii di lei di un libri scrit in forme gjornalistiche.
Ma la ricercje dai fats si fâs cui documents e no su lis opinion.
"la raccolta del parere (reso indipendentemente l'uno dall'altro) di tre medici legali che escludono ci sia stata una colluttazione ": chescj a son documents fondamentâi che a provin i fats.
mandi
Ancora un opinione, questa volta anche banale, su dichiarazioni individuali rilasciate su osservazioni presunte. Roby
EliminaUna diagnosi medica sarebbe una opinione? E' vero che la medicina non è una scienza sempre esatta, ma spero che i medici curanti e dei pronti soccorsi sappiano distinguere le "ferite da colluttazione" dalle "ferite derivanti da una caduta accidentale"......
RispondiEliminaBon dai, fininle ca...
l'anonimo des 7.35
Ancora una volta debbo plaudire l anonimo delle 7.35 e dissentire da Roby. Non credo siano però possibili ulteriori passi in avanti. nessuno degli elementi concreti sottoposti a Roby gli hanno minimamente offerto stimoli di riflessione nè d altro de ha offerto uno , dicasi uno, elemento concreto per una lettura diversa. quindi ... lassin sta il mont cui et.
RispondiEliminaNessuno ha mai messo in dubbio la professionalità dei medici interessati. Però, stiamo parlando di un fatto accaduto il 3 giugno 1927, ed il nostro anonimo di cui sopra, parla di “diagnosi medica” e addirittura di “pronti soccorsi”. Il campione, fu trasportato prima a spalla fino in paese e poi per oltre dieci chilometri su un carretto, con ruote in legno presumo, trainato da cavallo. Pare che all’ospedale vi giunse parecchie ore dopo, ripulito e medicato dopo le prime cure. Il libro parla di rilettura del diario ospedaliero o di cartella clinica; comunque i medici interpellati unitariamente lamentano scarsità di dati a disposizione. Un malore e una rovinosa caduta? Non si esclude neanche l’ipotesi di un investimento! Si legge: “un importante forza che abbia agito da dietro” “la forza d’urto; concussione da accelerazione”. Che poi la causa sia stata volontaria o no resta purtroppo sempre un mistero come l’intera vicenda. Ed allora? "fatti documentati"? No, solamente tante considerazioni con eventuali e possibili ipotesi. Ora però vorrei anch’io tirare un sasso nello stagno. Si parla di assicurazione ed andiamo a leggere: “I familiari avevano interesse ad avvalorare la tesi della disgrazia per riscuotere la forte assicurazione il cui premio sarebbe stato pagato soltanto in caso di incidente avvenuto durante l’attività ciclistica”. Non si sa nulla sul pagamento di detto premio assicurativo? Presumo che anche allora la compagnia assicurativa incaricasse dei periti per una eventuale indagine approfondita. Per caso nessuno ha mai ricercato percorrendo anche questa strada? Roby
EliminaRoby ha mutato spirito e impostazione: benone! Di fronte a questo atteggiamento costruttivo cerco, per quanto ne so, di fornire qualche risposta.
EliminaParto da Enrico Spitaleri, che nel 1987 ha pubblicato "Il delitto Bottecchia", un testo che è stato presentato anche a Trasaghis, anche se "scomodo": si basa sulla tesi della aggressione politica basandosi sulla presunta testimonianza di don Nigris: come si è cercato di dimostrare, non esiste la testimonianza Nigris come è stata divulgata e non è dimostrata l'aggressione, di cui non vi sono riscontri fisici. Lo stesso Spitaleri ha pubblicato nel 2008 "L'agguato" dove la tesi dell'aggressione viene corroborata dalla testimonianza di don Nigris (vedi sopra) e dal racconto di Giulio Crosti sulle indagini bloccate del capomanipolo Caserotti (per verificare questo punto ho sfogliato svariate annate dei giornali dell'epoca, dove non compare mai questo personaggio, che avrebbe invece dovuto esser ben presente nelle cronache gemonesi degli anni '20). Nel suo secondo libro, Spitaleri dedica alcune pagine alla "questione assicurazione" ma anche qui senza portare fatti concreti ma solo insinuazioni, tipo quella di cattivo gusto che ancor prima che il marito morisse la moglie avrebbe deciso di optare per la tesi dell'incidente per incassare l'assicurazione (v. pag. 39).
Sempre sul tema, è uscito nel 2005 "Bottecchia l'inafferrabile" di R.Fagiolo e F. Graziani, dove l'assicurazione diventa "un espediente narrativo" per imbastire un racconto di fantasia, pur inframezzato da apprezzabili ricostruzioni, p. es. sul fuoriuscitismo friulano in Francia.
Elementi concreti, dunque, non paiono esserci. Ma forse, come suggerisce Roby, potrebbe essere un settore su cui indagare.
La cartella clinica è un elemento fondamentale ogni qualvolta si vuole una consulenza medica da parte di terzi. Può essere che i dati contenuti nella cartella clinica ospedaliera di Bottecchia non siano oggi ritenuti completi (con grande probabilità all'epoca dell'incidente in esame non c'erano ancora la TAC o la RM e ci si doveva accontentare di una radiografia) ma è comunque una fonte molto importante per determinare la dinamica e le cause dell'incidente. Considerarla un'opinione mi pare molto riduttivo: questo è ciò che volevo dire.
RispondiEliminaChe poi intorno alla morte di un grande campione come Bottecchia "si sia ricamato" tantissimo e rifiutato una morte per cause naturali a seguito di un banale incidente in bicicletta, è alquanto probabile. Può un grande campione del ciclismo morire a causa di un banale incidente ciclistico? O meglio inventarsi scenari da "scoop giornalistico"? Credo che il libro di Pieri Stefanutti abbia voluto rispondere a questi quesiti cercando documentazione e analizzando tutte le tesi fino ad oggi proposte.
l'anonimo des 7.35
Bell'articolo. Mandi
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