Come già detto, il Blog ospiterà volentieri impressioni e commenti di quanti avranno letto il libro e vorranno dire la propria opinione sul lavoro e sulle "suggestoni valdelaghine" descritte da Morganti.
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Quel cervo bianco nel romanzo di demoni e benandanti
Messaggero Veneto, 3 gennaio 2015
Viaggiando verso Tarvisio, dal viadotto dell’autostrada sopra il lago di Cavazzo la pieve di santo Stefano a Cesclans si staglia imponente e in controluce sul cielo. Questa è la nuova ambientazione montana de “Il Bosco del cervo bianco” (512 pagine, 18 euro), l’ultimo romanzo di Paolo Morganti e, dopo averlo letto, vedrete con occhi diversi la chiesa e i luoghi che state attraversando. L’ambientazione temporale è nel primo Cinquecento, quando in Friuli si avvertivano i primi accenni di Controriforma e la chiesa di Roma si scatenava contro Benandanti e liberi pensatori accusandoli di stregoneria. Il romanzo sfiora soltanto i grandi avvenimenti storici, preferendo interessarsi alla vita della gente comune descrivendone usi, costumi e territorio. A ogni romanzo lo scrittore sceglie una zona particolare del Friuli con lo scopo dichiarato di descrivere agli stessi friulani aspetti storici e culturali, spesso ignorati, del nostro territorio, poiché chi non conosce il passato, non può comprendere il presente. Dopo la zona di Varmo, di Majano, di Spilimbergo ecco ora la montagna carnica tra Cesclans e Tolmezzo con tanto di Valle perduta, Palude Vuàrbis, Grotta dai pagàns e das strias, il misterioso villaggio Folcjàr, cui si accede da una cascata, come nelle sequenze dei film di avventura. I paesaggi cambiano totalmente e la neve entra a far parte delle descrizioni, boschi di castagni, di noci, di faggi e di querce dai rami scheletrici creano effetti surreali insieme a paludi ghiacciate ed immobili sotto la luce lunare: leggendone le descrizioni sembra di avvertirne il silenzio, il mistero, il freddo penetrante.
Ambientazioni spettrali fanno da scena agli inquietanti misteri e ai misteriosi assassini che anche questa volta coinvolgono prè Michele, mandato in Carnia per punizione. Per combattere il male troverà inaspettati alleati in alcuni sacerdoti druidi, discendenti di antichi popoli di origine celtica e si stabiliranno inedite relazioni tra Benandanti e sciamani, entrambi accumunati dallo stretto legame con la natura e lo spiritualismo. Il cervo bianco, che dà il titolo al romanzo, non è altri che il dio pagano Cernunno che divenne il Cervo con il Crocifisso entro le corna, apparso a Sant’Uberto e spiega al meglio l’acculturazione, con cui il Cristianesimo fece proprie le divinità pagane che non riusciva a sradicare. Cosí, conclude Paolo Morganti, «alle figure del paganesimo che si potevano camuffare con leggende suggestive legate al Cristianesimo fu risparmiato l’oblio. Ad altre, oltre all’oblio, spettò invece l’etichetta di demoniaco». È il caso dei Benandanti, i nati con la camicia o con il sacco amniotico, custodi di un patrimonio culturale legato al mondo agrario, in cui il sacro cristiano si confondeva con il mondo arcaico, animistico e pagano. Una delle caratteristiche della scrittura di Paolo Morganti, è quella di interpolare abilmente le vicende dei personaggi con riferimenti ai romanzi precedenti e anticipazioni degli sviluppi futuri. Romanzo curatissimo nella grafica e con una postfazione e un’appendice sui Benandanti utili ed efficaci.
(ga.b.)
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