«Salviamo il lago di Cavazzo, il fondo è pieno di fango»
I l Comitato: «La Regione indica un concorso internazionale per realizzare il bypass La centrale di Somplago non deve scaricare lì». Lo studio dell’Ismar di Bologna
di Giacomina Pellizzari
UDINE. «Il fondale del lago di Cavazzo è una distesa di fango». I rappresentanti dei Comitato a difesa e valorizzazione del lago non lo affermano per sentito dire, lo dicono rendendo pubbliche le conclusioni del rapporto tecnico stilato dai ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Cnr di Bologna. Partita in via sperimentale per testare nuove strumentalizzazioni, la ricerca scientifica è in corso. Il Comune di Trasaghis ha incaricato gli studiosi a completare le indagini. Franceschino Barazzutti, l’ex sindaco di Cavazzo, l’ha sottolineato per dare maggior concretezza alla richiesta del Comitato: «La Regione deve indire un concorso internazionale per l’elaborazione del bypass in grado di evitare che lo scarico della centrale di Somplago finisca nel lago».di Giacomina Pellizzari
Alle 10, nella sala Kugy, i rappresentati dei Comitati, davanti ai consiglieri regionali Enio Agnola (Pd), Roberto Revelant (Ar) e Cristian Sergo (M5s), hanno proiettato le fotografie del fondale coperto di fango. Nell’attesa che i ricercatori completino la carta morfo-batimetrica dei fondali con la caratterizzazione dei depositi, i Comitati tornano ad alzare la voce: «Il lago è a rischio, va naturalizzato». Valentino Rabassi l’ha ricordato illustrando le prime immagini ricevute dall’Ismar di Bologna: «Il fondo è piatto, è coperto di fango, le sostanze organiche vanno in anossia e, in quantità ridotte, producono gas metano». E se l’obiettivo dei Comitati è riportare il lago alla sua fruibilità iniziale, per raggiungerlo basta eliminare l’apporto di fango. Barazzutti ha detto chiaramente che al Comitato non basta il fatto che il Piano di tutela delle acque approvato alla fine del 2017, preveda l’elaborazione dello studio di fattibilità del bypass per evitare che lo scarico centrale finisca nel lago. «Noi chiediamo qualcosa di più. Ovvero che nell’ambito della legge in materia di energia e ambiente, in discussione a partire dalla prossima settimana, venga previsto un concorso internazionale per l’elaborazione del bypass». E se la domanda è «perché un concorso internazionale e non un incarico?», la risposta l’ha data sempre Barazzutti: «Non vorremmo che dessero un incarico a qualcuno che dicesse: «No se pol». L’espressione in triestino non è casuale.
«Vogliamo – ha proseguito Barazzutti – le migliori menti perché il lago di Cavazzo è il più grande della regione. È una risorsa idrica sempre più preziosa soprattutto con i cambiamenti climatici in atto». Il lago è una ricchezza che, sono sempre le parole dell’ex sindaco di Cavazzo, «non deve essere arraffata da interessi estranei. Si derivi pure per gli usi agricoli, si produca pure corrente elettrica, la centrale continui a funzionare, ma il lago va salvato».Il progetto è prestigioso e la Regione può davvero diventare un esempio di ente virtuoso in materia ambientale. I consiglieri regionali sono avvertiti. Soprattutto Agnola, Revelant e Sergo hanno il compito di portare le istanze del Comitato a Trieste.
(Messaggero Veneto, 20 gennaio 2018)
----------------------------------- Un nuovo «no» all’impianto sotto la rupe di San CandidoMentre il fondo del lago di Cavazzo si riempie di fango, nelle valle piovono domande di derivazione: «Il Tremugna una domanda, il Leale tre domande, il Palar la domanda è stata inoltrata da un altoatesino e ora anche il Comune di Cavazzo vuole realizzare una centralina nelle bellissime sorgenti di San Candido, con la chiesetta accanto e con la rupe, enorme, strapiombante, in località pericolosa. Questo non è accettabile bisogna porre fine alla costruzione di centraline idroelettriche per interessi privati». Con la passione che da sempre caratterizza le sue prese di posizione, Franceschino Barazzutti, e il Comitato a difesa e valorizzazione del lago, ieri, hanno ribadito il loro «no» alla realizzazione dell’impianto nell’ex lavatoio, dietro il muro di Somplago.
«Se c’è un posto dove non va fatta la centralina è proprio quello», ha aggiunto Barazzutti nel ricordare che non è solo una questione di buonsenso visto che, come conferma la simulazione i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista del Museo si storia naturale “La Gortania” «se dalla rupe si staccano quattro metri cubi di materiale, la massa supera il muro, sfondandolo». L’ipotesi non è peregrina visto che la rocca è stata danneggiata dal terremoto. Le fessurazioni sono tutt’ora visibili. Non a caso Barazzutti ha presentato un’osservazione al Piano regolatore comunale e sensibilizzato il mondo politico.
Al fianco dei Comitati c’è anche Legambiente: «Abbiamo aderito alla campagna promossa nell’Arco alpino per chiedere al Governo di eliminare gli incentivi per gli impianti con potenza sotto un kw e di ridurli sensibilmente per quelli sotto i tre kw. Entro questo limite va eliminata la pubblica utilità dell’impianto».
----------------------------------- Un nuovo «no» all’impianto sotto la rupe di San CandidoMentre il fondo del lago di Cavazzo si riempie di fango, nelle valle piovono domande di derivazione: «Il Tremugna una domanda, il Leale tre domande, il Palar la domanda è stata inoltrata da un altoatesino e ora anche il Comune di Cavazzo vuole realizzare una centralina nelle bellissime sorgenti di San Candido, con la chiesetta accanto e con la rupe, enorme, strapiombante, in località pericolosa. Questo non è accettabile bisogna porre fine alla costruzione di centraline idroelettriche per interessi privati». Con la passione che da sempre caratterizza le sue prese di posizione, Franceschino Barazzutti, e il Comitato a difesa e valorizzazione del lago, ieri, hanno ribadito il loro «no» alla realizzazione dell’impianto nell’ex lavatoio, dietro il muro di Somplago.
«Se c’è un posto dove non va fatta la centralina è proprio quello», ha aggiunto Barazzutti nel ricordare che non è solo una questione di buonsenso visto che, come conferma la simulazione i cui risultati sono stati pubblicati dalla rivista del Museo si storia naturale “La Gortania” «se dalla rupe si staccano quattro metri cubi di materiale, la massa supera il muro, sfondandolo». L’ipotesi non è peregrina visto che la rocca è stata danneggiata dal terremoto. Le fessurazioni sono tutt’ora visibili. Non a caso Barazzutti ha presentato un’osservazione al Piano regolatore comunale e sensibilizzato il mondo politico.
Al fianco dei Comitati c’è anche Legambiente: «Abbiamo aderito alla campagna promossa nell’Arco alpino per chiedere al Governo di eliminare gli incentivi per gli impianti con potenza sotto un kw e di ridurli sensibilmente per quelli sotto i tre kw. Entro questo limite va eliminata la pubblica utilità dell’impianto».
Marco Lepre ha ricordato, inoltre, che l’associazione ha già inviato a tutti i Comuni la bozza dell’ordine del giorno già adottata dall’amministrazione di Ponte nelle Alpi.(Messaggero Veneto, 20 gennaio 2018)
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