"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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sabato 16 luglio 2016

Memorie dal 6 maggio - 19 - Il giorno delle manifestazioni

Il 16 luglio di quarant'anni fa i terremotati friulani scesero in piazza, in due grandi manifestazioni tenutesi a Trieste in mattinata e a Udine nel pomeriggio.
Ripercorriamo quella giornata attraverso alcuni passaggi dalla cronaca che ne fece il quotidiano "La Stampa".

Le proteste dei terremotati

Il Friuli è sceso in piazza per protestare. Lo ha fatto forzando la sua natura. La gente di qui non ama i clamori, «ma — dice — non si può nemmeno sempre subire». La situazione è difficile, nelle tendopoli si vive in estremo disagio, la ricostruzione muove passi a una lentezza esasperante. La sfiducia comincia a fare presa. Da qui i cortei che si sono mossi a Udine e a Trieste per tenere viva l'attenzione sul dramma di una popolazione che chiede soltanto di poter riottenere un tetto sicuro sopra la testa. Ma al più presto, senza ritardi. «Il Friuli non deve fare la fine del Belice». (...)  «In ottobre ci sarà in Friuli un'altra Caporetto se non cresce l'impegno e non si raggiungono i traguardi minimi indispensabili», temono i sindacati. La gente ha i nervi a fior di pelle. Vede avvicinarsi a grandi passi l'inverno e si sente insicura. Le istanze della popolazione sono state illustrate appunto nel corso delle due manifestazioni che si sono svolte a Trieste in mattinata e a Udine nel pomeriggio. Simili i problemi di fondo, diversa l'impostazione politica. E' anche questo un segno del disagio esistente. Vi sono tuttavia posizioni comuni. Riguardano le accuse contro le lentezze della Regione. Tutti, inoltre, temono che i paesi possano spopolarsi ancora di più e che il Friuli possa morire. Nel capoluogo regionale, a cura «del comitato di coordinamento delle tendopoli, sono affluite dal Friuli alcune centinaia di persone con una ventina di pullman e mezzi propri carichi di striscioni e cartelli.



Ancora più massiccia la partecipazione a Udine. Un corteo si è mosso da piazza I Maggio per raggiungere il terrapieno di piazza XX Settembre. In testa le Comunità montane, le organizzazioni sindacali, i sindaci e gli assessori di molti Comuni, migliaia di persone giunte con ogni mezzo per testimoniare un disagio e una preoccupazione crescenti e portare la propria testimonianza di apprensione e di malessere. «Con questa manifestazione vogliamo soprattutto dire che il terremoto non ha colpito solo alcuni paesi, ma che ha lasciato gravi segni sull'intero Friuli, ne ha schiacciato ancora di più le scarse risorse», hanno sostenuto gli oratori. Quattro le richieste principali: entro settembre un tetto per tutti i terremotati; il rifinanziamento immediato del fondo di solidarietà nazionale per assicurare la ricostruzione; la Regione Friuli Venezia Giulia metta Comuni, Comunità montane e collinari in grado di gestire la ricostruzione attraverso reali poteri, mezzi finanziari e personale necessario; infine siano' prese iniziative per favorire la ripresa economica e produttiva di tutto il Friuli Venezia Giulia. Il malessere si avverte da mille particolari. A Gemona, Resiutta, Tricesimo e in altri paesi giunte e consigli comunali sono in crisi; a Braulins qualche spirito esasperato voleva far saltare il ponte che porta al paese. Reazione senza senso se non desse la misura dello stato di disagio d'un paese che si sente minacciato dal Brancot, uno dei monti insieme con il San Simeone e la Gran Pala sotto i quali la terra continua a tremare. A ogni scossa (siamo già a quota 165 tra quelle d'un certo rilievo, mentre quelle avvertibili dai soli strumenti sono oltre 400) si teme che le falde del monte continuino a staccarsi minacciando, dopo il paese, anche la tendopoli. (...)
 (Renato Romanelli, Le proteste dei terremotati "Sarà una nuova Caporetto,, Cortei e manifestazioni a Udine e Trieste, "La Stampa", 17 luglio 1976)


Naturalmente, "chi c'era" può contribuire con un ricordo diretto di quella giornata, magari allegando anche delle foto...



1 commento:

  1. Il ricordo più grande, sott'intenso oltre a quello dei morti e della distruzione , del dopo il 6\5\76 per me è la grande libertà e la solidarietà che regnava nei paesi terremotati ..Infatti con il terremoto erano caduti tutti i vecchi campanilismi che esistevano tra i vari paesi,questo specialmente tra i giovani . Si era tutti uguali,ci si doveva reciprocamente dare una mano per ricominciare a vivere..Certo senza quella libertà non sarebbe stasato possibile confrontarsi e discutere con le autorità ,che s'erano trovate ad affrontare una così grande emergenza, ecco il perché dei cartelli "il Friuli non deve fare la fine del Belice ","Dalle tende alle case" che la popolazione portava in manifestazioni quasi spontanee.. In quei periodi li ,il Friuli aveva una grande libertà mai provata prima ,cosa che oggi non si puo immaginare e provare ..ormai tutto è standartizzato ,oggi non si puo' fare questo , non si puo' fare quello ,ma nel 76 e 77 si poteva fare tutto ,si poteva protestare , riunire ,contestare certe decisioni che quasi venivano calate dall'alto.. era una continua discussione tra le diverse generazioni ,tutti si lottava per rinascere e per ricostruire i nostri paesi dov'erano e com'erano..Di questa manifestazione(riferita al 16\7\76 ho un ricordo ben preciso :..a Udine ad aprirla c'era il bambino di Bordano Colomba Eraldo, che davanti a tutti con il suo cartello "ricordava la famosa immagine del bambino ebreo nel getto di Varsavia".. quante manifestazioni ,quante lotte sfociate nella famosa manifestazione contro i parlamentari ad Osoppo del 14 settembre , quando l'on. Pannella era con noi.. Purtroppo 15 settembre s'è portato via tutte le speranze,ma dopo qualche giorno di smarrimento e di sconforto provocato dalla profuganza ,la voglia di ricominciare ,di ritornare al proprio paese ha avuto il sopravvento e in questo periodo, diciamolo dopo 40 anni, alcuni paesi distrutti (leggi i comuni di Bordano e di Trasaghis e non solo ) hanno rischiato di venir ricostruiti nella zona di Rivoli di Osoppo, lasciando i vecchi insediamenti a una specie di monumento e testimonianza al terremoto del Friuli e fare ,mi scuso,la fine del Belice (o del Vajont )..Senza la libertà di allora ,senza la voglia di fare ,senza l'unione di tuti i terremotati , che possiamo racchiudere in due scritte tracciate lungo la pontebbana "Fasin di bessoi " e "Portis deve rinascere qui " difficilmente ci sarebbe stata la tanto declamata e studiata "Ricostruzione del Friuli "..E quando ognuno ha avuto la propria casa recintata ..tutte le lotte e le idee che avevano caratterizzato i periodi del post terremoto sono ,aimè, sparite .. "Coca cola e patatine Pai", come sosteneva il compianto Giorgio Ferigo (riferendosi alla Carnia) Mandi

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