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LAGO E SFANGAMENTO…, CONTRATTACCO MEDIATICO?
(PARTE 2°)
Ricollegandomi al precedente mio intervento e al commento del Sig. De Vita, vorrei chiarire che il mio non è stato un attacco alla persona del’ing. Gianatti, il quale, ne sono convintissimo, è brava persona come lo è anche il Sindaco di Milano Pisapia.
La mia è una critica al metodo di realizzare e gestire direttamente o indirettamente opere pubbliche che, oltre a preconcetti, mentalità e nonostante l’innalzamento del livello scolastico, in un mondo globalizzato come il nostro non avrebbero più ragioni di esistere!
Non voglio entrare troppo nel merito di questioni politico/economiche il cui intreccio è causa di tanti mali, come non entrerò su preconcetti di cui fui vittima anch’io nell’ormai lontana estate 1973 quando, appena diciannovenne, mi recai a Milano per lavorare durante l’estate alloggiando in Corso Genova.
Presentandomi alla proprietaria, una Siura milanese, apprendendo che ero friulano mi rispose con tono poco scherzoso: “Ah, anche ti sei figlio de servette!”. Dato il mio carattere, vi lascio immaginare la risposta.
Tralasciando esperienze personali, vorrei chiarire invece del perché spesso citiamo il Sindaco di Milano dr. Pisapia che, di primo acchito, sembrerebbe ben poco coinvolto nella vicenda “Lago”:
E’ ovvio che non si parla della persona, ma della sua figura istituzionale quale Pubblico Amministratore e capo di un Ente che, con altri, rientra nell’azionariato di Edipower e mi spiego:
- Quando si parla di “opera pubblica” questa sua stessa etichetta ci porta a declinare due basilari aggettivi: utilità e necessità, dalla cui somma nasce la giustificazione per una spesa coperta da denaro pubblico e fatta nell’interesse generale.
La sopracitata ed esclusiva impronta di “bene pubblico” dovrebbe essere rimarcata, al di là del finanziamento/acquisto diretto o indiretto dell’opera o dei servizi, anche quando essa derivi dalla pur sola compartecipazione di Enti Pubblici, tale da indirizzare scelte e progetti verso queste finalità.
Per gli organici pubblici inoltre, la corretta realizzazione/fruizione di tali opere dovrebbero anche andare al di là della gestione diretta o indiretta del bene, così come accade per quelli partecipati attraverso un azionariato sia esso di minoranza o maggioranza, derivando dalla loro sola presenza un obbligo innanzitutto morale, oltre che di esempio e riferimento alla correttezza ed osservanza delle norme.
Non si può quindi accettare che un’opera quale il raddoppio proposto da Edipower, Società controllata in maggioranza da Enti pubblici, si comporti come il “Doctor Jekyl & Mister Hyde”: di giorno un perfetto gentiluomo e di notte un assassino o, meglio, nei miei territori combatto contro ogni sfruttamento cercando di amministrare bene mentre negli altri, guadagnandoci, faccio quel che più mi aggrada.
E’ corretto quindi che un’impresa, qualunque sia la sua natura, miri al ricavo e non porti certo delle perdite come avveniva in passato: ma una cosa è il giusto guadagno, un’altra è la speculazione da cui deriverà immancabilmente lo studio e la ricerca, soprattutto tra i dipendenti in carriera, di strategie finalizzate ad evitare noiosi contrattempi se non addirittura le regole.
Dino RABASSI (Membro del Comitato a difesa e sviluppo del lago ed ex Sindaco di Trasaghis)
Beh, che il commento del sig. Rabassi non fosse un attacco all'ing. Gianatti (ampiamente motivato e credo, ancor più largamente condiviso), francamente mi era sfuggito ma, prendo atto della precisazione.
RispondiEliminaEgli, però, introduce ulteriori argomenti, sicuramente meritevoli di riflessione, quali il concetto di "opera pubblica" o il ruolo (missione) di Enti Pubblici nella compartecipazione in aziende private. Non sono completamente convinto della bontà di alcune delle conclusioni cui perviene ma, soprattutto, non condivido il metodo di introdurre sempre nuove argomentazioni (ora, siamo a quelle politico-economiche) che, anzichè rafforzare la tesi sostenuta, rischiano di intorpidire ulteriormente acque che già devono sopportare i fanghi scaricati da Edipower.
Accontentiamoci delle argomentazioni tecniche, di per sè già più che sufficienti, che già esistono e già dimostrate e concentriamoci sull'obiettivo che ci siamo prefissi: fare in modo che lo sfangamento del Bacino di Verzegnis non avvenga nel modo che è stato proposto.
Mandi.