"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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martedì 23 luglio 2013

Lago, Edipower rinuncia al raddoppio - VII

La rinuncia di Edipower e, in generale, la "questione Lago" si è meritata la prima pagina della "Vita Cattolica",  addirittura con un editoriale del direttore Roberto Pensa, che vede nella vicenda una nuova "vittoria di Davide contro Golia", con la sostanziale sconfitta di un gigante come Edipower a opera di piccoli Comitati, impegnati ad affrontare  il colosso con una "azione pervicace e fastidiosa di contrasto".  Si tratta di una "rilettura" oltremodo stimolante che può offrire spazi di discussione anche su questo Blog. (A&D)
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Davide e Golia sul lago di Cavazzo

di Roberto Pensa

Ricordate la storia biblica di Davide e Golia? In questi giorni, in Friuli, abbiamo potuto godere di una sua significativa riedizione. Nei panni del gigante guerriero, il più temuto dell'esercito filisteo, corazzato di tutto punto, nella rappresentazione «nostrana» c'è Edipower, colosso nazionale dell'energia e proprietario della centrale idroelettrica di Somplago, con il suo potere economico, la sua influenza politica, i suoi tecnici e i suoi uffici stampa.
E il coraggioso pastorello israelita, che sfida il gigante armato solo di una fionda? Alcuni comitati popolari, impegnati a difendere il Lago di Cavazzo (il più grande specchio lacustre naturale friulano, splendido ambito naturalistico e paesaggistico) da un pericoloso progetto «contronatura» e il bacino del Tagliamento, in larghi tratti trasformato in deserto dalle condotte che alimentano le turbine elettriche. Lo hanno fatto con la forza dell'amore per la propria terra, della volontà di lasciarla intatta alle prossime generazioni. E soprattutto «armati» del desiderio di verità e della ragionevolezza del buon senso.
Ebbene, contro ogni pronostico, Davide ha sconfitto Golia. Edipower ha comunicato alla Regione che il suo progetto di raddoppio di Somplago «non è più strategico».
Qualcuno potrebbe obiettare: non sono i comitati che hanno vinto, ma è stata Edipower a cambiare idea e a decidere di perseguire altrove nuovi progetti di sviluppo, magari ancora più remunerativi.
Il fatto è che il mercato dell'energia elettrica sta cambiando, e il calcolo iniziale di convenienza fatto da Edipower è andato a gambe all'aria. Si pensava di pompare l'acqua dal lago di notte per farla risalire negli invasi a monte.
Poco importa se questo avrebbe comportato, come è ovvio, un forte consumo di energia: la bolletta, di notte, sarebbe costata di meno. Poi di giorno, quando l'energia si poteva rivendere a prezzi superiori, l'acqua sarebbe tornata nelle turbine regalando ad Edipower - ed ai suoi azionisti - il loro bel tornaconto.
A guastare la festa è arrivato il boom del pannelli fotovoltaici e dell'energia solare: l'abbondanza diurna di elettricità da essi prodotta ha diminuito il differenziale delle tariffe elettriche tra notte e giorno. L'investimento non conviene più.
Che c'entrano i comitati in tutto questo? Se la loro azione pervicace e fastidiosa di contrasto ad Edipower non ci fosse stata, forse il progetto sarebbe già realizzato, compiendo lo scempio prima che ci si accorgesse della sua inutilità. Ai comitati va il merito di averci ricordato che «l'acqua non scorre mai in salita» e che, semmai ce ne fosse la convenienza, essa sarebbe del tutto passeggera. Ma per dare a qualcuno un profitto «transitorio» non si possono sacrificare valori e ricchezze ambientali che hanno un'eco di eternità, dono di Dio forgiato per millenni dalla natura, attraverso le ere glaciali e l'azione dell'acqua.
Complimenti, quindi, ai nostri «Davide» e un grande «in bocca al lupo» per le prossime sfide: la battaglia contro il raddoppio di Somplago, grazie agli studi scientifici commissionati dai comitati, ha evidenziato che il Lago di Cavazzo rischia l'interramento nel giro di un secolo a causa dei sedimenti che vengono scaricati dalla centrale. Delle soluzioni ci sono, ma serve l'impegno di tutti, in primo luogo della politica.
Già, la politica. Anche in questa vicenda avrebbe dovuto giocare il ruolo dell'ago della bilancia, di equilibratrice tra la legittima ricerca di profitto delle imprese e la tutela degli interessi della popolazione e del patrimonio ambientale del Friuli. Ed invece, in questa vicenda, è stata una grande e colpevole assente, in larga parte prona agli interessi dei «poteri forti».
Le occasioni di riscatto non mancano. Sul tavolo c'è ancora la questione degli elettrodotti transfrontalieri, grandi autostrade dell'energia dirette in Austria e Slovenia che dovrebbero solcare - con i loro tralicci alti oltre 30-40 metri - alcune delle più belle vallate friulane (quella del Bût in Carnia e quella dell'Erbezzo/Arbec nelle valli del Natisone, appena alle spalle del santuario di Castelmonte) oltre che la pianura friulana (nel caso dell'elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia), guastando, in questo caso, anche la «skyline» godibile dai turisti dai bastioni di Palmanova. Anche qui, alla base di questi progetti c'è un ragionamento «transitorio» di profitto: oggi tra l'Italia e l'estero esiste un ampio differenziale dei costi dell'energia che ne giustifica economicamente la movimentazione da un capo all'altro dell'Europa. Ma domani?
Eppure nessuno in Friuli si oppone a questi elettrodotti. Si chiede «solo» che vengano realizzati interrati, senza guastare alcuni splendidi scorci di paesaggio. Ovunque, nel mondo, lo si fa, ma in Friuli, secondo queste imprese, sarebbe, per qualche misterioso arcano, «economicamente insostenibile».
A proposito: Terna spa, che per la nuova linea elettrica nella Bassa Friulana da anni ci spiega l'impossibilità dell'interramento, ha presentato lunedì 15 luglio il suo nuovo elettrodotto verso la Francia: 190 km di cavi tra la centrale di Piossasco (Torino) fino a quella di Grand'Ile, in Savoia. Una linea - udite udite! - interamente interrata e costruita utilizzando le opere del Corridoio 5 ferroviario, tanto che l'hanno ribattezzata, con enfasi, la «Tav dell'elettricità». Un investimento totale di 1,4 miliardi, di cui 800 milioni dalla parte italiana.
Vengono spontanee un paio di questioni, rivolte a Terna spa e ai nostri politici regionali: perché in Piemonte interrare le grandi linee elettriche si può ma in Friuli è improponibile, al limite della derisione e dell'insulto per chi si azzarda a suggerirlo? Non è forse vero che proprio sulla direttrice tra Redipuglia e Udine Ovest sono in programma grandi opere infrastrutturali (la realizzazione della terza corsia della A4 tra Redipuglia e Palmanova, il raddoppio della ferrovia Udine-Cervignano e la nuova tangenziale Sud del capoluogo friulano che porterebbe proprio «sull'uscio» del nodo elettrico di Udine Ovest) che renderebbero possibile anche da noi realizzare quelle sinergie tecniche e cantieristiche utilizzate in Piemonte per l'interramento?
E mentre aspettiamo fiduciosi che qualcuno ci risponda, cari friulani, teniamoci strette le nostre vere ricchezze! Quelle che durano nel tempo e non appassiscono nel breve spazio di un ciclo economico o di una sessione di borsa! Le uniche che valgono davvero.
Roberto Pensa

(La Vita Cattolica, 18 luglio 2013)

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