A CENT'ANNI DA CAPORETTO È GIUSTO RICORDARE ANCHE LE SOFFERENZE DELLA GENTE
Persino il Corriere della Sera nei giorni scorsi ha ricordato che, durante la Grande Guerra, il forte di Monte Festa, sopra il lago di Cavazzo, "fu l'unico forte italiano che seppe resistere all'invasione austroungarica del 1917", rallentandone l'avanzata, a colpi di cannone, dal 27 ottobre al 7 novembre e consentendo in questo modo alle divisioni italiane un più ordinato arretramento.Si tratta di un episodio tra i più rilevanti, per la storia militare friulana del dopo-Caporetto, che giustamente viene ricordato (e l'11 novembre una grande commemorazione ha avuto luogo proprio sul forte, grazie all'impegno dei Comuni di Cavazzo Carnico, Trasaghis e Bordano, alle sezioni Alpine e ad associazioni come gli "Amici della Fortezza" di Osoppo).Accanto ai fatti militari, non deve però essere dimenticato il ruolo svolto, e spesso subito, dalle popolazioni. Si tratta di episodi di microstoria che sovente sono stati lasciati in second'ordine e che faticosamente si sta cercando di ricostruire. Grazie all'impegno di forze diverse (le biblioteche, l'ecomuseo della Val del Lago, il Centro di Documentazione sul Territorio...), di concerto con le Amministrazioni comunali, sono state realizzate pubblicazioni (come "Timp di vuere" e "Strade di guerra") e raccolte testimonianze capaci di documentare l'impatto della Guerra sui paesi della Valle del Lago.
Si possono così scoprire tutte le traversìe di quanti, sfollati da Valdobbiadene verso il Friuli, si trovarono ad affrontare una nuova invasione ("ci hanno portati nel Friuli ad Alesso, sul lago di Cavazzo. Era un paese in mezzo alle montagne, niente campagna. Era difficile trovare da mangiare, ci toccava venir giù per Udine a carità") e le drammatiche condizioni della fuga dai paesi che stavano per essere occupati ("le donne spaventate, posero nelle gerle poche cose e, con tutti i familiari abbandonarono piangendo le proprie case. Prima di scappare gli abitanti avevano liberato le mucche, lasciandole pascolare nei prati. Avevano cercato di nascondere alla meglio il raccolto, la biancheria e le poche misere cose di cui erano padroni Ormai le strade erano intasate di civili e soldati, cavalli, carri e qualche camion militare").Ma anche il ruolo dei sacerdoti, impegnati in quei giorni drammatici a sostenere la popolazione rimasta nei paesi di fronte alla assoluta mancanza di ogni genere di sostentamento ("posta nulla come ai tempi di Adamo ed Eva. Nulla di tabacco, nulla di pane, nulla filo, nulla tela, nulla stoffa, nulla olio, nulla petrolio, nulla benzina: ma che? Nulla di nulla e basta. Siamo pur rimasti, sia pur per breve tempo, senza uno degli elementi indispensabili per la vita: il sale. Lo zucchero viene periodicamente a mancare", scrisse il curato di Avasinis) e la sagacia e l'ardimento dei quattro giovani di Somplago che, di fronte alla requisizione delle campane imposte dagli austroungarici, riuscirono a nasconderne una ("mentre la soldatesca si accinge alla sacrilega impresa, con mirabile ardimento 4 somplaghesi prigionieri, con loro grande rischio, calano la loro campana rimasta dal campanile e la sotterrano salvandola dallo scempio").Se per i militari quello fu "il tempo del cannone", per la popolazione civile fu "il tempo della fame". Si trattò dunque di mesi assai duri, segnati da vicende dolorose che, pur a cent'anni di distanza, meritano senza dubbio di poter essere conosciute. In questo senso un contributo può essere offerto anche dal blog creato dal Centro di Documentazione sul Territorio del Comune di Trasaghis (questo l'indirizzo: http://blog.libero.it/centrodocalesso/) che, in queste settimane sta pubblicando, giorno dopo giorno, la cronaca di quanto è accaduto nei paesi della Valle del Lago nei giorni che seguirono la disfatta di Caporetto.
Pieri Stefanutti ; Alesso
Messaggero Veneto, 20 novembre 2017
Lo spirito è quello di B. Brecht. Teniamolo alto.
RispondiEliminaLa guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente
egualmente.
Studiando le conseguenze di Caporetto in Carnia sono rimasto colpito dal saccheggio di Tolmezzo ad opera dei soldati italiani in ritirata allo sbando. A proposito di guerra dalla parte della gente! Mandi!
RispondiEliminaFino a pochi anni fa, non erano neppure ben conosciute le battaglie e le vicende militari della ritirata da Caporetto, figurarsi la situazione della povera gente. C'è tanto da studiare e da raccontare di questa storia piena di retorica e della microstoria dei nostri paesi, ma l'aspetto che mi aveva più disorientata era l'ignoranza di tanti professori , da lì dovrebbe partire la conoscenza o la curiosità della conoscenza. Speriamo sia la volta buona , che si facciano passi avanti, in ogni direzione!
RispondiEliminaSono passati ormai 100 anni da quel disastro ,io ho raccolto le testimonianze tramandate da mia bisnonna e da mia nonna che sono fuggite a piedi da Bordano ,siccome il nemico era già a Gemona , per la Valle del lago e percorrendo come tutti i profughi della zona l'odierna "strada di Bottecchia" piano piano ,dopo aver passato Spilimbergo , tutti i paesi della pedemontana sono arrivate alla Piave ..dove sono potute salire su una tradotta direzione Sumonte in provincia di Avellino.. Io provo ad immaginare come doveva essere infernale questa strada ,lo è tutt'ora, intasata di carri, gente che gridava ,bambini abbandonati, militari sbandati che avevano gettato i fucili, carcasse di animali ,pagliericci , e tutto sotto la pioggia ,ma l'importante era scappare dal crudel nemico. Ultimamente capita di vedere in T.v. lunghe colonne di profughi ,ma solitamente portano poche cose con loro ..provate ad immaginare il caos dei giorni successivi a Caporetto nella nostra zona, quando la gente cercava di salvare il salvabile .La propaganda di guerra contro l'odiato nemico "violentatore ,ladro e assassino" aveva dato i suoi frutti ! Ma qualcuno non era fuggito ,era rimasto a casa e alla fine della guerra sarà bollato come collaboratore e vittima di tantissime polemiche perché l'Italia aveva vinto.. Tanti bambini verranno chiamato "Firmato " in ossequio al Firmato Diaz del bollettino della vittoria
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