Gli ambientalisti non ci stanno battaglia in difesa di Somplago
L’ex sindaco Barazzutti: «Vogliono fare un impianto sotto la rupe di San Candido Dal 1976 quel sito è a rischio geologico. Non roviniamo l’insieme di cascate e ruscelli»di Giacomina Pellizzari
Messaggero Veneto, 4 dicembre 2017
Tra le due gallerie, sull’autostrada A 23, prima dell’uscita di Tolmezzo, tutti notano il grande pesce rosso appeso sulla rupe di San Candido. Nessuno riesce a immaginare che ai piedi della chiesetta ancora ben visibile, possa sorgere una mini centralina idroelettrica. Non è facile neppure pensarlo perché ai piedi della chiesa si snoda un antico sistema di risorgive che, in passato, alimentava anche i lavatoi e consentiva ai pescatori di conservare il pesce in un frigorifero ricavato nella roccia. Pochi sanno che in quel luogo di pace incombe la rupe messa a dura prova dal terremoto. Tra quei pochi c’è l’ex sindaco di Cavazzo Carnico, Franceschino Barazzutti, lo stesso che quando, sfogliando il bollettino comunale, ha appreso che tra le opere pubbliche in progettazione c’è anche la centralina di San Candido, non ha esitato a scrivere al mondo intero, compresi i vertici regionali, per metterlo in guardia del rischio geologico che incombe sulla rupe.
«Lo studio di fattibilità disponibile in rete (fa parte del progetto Alterenergy che raggruppa 18 soggetti tra regioni, ministeri e agenzie energetiche italiane e straniere) non tiene minimamente conto del contesto», scrive Barazzutti ricordando che dopo il 6 maggio 1976, il Servizio geologico nazionale, incaricato dall’allora commissario straordinario per la ricostruzione, Giuseppe Zamberletti, «rilevò l’esistenza di linee di frattura aperte, profonde, continue con isolati blocchi ciclopici potenzialmente instabili». Non a caso, continua Barazzutti, «vennero installati alcuni sensori per monitorare i movimenti sulle linee di frattura, sbarrata la strada di accesso dalla Statale e definita una linea di rispetto che “tagliava” quasi un terzo dell’abitato di Somplago». A difesa di quel potenziale pericolo, sotto la rupe, venne realizzato il muro in cemento armato e, fa notare sempre l’ex sindaco, «la Società dell’oleodotto transalpino (Siot) stese sul tracciato dell’oleodotto uno spesso materasso protettivo di terra che, qualche mese fa, è stato ricaricato sotto lo sperone più a nord della rupe». Ricordato tutto ciò, l’ex sindaco battagliero si chiede se «al Comune e a chi ha redatto lo studio di fattibilità sia sfuggito il fatto che la barriera protegge ciò che sta a valle della stessa, non ciò che sta a monte sino alla base della rupe, dove si vuole costruire la centralina». Barazzutti, insomma, richiama, alla vigilanza sulla sicurezza pubblica. E soffermandosi sull’indiscussa bellezza del luogo, avverte: «La rupe, la chiesetta, i ruscelletti e le cascatelle che dalle sorgenti animano il declivo per alimentare la diffusa rete di acque confluenti nell’immissario del lago di Cavazzo, rappresentano un unicum ambientale che non può tollerare l’inserimento di un corpo estraneo come la centralina».
Messaggero Veneto, 4 dicembre 2017
Tra le due gallerie, sull’autostrada A 23, prima dell’uscita di Tolmezzo, tutti notano il grande pesce rosso appeso sulla rupe di San Candido. Nessuno riesce a immaginare che ai piedi della chiesetta ancora ben visibile, possa sorgere una mini centralina idroelettrica. Non è facile neppure pensarlo perché ai piedi della chiesa si snoda un antico sistema di risorgive che, in passato, alimentava anche i lavatoi e consentiva ai pescatori di conservare il pesce in un frigorifero ricavato nella roccia. Pochi sanno che in quel luogo di pace incombe la rupe messa a dura prova dal terremoto. Tra quei pochi c’è l’ex sindaco di Cavazzo Carnico, Franceschino Barazzutti, lo stesso che quando, sfogliando il bollettino comunale, ha appreso che tra le opere pubbliche in progettazione c’è anche la centralina di San Candido, non ha esitato a scrivere al mondo intero, compresi i vertici regionali, per metterlo in guardia del rischio geologico che incombe sulla rupe.
«Lo studio di fattibilità disponibile in rete (fa parte del progetto Alterenergy che raggruppa 18 soggetti tra regioni, ministeri e agenzie energetiche italiane e straniere) non tiene minimamente conto del contesto», scrive Barazzutti ricordando che dopo il 6 maggio 1976, il Servizio geologico nazionale, incaricato dall’allora commissario straordinario per la ricostruzione, Giuseppe Zamberletti, «rilevò l’esistenza di linee di frattura aperte, profonde, continue con isolati blocchi ciclopici potenzialmente instabili». Non a caso, continua Barazzutti, «vennero installati alcuni sensori per monitorare i movimenti sulle linee di frattura, sbarrata la strada di accesso dalla Statale e definita una linea di rispetto che “tagliava” quasi un terzo dell’abitato di Somplago». A difesa di quel potenziale pericolo, sotto la rupe, venne realizzato il muro in cemento armato e, fa notare sempre l’ex sindaco, «la Società dell’oleodotto transalpino (Siot) stese sul tracciato dell’oleodotto uno spesso materasso protettivo di terra che, qualche mese fa, è stato ricaricato sotto lo sperone più a nord della rupe». Ricordato tutto ciò, l’ex sindaco battagliero si chiede se «al Comune e a chi ha redatto lo studio di fattibilità sia sfuggito il fatto che la barriera protegge ciò che sta a valle della stessa, non ciò che sta a monte sino alla base della rupe, dove si vuole costruire la centralina». Barazzutti, insomma, richiama, alla vigilanza sulla sicurezza pubblica. E soffermandosi sull’indiscussa bellezza del luogo, avverte: «La rupe, la chiesetta, i ruscelletti e le cascatelle che dalle sorgenti animano il declivo per alimentare la diffusa rete di acque confluenti nell’immissario del lago di Cavazzo, rappresentano un unicum ambientale che non può tollerare l’inserimento di un corpo estraneo come la centralina».
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