Letara a un fradi
mai tornât
Cj visistu, Jacum?
Cj visistu di cuant che fruz a si coreva ju pas Gadorias? E pò tumbulas e
batisasso cun nestas sûrs? Cj insumistu mai das nestas monts? Ce tant fen vino ingrumât
pas bestias ju par chei pecoi? Tros balz e tros cos di lens vino puartât ju
como mus par parasi da l’unvier che di lì a pôc al sares rivât?
Mi insumi ancjmò di te, Jacum.
Frut legri dai vôi spirtâz. I rit bessola penzant a ducj i dispiez chi tu cumbinavas
tra i murs di cjasa.
E dulà sestu cumò, Jacum? Jo,
chi ti cîr in ogni sum la not, dimi alc.
Papà che a pît o in bicicleta al
riva fintramai a stazion a Glamona, al cjala chei trenos e al brama di jodi
chel fî dismontâ. Ma chel treno dal fum scûr al scjama soldâts ferîts ca n’an
pui gjambas, dêts e nancja animas. Cul grop tal cuel al torna vi cjasa e al
sbassa il cjâf.
La cj sestu indurmidît, Jacum?
In cuâl prât da stepa russa? Dongja cuâl clap? Cj ano almancul metût una crôs?
Astu frêt?
Zoventût robada. Cjasas vuêtas.
Gjenitôrs disperâts e veduas senza pui lagrimas. Dulà sestu fradi gno?
E cussì, in chestas zornadas di
Zenâr, cuant che la Siora blancja si poja sul lâc e sui Palêts, jo, i mi
imagjini chi tu setis tu chi tu tornas vj cjasa. Che chê nêf ca cj cujerz te,
lontan, a cj puarti fintramai culì.
Nêf blancja, frescja e pura como
la tô zoventût, como s’a fos la tô cjareza ca si poja prin su las monts, po sul
paîs e infin sul gno cûr.
Anna Rabassi
A
ricuart di gno barba Jacum (fradi di mê nona Vira che tant a volût ch’i lu
tegnissin a cûr) dispiers in Russia tal Zenâr dal 1943 e ducj chei che cun lui
a na son tornâts ta lôr Delés.
(Foto Mario Stefanutti e Archivio Centro Documentazione)
Bellissimo esempio di come la capacità di provare sentimenti, di far rivivere suggestioni, di far riemergere emozioni, riesce a trasformare la prosa in poesia, nel brivido di un ricordo che si confonde con la nebbia che sale dal lago. Complimenti!
RispondiEliminaBrave e vonde !
RispondiEliminaAltri commenti sul testo di Anna pubblicati sulla pagina fb del Blog:
RispondiEliminaNadia Montanara: Toccante! 💖 Per me che abito un po più giù è stata un po dura...ma mi sono immedesimata "ta la vuestre tabajade" e ce l'ho fatta
Orlando Lieto: Molto bella
Angela Turisini: Brava Anna,come hai reso bello anche il nostro friulano!
Simona Picco: Annaaaa stupenda!
Giorgio Rodaro: Compliments...!!!
Aurelia Peressini: Anna, ci fai scendere una lacrima.
Caterina de Rivo: un racconto molto commovente , complimenti ad Anna Rabassi che ce lo rende più famigliare con l'uso della marilenghe . La neve possiede questo segreto di dare ai bimbi la felicità dei giochi ed agli adulti un alito di gioia infantile che con gli anni e le fatiche si perde . In questo caso invece la bianca signora ci riporta ad un tempo doloroso , di grande tribolazione che tutti ricordiamo e per il quale non c'è consolazione . Quanto fa male al cuore pensare al congiunto disperso in una terra lontana , durante una marcia disumana , vinto dal freddo e dagli stenti , alla fine coperto dal bianco sudario .... quello stesso che una notte di gennaio nel silenzio e nel mistero tocca gentilmente il lago e i suoi dintorni
Katia Cucchiaro: Brava Anna, anzi non solo brava...toccante ricordo che viene da lontano, di un tempo che non abbiamo vissuto se non nei racconti dei nonni. Speriamo che magari un giorno possa riposare nella sua terra!
Martina Ippolito: Bravisime Anute 💚
Edi Vidoni: Commovente !
Sandra Pascolo: Molto commovente, quanta sofferenza vissuta dai nostri giovani compatrioti.
Margherita Cucchiaro: Stupenda.
Le testimonianze raccolte sulle vicende dell’Armir sono ormai numerose; anche a me è capitato di parlare più volte con persone che, dai Comuni di Bordano, di Cavazzo, di Trasaghis avevano partecipato alla campagna di Russia, e questo non senza fatica, perché il ricordo delle condizioni della ritirata continuava a segnare dolorosamente l’esperienza e a rendere dolorosa la rievocazione. Mi pare invece che nessuno (almeno qui in zona) si sia soffermato sinora su quello che è stato l’oggetto della riflessione di Anna che (pur in una rielaborazione letteraria) è riuscita a fare una rilettura di quelle esperienze viste “dall’altra parte”, nel dramma e nel dolore di chi subiva l’assenza e viveva nell’attesa. Complimenti ad Anna che è riuscita a rendere efficacemente l’intensità di quel lungo “aspettare invano”.
RispondiEliminaPieri Stefanutti
Davvero commovente bravissima
RispondiEliminaAnna Rabassi risponde, da fb, a tutti quanti hanno espresso apprezzamenti al suo testo: "Grazie a tutti per i vostri apprezzamenti. Lo scopo di questa "letara" è ben preciso. Risvegliare le coscienze e ricordare. Ricordare sempre in modo che questi ragazzi non cadano nell'oblio di un tempo che fugge veloce. Il messaggio è arrivato e ne sono davvero felice".
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