CARNIA: VECCHIE GENTI E NUOVE GENTI
.
"Recentemente mons. Angelo Zanello,
titolare della parrocchia di Tolmezzo,
ha opportunamente gettato non un sasso ma un macigno nello stagno della
politica della Carnia per provocarne la reazione, ma dal fondale, tranne l’intervento
di Cortolezzis, sindaco di Treppo Ligosullo, null’altro è emerso, tant’è
profondo il letargo.
Invero monsignor Zanello ha con
ciò svolto un ruolo di supplenza, pienamente legittimo, a quello che in una
situazione di normalità della vita politica sarebbe stato da tempo un dovere
delle figure istituzionali del territorio.
Proprio il fatto che i rappresentanti istituzionali e politici della
Carnia non abbiano degnato di attenzione le dichiarazioni di mons. Zanello
segnala che a quelli ben noti della nostra montagna va aggiunto l’ulteriore
problema dell’indifferenza prodotta dall’accettazione dello status quo e
dall’assuefazione allo stesso.
Sostenendo che vanno importate nuove genti mons. Zanello non dice una
“bestemmia”, anche perché oltre all’attualità ha presente la storia, storia –
maestra di vita - che purtroppo non si studia più.
La Carnia attuale è un sistema
chiuso, accentuato dalla decadenza demografica e dal notevole invecchiamento, in cui non circolano idee nuove. E le idee
circolano anche nella misura in cui circolano le persone. L’emigrazione
stagionale dalla Carnia verso l’Europa Centrale fu certamente un fattore negativo,
ma va dato atto che gli emigranti carnici a contatto con le idee ed esperienze
avanzate in quei paesi le portavano al rientro nei loro paesi e così sorsero le
società operaie, le casse mutue, le cooperative, i movimenti politici. In un
organismo spossato per la perdita di sangue il primo trattamento medico è una
trasfusione.
Inoltre, la Carnia attuale presenta, oltre a un patrimonio edilizio
disabitato, vaste aree allo stato di semiabbandono e abbandono addirittura nei
fondovalle. In natura però vige una legge ferrea che non ammette il vuoto: o lo
riempie l’uomo con le sue attività produttive o vi provvedono altri esseri
viventi. Non tanto gli animali (ah i cinghiali!) quanto le piante che, pur non
avendo gambe ma solo radici, colonizzano rapidamente la aree abbandonate con specie solitamente infestanti.
Nel mondo globalizzato in cui già
si manifestano i segnali dei futuri cambiamenti climatici, in cui popolazioni alla fame sognano terre da lavorare che diano
loro un raccolto con cui vivere, non è ammissibile che terreni coltivabili,
anche a causa di un eccessivo frazionamento fondiario che va superato con
opportune ricomposizioni, restino abbandonati. In altri tempi il grido dei
poveri era “la terra a chi la lavora!” , “tierra y libertad!” e in Russia
“Zemljà i vòlja!”
Il sindaco Cortolezzis ha fatto presente che per importare “nuove genti”
bisogna che, innanzitutto, ci siano un lavoro e servizi di base: è un
ragionamento fondato. Ma non è forse fondato anche il ragionamento che le
“nuove genti”, che vogliono uscire dalla povertà e conquistarsi una vita
migliore impiegando volontà, mente e braccia, producono ricchezza per sé e per
la sofferente comunità d’inserimento?
A proposito del trascurato insegnamento della storia dovremmo ricordare
come in altri tempi l’Argentina favorì
l’importazione di “nuove genti”,anche friulane, le quali svilupparono quel
paese, così come fecero gli Stati Uniti d’America ed altri paesi.
Ma restando in casa nostra dobbiamo ricordare che nella valle di Sappada
migrò una comunità germanofona, che
altri insediamenti simili avvennero in
Friuli, che le terre comuni erano la dotazione assegnata alle “nuove genti” per
il loro sostentamento.
La storia ci insegna che in quel cortile chiamato Mar Mediterraneo, sulle
cui sponde vissero popoli diversi e
fiorirono civiltà che hanno segnato le tappe dell’umanità, sin dai tempi remoti uomini e popoli si
spostavano in cerca di terre su cui vivere meglio. Viene alla mente la parte
dell’Eneide in cui Didone, regina di Cartagine, così accoglie Enea ed i suoi,
profughi Troiani: “Se poi volete fermarvi
nel mio regno, sappiate che questa nuova città è vostra: tirate a secco le
navi, non farò nessuna differenza tra Punici e Troiani”. Successivamente Enea ed i profughi Troiani
approdarono alla foce del Tevere e fu…Roma!
Se la Carnia è dissanguata lo si deve al prevalere di una cultura
urbanocentrica ed alle conseguenti politiche che ne hanno provocato la
decadenza, che a sua volta genera indifferenza negli stessi montanari, dalla
quale si esce con adeguati provvedimenti esterni ed iniziative interne.
Per evitare di dover importare “nuove genti” tra i provvedimenti esterni
c’è l’adozione improcrastinabile di una legge statale organica - sottolineo
organica! - sulla montagna (l’ultima la n.1102 risale al 1971!) che la consideri veramente una risorsa e preveda un sistema di
defiscalizzazioni, incentivi, sostegno alla maternità, servizi adeguati, tariffe
agevolate sulle bollette dell’elettricità (prodotta con le nostre acque!) e su
quelle salatissime dell’acqua (nostra!), strumenti di reale autogoverno del
territorio e delle sue risorse, le acque in particolare, quella del rubinetto
compresa, ora gestita da Udine.
Sul fronte interno bisogna avere il coraggio di dire chiaramente ai
cjargnei che, inzichè mugugnare nelle poche osterie rimaste, bisogna
responsabilmente farsi carico dei problemi della propria comunità per
risolverli. Bisogna recuperare un rapporto stretto con il proprio territorio, il
valore ed il ruolo della seppur piccola
comunità in cui si vive, lo spirito della ricostruzione postsismica. O occorre
forse un altro terremoto per darsi una scossa?"
NOTA: ampia sintesi del comunicato è stata pubblicata anche sul "Messaggero Veneto" del 25 febbraio
Nessun commento:
Posta un commento
Ogni opinione espressa attraverso il commento agli articoli è unicamente quella del suo autore, che conseguentemente si assume ogni responsabilità civile, penale e amministrativa derivante dalla pubblicazione sul Blog "Alesso e Dintorni" del testo inviato.
OGNI COMMENTO, ANCHE NELLA CATEGORIA ANONIMO;, DEVE ESSERE FIRMATO IN CALCE, ALTRIMENTI NON SARà PUBBLICATO.
Grazie.