"Alesso e dintorni", dal puint di Braulins al puint di Avons

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mercoledì 26 febbraio 2020

"Per salvare la Carnia: defiscalizzazione, incentivi, sostegno alla maternità e tariffe agevolate"

Riceviamo e pubblichiamo:

CARNIA: VECCHIE GENTI E NUOVE GENTI
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"Recentemente mons. Angelo Zanello, titolare della parrocchia  di Tolmezzo, ha opportunamente gettato non un sasso ma un macigno nello stagno della politica della Carnia per provocarne la reazione, ma dal fondale, tranne l’intervento di Cortolezzis, sindaco di Treppo Ligosullo, null’altro è emerso, tant’è profondo il letargo.
      Invero  monsignor Zanello ha con ciò svolto un ruolo di supplenza, pienamente legittimo, a quello che in una situazione di normalità della vita politica sarebbe stato da tempo un dovere delle figure istituzionali del territorio.
     Proprio il fatto che i rappresentanti istituzionali e politici della Carnia non abbiano degnato di attenzione le dichiarazioni di mons. Zanello segnala che a quelli ben noti della nostra montagna va aggiunto l’ulteriore problema dell’indifferenza prodotta dall’accettazione dello status quo e dall’assuefazione allo stesso.
     Sostenendo che vanno importate nuove genti mons. Zanello non dice una “bestemmia”, anche perché oltre all’attualità ha presente la storia, storia – maestra di vita - che purtroppo non si studia più.
      La Carnia attuale è un sistema chiuso, accentuato dalla decadenza demografica e dal notevole invecchiamento,  in cui non circolano idee nuove. E le idee circolano anche nella misura in cui circolano le persone. L’emigrazione stagionale dalla Carnia verso l’Europa Centrale fu certamente un fattore negativo, ma va dato atto che gli emigranti  carnici a contatto con le idee ed esperienze avanzate in quei paesi le portavano al rientro nei loro paesi e così sorsero le società operaie, le casse mutue, le cooperative, i movimenti politici. In un organismo spossato per la perdita di sangue il primo trattamento medico è una trasfusione.
      Inoltre, la Carnia attuale presenta, oltre a un patrimonio edilizio disabitato, vaste aree allo stato di semiabbandono e abbandono addirittura nei fondovalle. In natura però vige una legge ferrea che non ammette il vuoto: o lo riempie l’uomo con le sue attività produttive o vi provvedono altri esseri viventi. Non tanto gli animali (ah i cinghiali!) quanto le piante che, pur non avendo gambe ma solo radici, colonizzano rapidamente la aree abbandonate  con specie solitamente infestanti.
     Nel mondo globalizzato in cui già si manifestano i segnali dei futuri cambiamenti climatici, in cui popolazioni  alla fame sognano terre da lavorare che diano loro un raccolto con cui vivere, non è ammissibile che terreni coltivabili, anche a causa di un eccessivo frazionamento fondiario che va superato con opportune ricomposizioni, restino abbandonati. In altri tempi il grido dei poveri era “la terra a chi la lavora!” , “tierra y libertad!” e in Russia “Zemljà i vòlja!”
     Il sindaco Cortolezzis ha fatto presente che per importare “nuove genti” bisogna che, innanzitutto, ci siano un lavoro e servizi di base: è un ragionamento fondato. Ma non è forse fondato anche il ragionamento che le “nuove genti”, che vogliono uscire dalla povertà e conquistarsi una vita migliore impiegando volontà, mente e braccia, producono ricchezza per sé e per la sofferente comunità d’inserimento?   
    A proposito del trascurato insegnamento della storia dovremmo ricordare come  in altri tempi l’Argentina favorì l’importazione di “nuove genti”,anche friulane, le quali svilupparono quel paese, così come fecero gli Stati Uniti d’America ed altri paesi.
    Ma restando in casa nostra dobbiamo ricordare che nella valle di Sappada  migrò una comunità germanofona, che altri insediamenti simili avvennero  in Friuli, che le terre comuni erano la dotazione assegnata alle “nuove genti” per il loro sostentamento.  
    La storia ci insegna che in quel cortile chiamato Mar Mediterraneo, sulle cui sponde  vissero popoli diversi e fiorirono civiltà che hanno segnato le tappe dell’umanità,  sin dai tempi remoti uomini e popoli si spostavano in cerca di terre su cui vivere meglio. Viene alla mente la parte dell’Eneide in cui Didone, regina di Cartagine, così accoglie Enea ed i suoi, profughi Troiani: “Se poi volete fermarvi nel mio regno, sappiate che questa nuova città è vostra: tirate a secco le navi, non farò nessuna differenza tra Punici e Troiani”.  Successivamente Enea ed i profughi Troiani approdarono alla foce del Tevere e fu…Roma! 
    Se la Carnia è dissanguata lo si deve al prevalere di una cultura urbanocentrica ed alle conseguenti politiche che ne hanno provocato la decadenza, che a sua volta genera indifferenza negli stessi montanari, dalla quale si esce con adeguati provvedimenti esterni ed iniziative interne.
    Per evitare di dover importare “nuove genti” tra i provvedimenti esterni c’è l’adozione improcrastinabile di una legge statale organica - sottolineo organica! - sulla montagna (l’ultima la n.1102 risale al 1971!) che la consideri  veramente una risorsa e preveda un sistema di defiscalizzazioni, incentivi, sostegno alla maternità, servizi adeguati, tariffe agevolate sulle bollette dell’elettricità (prodotta con le nostre acque!) e su quelle salatissime dell’acqua (nostra!), strumenti di reale autogoverno del territorio e delle sue risorse, le acque in particolare, quella del rubinetto compresa, ora gestita da Udine. 
    Sul fronte interno bisogna avere il coraggio di dire chiaramente ai cjargnei che, inzichè mugugnare nelle poche osterie rimaste, bisogna responsabilmente farsi carico dei problemi della propria comunità per risolverli. Bisogna recuperare un rapporto stretto con il proprio territorio, il valore ed il ruolo della seppur piccola  comunità in cui si vive, lo spirito della ricostruzione postsismica. O occorre forse un altro terremoto per darsi una scossa?"

Franceschino Barazzutti, già sindaco di Cavazzo Carnico



NOTA: ampia sintesi del comunicato è stata pubblicata anche sul "Messaggero Veneto" del 25 febbraio 

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