UNA
POLITICA ENERGETICA REGIONALE
Ha fatto
bene il neopresidente del Consorzio BIM Tagliamento, nonché sindaco di Ampezzo,
Michele Benedetti a sollevare il tema
dell’applicazione nella nostra regione dell’art.11-quater (Disposizioni in materia di concessioni di
grandi derivazioni idroelettriche) della Legge Nazionale 11.02.2019 n. 12 (Legge Semplificazioni), poiché
il settore idroelettrico investe ampiamente e pesantemente quasi tutti i
corsi d’acqua del territorio montano della nostra regione, per il quale il
provvedimento legislativo può essere uno strumento per una positiva svolta
radicale.
Ma vediamo, per punti, che cosa prevede questo provvedimento legislativo
iniziando dall’aspetto più importante qual è il trattamento delle concessioni: “alla
scadenza delle stesse e nei casi di
decadenza o rinuncia, gli impianti passano, senza compenso, in proprietà delle
regioni, in stato di regolare funzionamento”. Questo è il dettato fondamentale . Al concessionario è dovuto solo un indennizzo pari al valore
non ammortizzato delle opere autorizzate. Le regioni possono assegnare le concessioni così acquisite ad operatori
economici mediante gara pubblica, (che significherebbe lasciare le cose come
sono ora!) o a società a capitale misto pubblico-privato (sarebbe una mezza
misura!) o a una propria società energetica (sarebbe la cosa giusta!) come
avviene con ottimi risultati nella Regione
Autonoma Trentino Alto Adige.
Conseguentemente i nuovi concessionari versano
i canoni concessori alla regione e non
più allo stato. Inoltre sono previsti canoni aggiuntivi da destinare al finanziamento del
ripristino ambientale dei corpi idrici interessati dalla derivazione e
misure di compensazione ambientale e territoriale da destinare ai territori dei
comuni interessati dalla presenza delle opere idroelettriche
Con questo provvedimento legislativo viene
riconosciuta alle regioni l’importante facoltà di disporre “l’obbligo per i concessionari di fornire annualmente
e gratuitamente alle stesse regioni 220 kWh per ogni kW di potenza nominale
media di concessione, per almeno il 50 per cento destinata a servizi pubblici e
categorie di utenti dei territori provinciali interessati dalle derivazioni.”
Tale obbligo è da tempo vigente nel Trentino Alto Adige.
Di fronte a
così importanti ed innovativi poteri attribuiti alle regioni, sorge la domanda:
come mai la nostra Regione non ha ancora adottato la propria legge attuativa di
quella nazionale entro il termine massimo previsto del 31 marzo 2020? Né
risulta che sull’argomento tuttora siano state depositate in consiglio
regionale proposte di legge di gruppi politici o di singoli consiglieri o un
disegno di legge giuntale. Ogni ulteriore ritardo sarebbe grave e minerebbe la
credibilità politica.
Preoccupa il
fatto che sugli interessanti scenari disegnati dalla legge nazionale regni il silenzio in particolare proprio nei
territori montani sui quali principalmente grava l’idroelettrico, mentre dovrebbe
essere oggetto di dibattito e di iniziative nelle sedi istituzionali, nei
partiti, nelle associazioni, nelle comunità, e perché no anche nei bar, con la
volontà di prendere nelle proprie mani
il destino della propria terra, dove
sono presenti storiche presenze di cooperative idroelettriche centenarie
che hanno garantito e garantiscono condizioni favorevoli agli utenti e sono
depositarie di una preziosa esperienza gestionale.
Tra le
varianti di assegnazione delle concessioni acquisite va considerata la preziosa
e consolidata esperienza della Provincia Autonoma di Trento, che attraverso la
propria società energetica “Dolomiti Energia” ed altre società pubbliche
gestisce le concessioni, come fa pure la Provincia Autonoma di Bolzano con la
propria società energetica “Alperia”. Province che hanno saputo e voluto ben
utilizzare ed ampliare i poteri della loro autonomia. Altrettanto deve fare la
nostra Regione, dove purtroppo spadroneggiano società energetiche esterne, i
cui azionisti di riferimento – si noti - sono Comuni, enti pubblici che
incamerano all’attivo dei loro bilanci i profitti realizzati dallo sfruttamento
della nostre acque.
E’ ormai
indilazionabile che la nostra Regione a statuto speciale di autonomia
costituisca quanto prima una propria società energetica a capitale pubblico per
assumere via via le concessioni. Non si capisce perché la proposta di legge n.
193 avente per oggetto “Costituzione della Società Energia Friuli Venezia
Giulia – SEFV”, presentata il 27.02.2017
dai Consiglieri Revelant, Tondo, Riccardi, Colautti, Violino, Marsilio,
Ciriani e Zilli sia rimasta senza seguito. Forse per fermarla è bastata una letterina dell’Associazione dei
derivatori “Elettricità Futura”?
Occorre più
coraggio politico. Tanto più che sono imminenti le scadenze del complesso
idroelettrico della Val Tramontina di Edison , cioè della francese “Electricité
de France”, costituito da 5 centrali, mentre nel 2029 scadranno le concessioni del sistema idroelettrico del
Tagliamento della lombarda a2a costituito dalle centrali di Ampezzo e di
Somplago. Un sistema dinosauro incompatibile e insostenibile in quanto ha
privato di tutte le acque la gran parte della Carnia e sconvolto il lago di
Cavazzo o Tre Comuni, un sistema che va rivisto.
E’ tempo che
la nostra Regione a statuto speciale di autonomia decida se vuole doverosamente
svolgere una propria politica energetica autonoma anche ricorrendo alle moderne
tecnologie o se invece vuole continuare a rilasciare concessioni per centraline
speculative che inaridiscono gli ultimi ruscelli, incentivate fra l’altro con i
certificati verdi pagati dagli utenti attraverso le bollette, e ad essere quindi colonia delle società
multiutity esterne. Tanto più dal momento che l’idroelettrico sfrutta un bene comune
per eccellenza come l’acqua che sta già diventando sempre più strategica e preziosa.
Franceschino Barazzutti, già presidente del Consorzio
del Bacino Imbrifero Montano (BIM) Tagliamento, già sindaco di Cavazzo Carnico
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